Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23572 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. III, 11/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 11/11/2011), n.23572

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21360/2009 proposto da:

A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZALE FLAMINIO 9, presso lo studio dell’avvocato FOTI Carlo

Sebastiano, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PERUGINI LUCA giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AZIENDA OSPEDALIERA SPEDALI CIVILI BRESCIA (OMISSIS);

– intimati –

nonchè da:

AZIENDA OSPEDALIERA SPEDALI CIVILI BRESCIA (OMISSIS) in persona

del legale rappresentante Direttore Sanitario Dr. A.Q.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BOCCA DI LEONE 78, presso lo

studio dell’avvocato ROMEI ANTONIO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ROGNONI VINCENZO VITO MARIA giusta delega in

atti;

– ricorrente incidentale –

contro

A.A. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 705/2008 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 30/06/2008, R.G.N. 385/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso principale e incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 8 febbraio 2007 il Tribunale di Brescia condannò l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia a risarcire i danni sofferti da A.A..

Costui, rimasto vittima di un sinistro stradale, era stato ricoverato presso il nosocomio i cui sanitari non si erano resi conto della frattura vertebrale cui era conseguita paraplegia.

Con sentenza in data 4-30 giugno 2008 la Corte d’Appello di Brescia elevò ad Euro 2.526.701,05 l’importo del risarcimento dovuto.

La Corte territoriale osservò per quanto interessa: l’ A. aveva assolto l’onere probatorio da cui era gravato; il comportamento omissivo dell’Azienda ospedaliera (mancata esecuzione dell’accertamento radiologico necessario) aveva cagionato l’evento;

il danno biologico, le spese necessarie per l’eliminazione delle barriere arcitettoniche e per l’acquisto e sostituzione autovetture erano state liquidati correttamente; occorreva elevare gli importi del danno morale ed esistenziale, delle spese future e di quelle per la sostituzione di carrozzine e relativa manutenzione.

Avverso la suddetta sentenza l’ A. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

L’Azienda Ospedaliera ha proposto ricorso incidentale tardivo (notificato il 10 novembre 2009) basato su cinque motivi.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – I due ricorsi, proposti avverso la medesima sentenza, vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Si premette che i ricorsi de quo sono soggetti, ratione temporis (avuto riguardo alla data di deposito della sentenza impugnata: 30 giugno 2008), alla disciplina del D.Lgs. n. 40 del 2006, che ha introdotto l’art. 366 bis c.p.c., successivamente abrogato.

Secondo questa norma i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto e, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, nn. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo sì deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

3. – Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360, per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

4.1 – Il primo motivo del ricorso principale riguarda il danno morale ed esistenziale.

La censura, come del resto le due successive, non specifica quale sia il vizio denunciato tra quelli tassativamente previsti dall’art. 360 c.p.c..

Solo nel corso della esposizione delle argomentazioni a sostegno vi è un riferimento agli artt. 1223, 2043 e 2059 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

La sentenza impugnata ha risolto la questione nel solco dell’orientamento di questa Corte che si è poi consolidato (confronta, ex multis, Cass. n. 3677 del 2009), secondo cui il danno c.d. esistenziale, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno non patrimoniale, non può essere liquidato separatamente solo perchè diversamente denominato.

In precedenza le Sezioni Unite (sentenza n. 26972 del 2008) avevano chiarito che il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia e omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perchè costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d.

estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale.

Il quesito finale è inappropriato poichè prescinde totalmente dalla motivazione della sentenza impugnata e implica non l’enunciazione di un principio di diritto che sia, nel contempo, decisivo per il giudizio e di applicabilità generalizzata, ma una valutazione connessa alle peculiarità del caso concreto.

4.2 – Il secondo motivo del ricorso principale attiene alla quantificazione dei pregiudizi morale ed esistenziale e presenta le medesime caratteristiche negative del primo, di cui è esplicitamente il seguito, e si rivela inammissibile per le medesime ragioni.

4.3 – Il terzo motivo del suddetto ricorso riguarda le spese future per l’acquisto e la sostituzione di autovetture, manca del momento di sintesi prescritto allorchè venga denunciato un vizio di motivazione e implica valutazioni di merito.

5. – Pertanto il ricorso principale va dichiarato inammissibile. A tale statuizione con consegue l’inefficacia del ricorso incidentale tardivo (sentenza depositata il 30 giugno 2008, ricorso incidentale notificato il 10 novembre 2009) ai sensi dell’art. 334 c.p.c., comma 2. L’esito predetto induce a compensare le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso principale, inefficace l’incidentale. Spese del giudizio di cassazione compensate.

Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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