Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23597 del 23/09/2019

Cassazione civile sez. I, 23/09/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 23/09/2019), n.23597

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28203/2016 proposto da:

COOPERATIVA SOCIALE QUADRIFOGLIO S.C. – ONLUS, in persona del legale

rappresentante p.t., domiciliata per legge in Roma, presso la

Cancellata della Corte di cassazione, rappresentata e difesa

dall’Avvocato Michele Scola giusta procura speciale apposta in

calce;

– ricorrente –

contro

P.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Teulada, n.

38/A presso lo studio dell’Avvocato Giovanni Mechelli e

rappresentato e difeso dall’Avvocato Fernando Angeloni giusta

procura speciale apposta in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2422/2016 del Tribunale di Torino, depositata

il 29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/05/2019 dal Cons. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Cooperativa Sociale Quadrifoglio S.C. – Onlus, con sede in (OMISSIS), ricorre in cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui il Tribunale di Torino ne aveva rigettato l’appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Pinerolo n. 29 del 2014 che, pronunciando sull’opposizione di P.M., congiunto di persona anziana e non autosufficiente, ricoverata presso la Casa di riposo “(OMISSIS)”, sita in (OMISSIS) dalla prima gestita, aveva revocato il decreto ingiuntivo dalla cooperativa ottenuto per il pagamento della quota per i servizi alberghieri resi quale proprietaria dell’indicata struttura.

La prestazione risultava resa nell’ambito delle più ampie, di natura sanitaria e socio-assistenziale, effettuate in RSA in favore di anziani non autosufficienti per conto del Servizio Sanitario Nazionale ed in forza di convenzione stipulata tra la Regione Abruzzo, le ASL locali e la propria dante causa, Cris ‘89 S.r.l., a cui la ricorrente era succeduta per intervenuta cessione aziendale.

Il Tribunale, confermando la decisione di primo grado, aveva ritenuto che il corrispettivo maturato dalla struttura per le prestazioni alberghiere rese in residenza assistenziale sarebbe stato esclusivamente quello determinato dall’art. 12 della convenzione, tramite rinvio alla Delib. Regione Abruzzo n. 662 del 2002, adottata per il D.P.C.M. 8 agosto 1985, n. 191, art. 6 emesso ai sensi della L. n. 833 del 1978, arrt. 5 che avrebbe fissato la tariffa globale giornaliera di ricovero nelle RSA convenzionate, comprensiva quindi non solo della quota sanitaria e di quella sociale, ma anche di quella per le prestazioni alberghiere che sarebbe stata quindi sottratta alla libera contrattazione.

L’art. 7 del contratto concluso tra la casa di cura e l’utente, con cui era attribuito alla prima, nel ricorso di determinate condizioni, lo ius variandi della quota alberghiera a carico dell’assistito, sarebbe stato pertanto nullo per contrasto con le norme imperative integranti la disciplina di settore e, comunque, suscettibile di integrale sostituzione con la disciplina contenuta nella convenzione intercorsa con la Regione Abruzzo, e la delibera di giunta.

2. Avverso l’indicata sentenza la Cooperativa Quadrifoglio articola cinque motivi in annullamento cui resiste con controricorso P.M..

La ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex art. 380-bis.1.

Il rappresentante della Procura Generale della Corte di cassazione ha fatto pervenire conclusioni scritte con cui ha chiesto l’accoglimento dei primi due motivi, l’assorbimento del terzo e l’inammissibilità dei restanti per carenza di interesse.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 833 del 1978, art. 5, del D.P.C.M. 8 agosto 1985, art. 6 e dell’art. 1363 c.c., con riferimento all’art. 12 della Convenzione.

Il Tribunale avrebbe errato nel fare applicazione delle richiamate disposizioni mancando di dare complessiva interpretazione alle clausole della convenzione (art. 12) intercorsa tra la struttura residenziale e la Regione che, stabilendo, per richiamo alla tariffa fissata nella Delib. regionale n. 662 del 2002, che la remunerazione delle prestazioni rese in RSA dalla struttura per la “quota sanitaria” e per quella “sociale”, fossero a carico del Servizio Sanitario Nazionale, non avrebbe ricompreso invece il corrispettivo della “quota alberghiera” lasciata, nella sua determinazione, all’accordo tra utente e struttura residenziale.

2. Con il secondo motivo si fa valere l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, integrato dalla distinzione tra prestazioni sanitarie, socio-assistenziali ed alberghiere.

Il Tribunale, nonostante l’appellante avesse trattato la questione nell’atto introduttivo, nel ritenere l’impossibilità di disgiungere le prestazioni sanitarie da quelle socio-assistenziali, apprezzate come inclusive dell’ospitalità alberghiera, avrebbe per ciò stesso mostrato di aver omesso di considerare la obiettiva diversità delle attività socio-assistenziali a rilievo sanitario, strettamente connesse alla cura degli anziani limitatamente agli stati morbosi non curabili a domicilio, e di quelle alberghiere.

3. Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1418 e 1339 c.c. e art. 1419 c.c., comma 2.

Il giudice di appello con l’accogliere l’eccezione di nullità della clausola del contratto, o dichiarazione di impegno, tra la struttura residenziale e l’utente, o chi per lui aveva richiesto la prestazione, con riferimento alle tariffe imposte con la delibera di Giunta della Regione Abruzzo, avrebbe erroneamente inteso ricompresa nel prezziario regionale la prestazione alberghiera e ritenuto l’imposizione per legge della relativa tariffa con conseguente sottrazione della stessa alla libera contrattazione tra privati.

In ogni caso l’imposizione del prezzo non avrebbe potuto ammettersi al di fuori di una formale previsione di legge, o atto avente valore di legge, che, non integrato dalla Delib. regionale n. 662 del 2002 nè dal D.P.C.M. n. 191 del 1985, non avrebbe conosciuto dell’inserzione automatica ex art. 1339 c.c.

La sentenza avrebbe dovuto riformarsi nella parte in cui aveva dichiarato la nullità parziale del contratto di casa di cura.

4. Con il quarto motivo si contesta ai giudici di appello la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e artt. 101,112 e 115 c.p.c. per avere pronunciato su circostanze estranee al tema di prova e non oggetto di contraddittorio.

Il Tribunale aveva ritenuto l’assenza di un congruo preavviso quanto alla comunicazione di aumento del prezzo della prestazione alberghiera e la violazione dell’art. 7 del contratto di casa di cura, nella parte in cui all’accettazione anticipata avrebbe dovuto accompagnarsi la sussistenza della effettiva presenza dei presupposti della modifica.

I giudici di appello, tanto statuendo, pur non avendo mai controparte contestato in giudizio nè la congruità del preavviso nè l’assenza dei presupposti per i quali era stato applicato l’aumento di cui alla relativa comunicazione, sarebbero incorsi nella violazione del principio in forza del quale, il fatto non contestato non abbisogna di prova secondo le ordinarie regole di suo riparto e avrebbero pronunciato d’ufficio su eccezioni rimesse al libero rilievo delle parti.

5. Con il quinto motivo si fa questione sulla violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 206 del 2005, art. 33, comma 2, lett. O) sui rapporti di consumo, che il Tribunale avrebbe erroneamente interpretato con l’accertare la non congruità del preavviso sulla modifica del prezziario per i servizi alberghieri e dei presupposti di esercizio del recesso.

Lo ius variandi avrebbe infatti potuto esercitarsi ad libitum purchè l’aumento non fosse stato eccessivamente elevato rispetto al prezzo iniziale e purchè al consumatore non fosse stato impedito l’esercizio del recesso ed il Tribunale avrebbe dovuto limitare il proprio accertamento alla sussistenza degli indicati presupposti.

6. Può darsi congiunta trattazione ai motivi primo e secondo venendo per gli stessi in valutazione il tema del riparto, tra soggetti pubblici e privati coinvolti, degli oneri economici relativi al ricovero di persona anziana non autosufficiente in una struttura che provveda ad erogare al primo, oltre a prestazioni sanitarie e socio assistenziali, servizi residenziali ed alberghieri.

Resta in contestazione tra le parti il potere della Cooperativa sociale Quadrifoglio che gestisce il (OMISSIS), sito in (OMISSIS), RSA deputata alle prestazioni assentite dal SSN di assistenza e cura dei degenti non autosufficienti, di fissare autonomamente, al rialzo, i corrispettivi per le prestazioni alberghiere rese attraverso le previsioni del contratto di casa di cura concluso con l’assistito o il suo congiunto.

Ritiene il Collegio che debba darsi soluzione all’indicata questione in adesione al principio – di cui si individua una linea di stabile applicazione in recenti pronunzie di questa Corte di legittimità (Cass. 05/10/2018 n. 24546; Id., 28/11/2017 n. 28321; Id., 13/07/2017 n. 17234; Id., 22/03/2012 n. 4558) alla quale vuoi qui darsi convinta continuità – per il quale la Regione, nella specie la Regione Abbruzzo, con delibera n. 662 del 2002, nel fissare le tariffe delle strutture che svolgono attività di rilievo sanitario e socio-assistenziali connesse, predeterminando la somma complessiva giornaliera per il ricovero dei degenti, non vi ricomprenda le prestazioni alberghiere.

Segnatamente, con lo specificare secondo le indicazioni contenute nelle Linee guida del 1994, l’entità della “quota sanitaria” da porsi a carico del SSN e della “quota sociale” e alberghiera posta a carico dell’utente della struttura – salva la contribuzione dei privati o dei Comuni in caso di redditi insufficienti – la Regione non ha dettato disposizioni vincolanti quanto a quest’ultima, in tal modo consentendo alla struttura di poter concordare con il degente della quota alberghiera una variazione in aumento.

Con ordinanza di questa Corte di legittimità n. 28321 del 2017, adottata nei confronti della medesima casa di cura per una fattispecie di identico contenuto a quella in esame, e con la giurisprudenza ivi richiamata, si è valorizzato, nella premessa fisiologica gratuità delle prestazioni sanitarie pubbliche (L. n. 833 del 1978, art. 3, comma 2, ed art. 54) che per le prestazioni socio-assistenziali che non rientrano nella prima categoria – anche ove attinte da limiti derivanti da atti di normazione di fonte primaria o secondaria o da provvedimenti amministrativi generali quanto alle quote di partecipazione alla spesa di enti pubblici territoriali o istituzionali – non deve escludersi l’autonoma determinazione del corrispettivo tra struttura di erogazione del servizio ed utente.

Nell’indicata affermazione di principio, resta fermo il limite del nesso di strumentalità necessaria tra le prestazioni socio-assistenziali e quelle sanitarie che, ove esistente, determina la gratuità della prestazione complessivamente resa, o prestazione di “cura integrata” in quanto diretta alla cura dell’assistito e come tale sottratta ad un accordo di natura privatistica tra utente e struttura convenzionata diretto a fissare elementi di costo aggiuntivi, variabili a discrezione della seconda.

Là dove invece la prestazione socio-assistenziale rimanga disgiunta dallo scopo terapeutico, non risultando il ricovero presso una struttura residenziale operato in forza di un piano di cura personalizzato, la prestazione, non ricompresa nell’ambito dell’assistenza sanitaria obbligatoria, resta assoggettata alla L. n. 328 del 2000 che “prevede soltanto una “integrazione economica” della relativa spesa a carico degli enti pubblici locali (Comuni), senza per ciò prescindere dalla conclusione del contratto di ricovero tra l’utente (od altra persona che contrae in favore dell’utente-terzo) e la struttura residenziale, soggetti tra i quali viene a costituirsi il rapporto obbligatorio le cui condizioni possono essere oggetto di libera contrattazione, in difetto di norme imperative ostative all’esercizio dell’autonomia negoziale dei privati, ben potendo pertanto essere pattuito un diverso corrispettivo commisurato alla differente qualità dei servizi offerti dalla struttura residenziale” (sent. n. 28321 cit. p. 18; in termini le successive ordinanze nn. 24546/2018, 27452/2018, 31949/2018).

La predeterminazione a monte da parte della Regione della “quota complessiva”, pari alla quota sanitaria, a carico del SSN, ed alla quota sociale, a carico di Comuni o privati, non preclude al contratto tra casa di cura e degente di rivedere al rialzo la quota alberghiera in ragione della qualità dei servizi offerti dalla struttura.

7. Il Tribunale di Torino incorrendo nella dedotta violazione di legge, non facendo applicazione degli indicati principi che delle invocate norme governano il significato, non ha provveduto ad apprezzare in alcun modo, nella presupposta distinzione tra “prestazione sociale integrata”, e quindi inscindibile rispetto a quella di cura, e “prestazione socio-assistenziale pura”, l’esistenza del percorso terapeutico in concreto adottato dal soggetto ricoverato presso la struttura residenziale e gli eventuali trattamenti in corso.

8. Degli ulteriori motivi di ricorso: il terzo resta assorbito ed il quarto ed il quinto sono inammissibili, secondo conformi conclusioni del P.g. di questa Corte, per carenza interesse.

La motivazione in tal modo impugnata definisce infatti una ulteriore e non decisiva, rispetto a quella principale più sopra indicata, ratio decidendi della sentenza, valendo per la stessa il principio per il quale: “è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che censuri un’argomentazione della sentenza impugnata svolta ad abundantiam che non costituisce la ratio decidendi della prima; improduttiva di effetti giuridici, essa non può pertanto essere oggetto di ricorso per cassazione per difetto di interesse” (Cass. 10/04/2018 n. 8755; Cass. 22/11/2010 n. 23635).

9. La sentenza impugnata va pertanto, in accoglimento del ricorso ne termini sopra indicati, cassata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo ed secondo motivo di ricorso, nei sensi di cui in motivazione, assorbito il terzo ed inammissibili i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Torino, in persona di diverso magistrato, anche per la regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2019

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