Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23580 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, (ud. 26/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 517/2016 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO

MIRABELLO 23, presso lo studio dell’avvocato SIMONETTA GUSCI, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PREFETTURA DELLA PROVINCIA ROMA, in persona del Prefetto pro tempore;

– intimata –

avverso il provvedimento n. 28213/15 del GIUDICE DI PACE di ROMA,

emesso e depositato il 02/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONISI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, rilevato che sul ricorso n. 26936/2015 proposto da I.D.W.M. nei confronti del Prefetto della Provincia di Rimini – Ministero dell’Interno il Cons. relatore ha depositato ex art. 380 bis c.p.c., la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Dott. Ragonesi, letti gli atti depositati, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., osserva quanto segue.

A.C. ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza del GDP di Roma 2.10.2015, che nel rigettare il ricorso proposto dallo stesso, ha ritenuto infondata la difesa relativa alla violazione dei diritti dello stesso alla piena comprensione del provvedimento di espulsione e conseguentemente dei suoi diritti, anche di difesa.

Con il ricorso A.C. articola diverse censure in unico contesto alla motivazione del provvedimento del GDP di Roma ed incentra la sua principale critica in relazione alla violazione di legge derivante dall’aver ritenuto valido il decreto di espulsione, nonostante la evidente nullità dello stesso per essere stato tradotto esclusivamente in lingua inglese, nonostante la nazionalità turca e l’etnia curda del ricorrente, senza alcuna valida motivazione ed adottando una mera “formula di stile, ripetitiva del contenuto del decreto di espulsione, in ordine alla indisponibilità di interprete di lingua conosciuta dal A.C.. Rileva inoltre il ricorrente la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7.

Il primo motivo richiama situazioni già valutate da questa Corte, con portata assorbente rispetto ai residui motivi articolati.

Questa Corte si è già pronunciata in materia affermando che: “E’ nullo il provvedimento di espulsione tradotto in lingua veicolare per l’affermata irreperibilità immediata di traduttore nella lingua conosciuta dallo straniero, salvo che l’amministrazione non affermi, ed il giudice ritenga plausibile, l’impossibilità di predisporre un testo nella lingua conosciuta dallo straniero per la sua rarità ovvero l’inidoneità di tale testo alla comunicazione della decisione in concreto assunta – (Sez. 6-1, Ordinanza n. 14733 del 14/07/2015 (Rv. 635877), ed ancora si è evidenziato che: “In tema di opposizione a decreto di espulsione, l’obbligo dell’autorità procedente di tradurre la copia del decreto di espulsione nella lingua nazionale dello straniero o in altra lingua a lui nota può essere derogato nella sola ipotesi in cui detta autorità attesti e specifichi le ragioni tecnico-organizzative che abbiano impedito tale operazione e abbiano imposto, pertanto, la traduzione nelle lingue cosiddette veicolari (inglese, francese e spagnolo); siffatto obbligo viene meno quando il giudice di merito abbia accertato, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, la comprovata conoscenza della lingua italiana da parte dell’interessato (Principio affermato ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., comma 1), (Sez. 6-1, Ordinanza n. 24170 del 29/11/2010 (Rv. 614930).

Nella specie, la decisione relativa è stata assunta dal GDP in senso difforme da tale orientamento costante.

Ricorrono i requisiti di cui all’art. 375 c.p.c., per la trattazione in camera di consiglio.

PQM.

Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di consiglio.

Roma 20.7.2016.

Considerato che il collegio condivide le conclusioni rassegnate nella relazione non utilmente contestate e contrastate;

che in conclusione il ricorso va accolto con cassazione del provvedimento impugnato e conseguente annullamento del provvedimento di espulsione, con condanna alle spese come in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza tenuto conto dei parametri di riferimento.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e decidendo nel merito annulla il provvedimento di espulsione nei confronti di A.C..

Condanna alle spese nella misura di Euro 2100,00 per la fase di cassazione, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e spese forfettarie ed Euro 1200.00 per la fase di merito, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e spese forfettarie.

Così deciso in Roma, il 26 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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