Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23590 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. I, 27/10/2020, (ud. 12/10/2020, dep. 27/10/2020), n.23590

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15455/2019 proposto da:

B.I., elettivamente domiciliato in Roma Via Del Casale

Strozzi, 31 presso lo studio dell’avvocato Barberio Laura che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Tartini Francesco;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1635/2019 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 16/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/10/2020 da NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

– che è proposto ricorso, sulla base di cinque motivi, avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia del 16.4.2019, che ha respinto l’impugnazione avverso la decisione di primo grado, a sua volta reiettiva del provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla competente commissione territoriale;

– che non svolge difese il Ministero intimato.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

– che il ricorso articola i seguenti motivi:

1-2-3) motivazione apparente, omesso esame di fatto decisivo con riguardo alle tensioni tra fazioni opposte, detenzione e fuga dal carcere del richiedente, per avere la corte territoriale ritenuto non credibile il racconto, mentre esso lo era, sulla base delle complete spiegazioni fornite dal richiedente;

4) omesso esame di fatto decisivo, consistente nella situazione interna del Burkina Faso, e ciò con riguardo alle domande di protezione sussidiaria e di protezione umanitaria;

5) omesso esame quanto alla integrazione in Italia, con riguardo alla domanda di protezione umanitaria, dato che il richiedente sta portando avanti un percorso di integrazione con continuità lavorativa e reddituale, con contratto di somministrazione di lavoro a termine;

– che la corte territoriale ha giudicato violato l’art. 342 c.p.c., avendo l’appellante meramente riproposto le tesi sostenute in primo grado, senza l’enucleazione di specifici motivi;

– che, con motivazione ad abundantiam, la corte territoriale ha anche ritenuto infondato nel merito l’appello, e, quindi, avendo reputato di avere affrontato due questioni poste su piani concorrenti, ha in dispositivo rigettato l’appello;

– che la prima ratio decidendi non è affatto attaccata dai motivi di ricorso, che si limita ad attaccare la decisione, in quanto ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente per la sua genericità e contraddittorietà, non provato il pericolo di subire un danno grave in conseguenza di trattamento inumano, non ha neppure allegato specifiche ragioni di vulnerabilità soggettiva;

– che ciò rende il ricorso inammissibile, posto che, secondo principio consolidato, “Qualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della potestas iudicandi in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta ad abundantiam nella sentenza gravata” (Cass., sez. un., 20 febbraio 2007, n. 3840; Cass., sez. un., 30 ottobre 2013, n. 24469), principio plurime volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 5 luglio 2007, n. 15234; Cass. 2 maggio 2011, n. 9647; Cass., sez. un., 17 giugno 2013, n. 15122; Cass. 20 agosto 2015, n. 17004; Cass. 13 ottobre 2017, n. 24154, non massimata; Cass. 18 dicembre 2017, n. 30354; Cass. 9 dicembre 2017, n. 30393; Cass. 26 gennaio 2018, n. 2037; Cass. 17 ottobre 2019, n. 26296, non massimata) e dal quale, dunque, non vi sono ragioni per discostarsi;

– che le censure proposte, altresì, intendono palesemente riproporre inammissibilmente un giudizio sul fatto, sia circa la valutazione di non credibilità del racconto, sia sulla situazione del paese di origine, sia, infine, sull’esistenza in concreto della situazione di vulnerabilità;

– che non occorre provvedere sulle spese, non svolgendo difese l’intimato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dal L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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