Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23572 del 30/08/2021

Cassazione civile sez. III, 30/08/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 30/08/2021), n.23572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31752-2019 proposto da:

B.M., rappresentato e difeso dall’avv.to Natale Arculeo, ed

elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.to ROSSELLA DE

ANGELIS, in Roma, via Ippolito Nievo 61;

– ricorrente –

contro

COMMISSIONE TERRITORIALE RICONOSCIMENTO PROTEZIONE INTERNAZIONALE

MILANO;

– intimato –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO n. 7181/2019, depositato

il 10/09/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. B.M., proveniente dalla (OMISSIS), ricorre affidandosi a sei motivi per la cassazione del decreto del Tribunale di Milano che aveva rigettato la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese in quanto il fratello era un dirigente del partito (OMISSIS) in contrasto con gli altri partiti locali; che nel 2010 era stato trovato morto in un appartamento e che anch’egli e la moglie, mentre una sera stavano tornando a casa, erano stati attaccati dai giovani dell'(OMISSIS) che avevano anche incendiato l’abitazione costringendolo a lasciare la sua città natale insieme a tutta la famiglia allargata. Ha aggiunto che, dopo varie vicissitudini, a distanza di qualche anno era rientrato in (OMISSIS) ma era stato nuovamente minacciato e si era, dunque, deciso a fuggire verso l’Italia.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 10 ed 11, per omessa fissazione dell’udienza di comparizione con violazione dell’art. 111 Cost., art. 47 Carta di Nizza e art. 46 Direttiva 2013/32/UE, artt. 6 e 13 CEDU.

1.1. Lamenta il mancato rinnovo dell’audizione dinanzi al giudice, vista la pacifica mancanza della videoregistrazione.

1.2. Il motivo è infondato.

1.3. Il ricorrente, non tiene conto del principio ormai consolidato e condiviso da questo Collegio, secondo cui, nel caso in cui non venga trasmessa la videoregistrazione, è obbligatorio per il giudice di merito fissare l’udienza di comparizione (incombente che è stato regolarmente adempiuto: cfr. pag. 2 righe 5 e 6 del decreto) mentre il rinnovo dell’audizione soggiace alla discrezionalità del giudice o a condizioni peculiari.

1.4. E’ stato al riguardo affermato che “nei giudizi in materia di protezione internazionale il giudice, in assenza della videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale, ha l’obbligo di fissare l’udienza di comparizione, ma non anche quello di disporre l’audizione del richiedente, a meno che: a) nel ricorso non vengano dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda (sufficientemente distinti da quelli allegati nella fase amministrativa, circostanziati e rilevanti); b) il giudice ritenga necessaria l’acquisizione di chiarimenti in ordine alle incongruenze o alle contraddizioni rilevate nelle dichiarazioni del richiedente; c) il richiedente faccia istanza di audizione nel ricorso, precisando gli aspetti in ordine ai quali intende fornire chiarimenti e sempre che la domanda non venga ritenuta manifestamente infondata o inammissibile.” (cfr. Cass. 22049/2020 e Cass. 21584/2020).

1.5. Nessuna indicazione è stata fornita dal ricorrente in ordine all’istanza, in ipotesi disattesa, avanzata dinanzi al giudice, con la conseguenza che la censura si discosta dai principi di diritto affermati da questa Corte sulla specifica fattispecie.

2. Con il secondo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deduce error in procedendo per violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis perché il giudice non aveva acquisito C.O.I. sulla situazione socioeconomica del paese, in osservanza del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3.

2.1. Lamenta che il Tribunale non aveva contestualizzato la decisione e non aveva sottoposto le C.O.I. indicate al contraddittorio delle parti. 2.2. Il motivo è inammissibile ex art. 360bis c.p.c.

2.3. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che “in tema di protezione internazionale, l’omessa sottoposizione al contraddittorio delle COI (“country of origin informations”) assunte d’ufficio dal giudice ad integrazione del racconto del richiedente, non lede il diritto di difesa di quest’ultimo, poiché in tal caso l’attività di cooperazione istruttoria è integrativa dell’inerzia della parte e non ne diminuisce le garanzie processuali, a condizione che il tribunale renda palese nella motivazione a quali informazioni abbia fatto riferimento, al fine di consentirne l’eventuale critica in sede di impugnazione; sussiste, invece, una violazione del diritto di difesa del richiedente quando costui abbia esplicitamente indicato le C.O.I., ma il giudice ne utilizzi altre, di fonte diversa o più aggiornate, che depongano in senso opposto a quelle offerte dal ricorrente, senza prima sottoporle al contraddittorio.(Cass. 29056/2019).

2.4. Al riguardo, si osserva che il Tribunale ha correttamente adempiuto al dovere di cooperazione del giudice, richiamando C.O.I. attendibili ed aggiornate sul paese di origine e valutandole sulla base del suo insindacabile potere discrezionale sia al fine di esaminare correttamente gli eventi narrati, in relazione alla credibilità del racconto (cfr. pag. 4 e 5 del decreto in nota), sia al fine di valutare la fattispecie di cui al D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c) (cfr. pag. 7 decreto). La censura, pertanto si limita, a contrapporre la tesi difensiva fondata su una valutazione delle C.O.I. contrapposta a quella formulata dal Tribunale.

3. Con il terzo motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per mancata trascrizione delle conclusioni rassegnate dalle parti e per la conseguente mancata pronuncia sulla domanda preliminare avanzata in sede amministrativa e sulle richieste istruttorie.

3.1. Contesta la regolarità della procedura svoltasi dinanzi alla Commissione Territoriale e lamenta che il provvedimento non conteneva alcun riferimento alle domande che egli aveva spiegato contro di essa.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.3. In primo luogo, il procedimento giudiziario non ha valenza impugnatoria rispetto alla fase amministrativa, rappresentando un autonomo giudizio sui diritti fondamentali del richiedente asilo ed imponendo un completo riesame del merito della domanda: in relazione a tale fase, pertanto, sono irrilevanti tutte le questioni relative alla regolarità del procedimento svolto dinanzi alla Commissione Territoriale che devono essere fatte valere come fatti costitutivi della domanda autonoma in sede giudiziaria.

3.4. In secondo luogo, relativamente al rilievo secondo cui non sarebbero state trascritte le conclusioni, la censura, da una parte, è priva di specificità ed autosufficienza in quanto esse non sono state trascritte nel corpo del ricorso né è stata indicata la sede processuale in cui possano essere rinvenute, al fine di consentire a questa Corte di apprezzare l’errore denunciato, con violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6; e, dall’altra, si pone in contrasto con il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale “l’omessa od erronea trascrizione delle conclusioni delle parti nella sentenza non comporta, di per sé, nullità della stessa, non essendo la relativa sanzione comminata dalla legge ed essendo soltanto rilevante che il giudice, nell’emettere la pronuncia, abbia tenuto conto delle conclusioni effettivamente e definitivamente formulate, prendendole tutte in esame, nel qual caso il vizio suddetto si risolve in una semplice imperfezione formale, non incidente sulla validità della sentenza” (cfr. ex multis Cass. 331/1979; Cass. 5280/1982).

4. Con il quarto motivo, si deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 5 in quanto il Tribunale aveva, “in thesi”, valutato la credibilità senza alcun riferimento al paradigma argomentativo prescritto dalla norma e facendosi “pilotare” da soggettivistiche opinioni.

4.1. Il motivo è infondato.

La valutazione della credibilità riposa, infatti, sull’osservanza dei criteri prescritti dalla norma richiamata in quanto il Tribunale, lungi dal fondare il proprio giudizio su opinioni personali, ha esaminato il racconto, evidenziandone le contraddizioni (cfr. pag. 4 e 5 della sentenza) anche alla luce di COI attendibili ed aggiornate (richiamate nelle note nn. 4, 5 e 6 stesse pagine).

5. Con il quinto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., comma 2 alla luce del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, commi 6, 7, 8.

5.1. Lamenta che il Tribunale non aveva affatto considerato il non collaborativo comportamento della Commissione Territoriale che non aveva provveduto al deposito della documentazione della fase amministrativa.

5.2. Il motivo è infondato, essendo stato letteralmente riportato, nel decreto impugnato, che la Commissione aveva messo a disposizione la documentazione utilizzata nella fase amministrativa (cfr. decreto impugnato pag. 2 primo cpv): per il resto la valutazione della condotta della parte convenuta rientra nel potere discrezionale del giudice di merito ed è insindacabile in questa sede, rispetto alla censura prospettata.

6. Con il sesto motivo, infine, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13 per essersi il processo protratto per oltre un anno dalla data di deposito del ricorso.

6.1. Il motivo è inammissibile.

6.2. Infatti, il termine annuale complessivamente previsto per il procedimento in materia di protezione internazionale (quattro mesi per il giudizio dinanzi al Tribunale e sei mesi per il giudizio di legittimità: cfr. D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis, comma 13, primo cpv), ispirato alla necessità di definire le procedure in materia con urgenza, è meramente ordinatorio ed il mancato rispetto di esso non comporta alcuna conseguenza in relazione al superamento dei termini previsti per ciascuna fase.

6.3. Al riguardo, si rileva che il medesimo principio è stato già affermato da questa Corte anche in altri settori della giurisdizione (in materia di equa riparazione; nelle controversie doganali) per i quali è stato ritenuto che il termine fissato “ha funzione acceleratoria e natura meramente ordinatoria” tanto da non provocare alcuna forma di decadenza (cfr. Cass. 8032/2019; Cass. 23152/2020) ed è finalizzata,

per ciò che riguarda le controversie in materia di protezione internazionale, ad una definizione dei procedimenti non assoggettabile a dilazioni in ragione della natura dei diritti fondamentali tutelati e delle correlate esigenze di ordine pubblico, senza che tuttavia tali congiunte necessità possano incidere sulla validità dei provvedimenti emessi oltre i termini per ciascuna fase fissati e, complessivamente, oltre quello annuale.

6.4. Deve pertanto affermarsi il seguente principio di diritto: “In materia di protezione internazionale, il termine annuale previsto complessivamente dal D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35bis per la decisione, composto da quello di quattro mesi per il giudizio dinanzi al Tribunale e di quello di sei mesi per il giudizio di legittimità, ispirato alla necessità di definire tali procedure con urgenza, ha natura meramente ordinatoria e funzione acceleratoria che dovrà essere trasfusa, come criterio di priorità nei progetti organizzativi degli uffici giudicanti. Tuttavia il superamento parziale o totale dei termini prescritti, non è idoneo a determinare alcuna conseguenza sulla validità dei provvedimenti emessi”.

7. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

8. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2021

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