Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23581 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. I, 09/10/2017, (ud. 05/07/2017, dep.09/10/2017),  n. 23581

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15469/2012 proposto da:

Almaviva Contact S.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Lungotevere delle Navi

n.30, presso lo studio dell’avvocato Ruffini Giuseppe, che la

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento (OMISSIS) della (OMISSIS) S.p.a. in Liquidazione, in

persona del curatore avv. D.P., elettivamente

domiciliato in Roma, Via Montello n. 30, presso lo studio

dell’avvocato De Virgilio Vicenzi Giulia, che lo rappresenta e

difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 135/2012 del TRIBUNALE di ROMA, depositato il

15/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/07/2017 dal cons. Dott. DI MARZIO MAURO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI Anna Maria, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato Cozzi Giandomenico, con delega,

che si riporta al ricorso per l’accoglimento;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato Vicenzi Valerio, con

delega, che si riporta al controricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con decreto del 15 maggio 2012 il Tribunale di Roma ha respinto l’opposizione allo stato passivo proposta da Almaviva Contact S.p.A. nei confronti del Fallimento (OMISSIS) S.p.A. in conseguenza del diniego di ammissione al passivo fallimentare del credito del complessivo importo di Euro 187.200,00, in chirografo per la sorte ed in privilegio per l’Iva, quale corrispettivo maturato in conseguenza dell’esecuzione, in veste di appaltatrice, di un contratto di appalto di servizi stipulato con l’appaltante (OMISSIS) S.p.A., società affittuaria dell’azienda della società poi fallita, alla quale ultima l’azienda medesima era stata infine retrocessa all’esito del fallimento ed a seguito di recesso del Curatore dal contratto.

A fondamento della decisione il Tribunale ha osservato che il debito era stato contratto dall’affittuaria e non dalla concedente, ed aveva ad oggetto prestazioni interamente rese a favore della prima, non potendo in proposito configurarsi alcuna responsabilità di (OMISSIS) S.p.A. ai sensi dell’art. 2560 c.c., comma 2, non essendo l’ipotesi in questione riconducibile ad alcuna delle vicende traslative in relazione alle quali la norma è posta, secondo quanto affermato da questa Corte con sentenza numero 3027 del 1981.

2. – Per la cassazione della sentenza Almaviva Contact S.p.A. ha proposto ricorso affidato ad un solo motivo.

Il Fallimento (OMISSIS) S.p.A. ha resistito con controricorso.

Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il ricorso contiene un solo motivo con cui la società ricorrente ha denunciato: “Violazione dell’art. 2560 c.c., comma 2, anche alla luce dell’art. 104 bis, u.c., L. Fall. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”, censurando la sentenza impugnata per aver escluso l’applicabilità dell’art. 2560 c.c., comma 2 all’ipotesi di retrocessione al concedente dell’azienda in precedenza affittata, ove si verta in ipotesi di debiti in sè soli considerati, ossia non ricollegati a posizioni contrattuali non ancora definite.

2. – Il motivo è fondato.

L’art. 2558 c.c. stabilisce che “se non è pattuito diversamente, l’acquirente dell’azienda subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale”. Il che vuol dire che i contratti strumentali all’esercizio dell’azienda transitano automaticamente in capo al cessionario, in deroga all’art. 1406 c.c., secondo cui un contraente può sostituire a sè un terzo nei rapporti negoziali purchè l’altra parte vi consenta. Secondo l’art. 2560 c.c., poi, “l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”, con la precisazione dettata dal secondo comma secondo cui “nel trasferimento di un’azienda commerciale risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori”.

Dal combinato disposto delle due norme emerge che la successione nei contratti di cui all’art. 2558 c.c. trova applicazione in caso di negozi a prestazioni corrispettive non integralmente eseguiti da entrambe le parti al momento del trasferimento dell’azienda, mentre, ove il terzo contraente abbia già eseguito la propria prestazione, residua un mero debito la cui sorte è regolata dall’art. 2560. E’ dunque principio condiviso (in questo senso espressamente Cass. 16 giugno 2004, n. 11318), quello in forza del quale il congegno stabilito dall’art. 2560 c.c., comma 2, con riferimento ai debiti relativi all’azienda ceduta, è destinato ad essere applicato quando si tratti di debiti in sè soli considerati, e non anche quando, viceversa, essi si ricolleghino a posizioni contrattuali non ancora definite, in cui il cessionario sia subentrato a norma dell’articolo 2558 (Cass. 20 luglio 1991, n. 8121; Cass. 8 maggio 1981, n. 3027), posizioni, queste, che seguono la sorte del contratto.

La previsione dettata dall’art. 2560 c.c., comma 1, concernente la permanente responsabilità dell’alienante ordine ai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda maturati anteriormente al trasferimento, è completata nel secondo comma, che cumula alla responsabilità del cedente anche quella del cessionario, sempre che il debito risulti dai libri contabili obbligatori. Si realizza in tal modo una responsabilità del cessionario sotto forma di accollo cumulativo ex lege, con conseguente solidarietà tra cedente e cessionario dell’azienda commerciale, solidarietà peraltro sui generis, dal momento che, nei rapporti tra loro, il debito rimane a carico del cedente, senza che questi possa ripetere dal secondo, neppure in parte, quanto versato al terzo creditore (Cass. 3 marzo 1994, n. 2108; Cass. 25 febbraio 1987, n. 1990; Cass. 4 ottobre 2010, n. 20577).

Ne discende, sul piano della ratio della norma, che la solidarietà del cessionario dell’azienda per i debiti concernenti l’esercizio dell’azienda ceduta è posta a tutela dei creditori di questa, e non dell’alienante: per questo essa non determina alcun trasferimento della posizione debitoria sostanziale, secondo l’indirizzo giurisprudenziale di cui si è appena dato conto. Perseguendo una finalità di tutela dei creditori aziendali, la norma è perciò dalla dottrina giudicata inderogabile in conformità ad un accordo fra alienante e acquirente, mentre si riconosce ammissibile l’esclusione della sua operatività in forza di un accordo fra acquirente e terzi creditori.

Tale essendo il quadro complessivo della disciplina da applicarsi, questa Corte ha già avuto modo di osservare che la norma dettata dall’art. 2558 c.c., in tema di subentro dell’affittuario dell’azienda nei contratti stipulati per l’esercizio dell’azienda stessa che non abbiano carattere personale, trova applicazione anche con riguardo agli aspetti collegati alla restituzione dell’azienda dall’affittuario al concedente a seguito di cessazione dell’affitto (Cass. 16 giugno 2004, n. 11318).

Con quest’ultima decisione, sulla scia di Cass. 7 novembre 2003, n. 16724, questa Corte ha stabilito, per i fini dell’applicazione dell’art. 2558 c.c., che la cessazione dell’affitto e la conseguente retrocessione dell’azienda devono ricollegarsi direttamente alla volontà contrattuale delle parti o ad un fatto da queste espressamente previsto nel contratto precedentemente stipulato; ma ha precisato che, mentre il congegno di successione nei rapporti contrattuali, quale disciplinato dall’art. 2558 c.c., presuppone che il trasferimento dell’azienda sia il prodotto della volontà contrattuale, la successione nei rapporti di credito (art. 2559 c.c.) e di debito (art. 2560 c.c.) nonchè nei rapporti di lavoro subordinato (art. 2112 c.c.) relativi alla stessa azienda, costituisce “conseguenza necessaria ed ineliminabile del trasferimento di questa”, intendendo come si è detto la nozione di trasferimento come riferita alla restituzione dell’azienda dall’affittuario al concedente a seguito di cessazione dell’affitto.

Tale lettura dell’art. 2560 c.c. trova indiretta conferma nell’art. 104 bis, u.c., L. Fall., il quale stabilisce oggi che la retrocessione al fallimento di aziende o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli artt. 2112 e 2560 c.c.: il che vai quanto dire, per l’appunto, che, pur nell’ipotesi di affitto di azienda attuato nell’ambito della procedura concorsuale, in mancanza di detta norma di contenuto derogatorio, si applicherebbe l’art. 2560 c.c. il quale determinerebbe, all’esito della retrocessione dell’azienda affittata, la responsabilità della procedura per i debiti sorti a carico dell’affittuario.

Va da sè che il Tribunale, nel denegare l’ammissione del credito insinuato da Almaviva Contact S.p.A. è incorso in violazione dei principi appena esposti, sicchè il decreto impugnato va cassato e rinviato anche per le spese al Tribunale di Roma in diversa composizione.

PQM

 

accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia anche per le spese al Tribunale di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della prima sezione civile, il 5 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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