Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23601 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 11/11/2011, (ud. 07/07/2011, dep. 11/11/2011), n.23601

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BOGNANNI Salvatore – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

EDISON s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via della Scrofa n. 57, presso gli

avv.ti Zoppini Giancarlo, Giuseppe Russo Corvace e Giuseppe Pizzonia,

che la rappresentano e difendono giusta delega in atti;

– controricorrente –

e SOCIETE’ GENERALE, succursale di (OMISSIS), sede secondaria

della

Societè Generale S.A., società anonima di diritto francese, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, via Sicilia n. 66, presso gli avv.ti Fantozzi

Augusto e Giuliani Francesco, che la rappresentano e difendono giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 59/18/08, depositata il 22 settembre 2008.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

luglio 2011 dal Relatore Cons. Biagio Virgilio;

uditi l’Avvocato dello Stato Gianni De Bellis per la ricorrente e gli

avv.ti Giuseppe Russo Corvace e Francesco Giuliani per le

controricorrenti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.

LETTIERI Nicola, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna indicata in epigrafe, con la quale, rigettando l’appello dell’Ufficio, è stato confermato il diritto della EDISON s.p.a. – e della Societè Generale, succursale di (OMISSIS), intervenuta in giudizio ex art. 111 c.p.c. in qualità di cessionaria dei crediti de qui bus – al rimborso delle somme risultanti a credito, sia per IRPEG che per ILOR, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 1993 e nuovamente chieste a rimborso con istanza del 2002.

Per quanto qui ancora rileva, il giudice a quo ha respinto la tesi dell’Ufficio, il quale aveva invocato il diritto alla sospensione del pagamento ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23 in ragione della esistenza di un contenzioso pendente con la società contribuente, osservando che la norma citata attribuisce all’Amministrazione finanziaria una facoltà che può essere esercitata solo attraverso l’adozione di propri provvedimenti, nella specie insussistenti, non costituendo, di per sè, valido motivo di sospensione del rimborso la pendenza di un contenzioso.

2. Resistono con controricorsi sia la EDISON s.p.a., sia la Societè Generale.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Con il primo motivo, la ricorrente, denunciando violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, sostiene la tesi secondo la quale la disciplina ivi dettata consente all’Ufficio di disporre un fermo amministrativo, sostanzialmente analogo a quello di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, con efficacia generale su tutti i rimborsi d’imposta spettanti al contribuente (provvedimento impugnabile dinanzi al giudice tributario), ma ciò non esclude che, nel corso di uno specifico giudizio di rimborso, l’Ufficio possa proporre una eccezione di sospensione in base a detto art. 23, pur se tale sospensione non sia formalizzata in un atto amministrativo esterno al processo.

Conclude formulando il seguente quesito di diritto: “se a norma del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23 nell’ambito di un ricorso avverso il silenzio-rifiuto su un rimborso d’imposta sia consentito all’Ufficio far valere una causa di sospensione della richiesta di rimborso senza necessità della previa emanazione di un formale provvedimento di sospensione e se conseguentemente sia illegittima per erronea applicazione del citato art. 23 la sentenza della Commissione tributaria regionale che nell’ambito di un tale giudizio ritenga non fondata l’eccezione di sospensione formulata dall’ufficio per il solo fatto che non risulta adottato nessun provvedimento ai sensi del citato art. 23”.

1.2. Premesso che, contrariamente a quanto eccepito dalla EDISON s.p.a., il motivo è ammissibile, poichè il quesito sopra riportato risponde ai requisiti prescritti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dall’art. 366 bis c.p.c., al medesimo occorre dare risposta negativa, con conseguente infondatezza del motivo.

Il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, menzionato art. 23 (che detta le disposizioni generali in materia di sanzioni per le violazioni di norme tributarie), dispone, per quanto qui interessa, nel testo vigente a seguito delle modifiche apportate dal D.Lgs. n. 203 del 1998, che “nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione, ancorchè non definitivo. La sospensione opera nei limiti della somma risultante dall’atto o dalla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo” (comma 1); “in presenza di provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito” (comma 2); “i provvedimenti di cui ai commi 1 e 2, che devono essere notificati all’autore della violazione e ai soggetti obbligati in solido, sono impugnabili avanti alla commissione tributaria, che può disporne la sospensione ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 47” (comma 3).

La norma contiene, come appare evidente, una disciplina specifica, in materia tributaria, dell’istituto del cd. fermo amministrativo di cui al R.D. n. 2440 del 1923, art. 69, comma 6, dal quale, pertanto, mutua natura e funzione.

Il fermo amministrativo, com’è noto, consente ad un’amministrazione dello Stato di sospendere temporaneamente il pagamento di somme dovute in favore del proprio creditore, quando essa (od altra amministrazione) abbia a sua volta, a qualsiasi titolo, una contrapposta “ragione di credito”. Si tratta, pertanto, di uno strumento, eccezionalmente attribuito all’amministrazione obbligata, atto a differire, in via provvisoria e fino alla eventuale estinzione – totale o parziale – del debito per compensazione, il soddisfacimento di un credito liquido ed esigibile: tale facoltà costituisce indubbia espressione di un potere autoritativo, con funzione di autotutela cautelare, comportante l’aftievolimento, sia pur temporaneo, del diritto di credito del privato (Cass., Sez. un., nn. 1733 e 15382 del 2002; cfr. anche Corte cost. n. 67 del 1972).

Dalle indicate caratteristiche dell’istituto discende che il “fermo”, cioè la sospensione del pagamento delle somme dovute dall’amministrazione, non può prescindere dall’adozione di un provvedimento formale, emesso, nell’esercizio di un potere discrezionale, dall’autorità competente e dotato dei requisiti prescritti dalla legge, compresa una adeguata motivazione in ordine al fumus boni iuris della vantata “ragione di credito”; tale provvedimento, poi, deve ovviamente essere portato a legale conoscenza dell’interessato per garantire a quest’ultimo la necessaria tutela giurisdizionale (anche cautelare, come prevede l’art. 23 cit., comma 3), al fine di ottenerne, a seconda dei casi, l’annullamento o la disapplicazione (cfr. Cass., Sez. un., n. 1733 del 2002, cit., e n. 18208 del 2010, in motivazione; Cass., sez. 5, n. 4564 del 2004).

1.3. I detti principi non possono subire deroga ne caso in cui il credito del contribuente sia già oggetto di un giudizio promosso da questi avverso il rifiuto, espresso o tacito, del rimborso. Infatti, la distinzione – prospettata dalla ricorrente – tra sospensione generale, a monte, con riferimento a tutti i rimborsi spettanti al contribuente (che esigerebbe l’emanazione del provvedimento formale) e sospensione concernente il singolo credito oggetto di giudizio pendente (per la quale basterebbe la mera deduzione in giudizio della esistenza del controcredito) non trova alcun aggancio normativo e non è consentita dalla natura e dalla funzione dell’istituto della sospensione, come sopra individuate, le quali non mutano nelle due ipotesi anzidette: pertanto, anche nella seconda (giudizio in corso sul credito del contribuente), la “eccezione di sospensione”, sollevata dall’Ufficio allegando la sussistenza di una contrapposta ragione di credito nei confronti del contribuente, non può che consistere nella deduzione – e prova – della avvenuta adozione, da parte dell’amministrazione, di un provvedimento avente tale contenuto.

Il motivo va, in definitiva, rigettato.

2. Il secondo motivo, con il quale si chiede che questa Corte, accolto il primo mezzo, decida nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, resta assorbito dal rigetto del primo motivo.

3. Infine, il terzo motivo, con il quale l’Agenzia, in subordine, chiede la sospensione del giudizio ai sensi del secondo comma dell’art. 1243 cod. civ., è inammissibile per novità della questione.

4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della peculiarità della fattispecie e della sostanziale novità della questione, per disporre la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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