Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23571 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. III, 11/11/2011, (ud. 13/10/2011, dep. 11/11/2011), n.23571

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – rel. Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21029/2009 proposto da:

B.M. (OMISSIS), C.A.

(OMISSIS), B.G. (OMISSIS),

B.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA MAESTRO GAETANO CAPOCCI 18, presso lo studio dell’avvocato

CIANCIMINO GENNARO, rappresentati e difesi dall’avvocato CIANCIMINO

Daniela giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

C.M., C.T., C.E., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA EMILIO FAA’ DI BRUNO 52, presso lo studio

dell’avvocato ZACCO Gianfranco, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CALAFATO ARMANDO giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

DITTA GIBILARO CARMELO & C S.N.C. (OMISSIS);

– intimata –

nonchè da:

DITTA GIBILARO CARMELO & C. S.N.C. (OMISSIS) in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DI SANTA COSTANZA 27, presso lo studio dell’avvocato D’ALESSANDRO

SANDRO, rappresentata e difesa dall’avvocato ALAIMO RAIMONDO giusta

delega in atti;

– ricorrente incidentale –

contro

B.M. (OMISSIS), B.A.

(OMISSIS), C.A. (OMISSIS),

B.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA MAESTRO GAETANO CAPOCCI 18, presso lo studio

dell’avvocato CIANCIMINO GENNARO, rappresentati e difesi

dall’avvocato CIANCIMINO DANIELA giusta delega in atti;

– controricorrenti all’incidentale –

e contro

C.E., C.M., C.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 867/2008 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 27/06/2008, R.G.N. 1998/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/10/2011 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato GENNARO CIANCIMINO per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta, che ha concluso per l’inammissibilità o rigetto

del ricorso principale e dell’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 18 aprile-27 giugno 2008 la Corte di appello di Palermo confermava la decisione di Tribunale di Agrigento dell’8/9 novembre 2004, per la parte in cui la stessa aveva condannato gli eredi del comproprietario di un immobile in (OMISSIS), B.F., al risarcimento danni conseguenza di due incendi provenienti da altro immobile di esclusiva proprietà del convenuto, in favore degli attori C.E., C.T. e C.M. (comproprietari dell’immobile danneggiato).

Il locale dal quale aveva avuto origine l’incendio era di proprietà di B.F. e del fratello Mi.: su questo punto gli eredi di B.F. si erano difesi a tutto campo.

E dunque l’accertamento di questa circostanza non implicava affatto una inammissibile extrapetizione.

La Corte di appello osservava che B.F., nella sua veste di custode, si era reso responsabile dei danni arrecati da entrambi gli incendi, non avendo fornito la prova liberatoria del caso fortuito, e cioè di una causa specificamente individuata, compresso il fatto del terzo, sottratta alla sua sfera di controllo.

I giudici di appello riformavano la decisione di primo grado, per quanto riguarda la misura del risarcimento derivato alla proprietà dei locali adibiti a pasticceria, della Gibilaro & C. s.n.c. che liquidava in via equitativa, in misura più ridotta di quanto riconosciuto dal primo giudice.

Osservavano i giudici di appello che la prescrizione era stata interrotta prima degli atti giudiziari del novembre 1997, da numerose lettere e diffide del 1992, 1993, 1997, indirizzate dalla Gibilaro al B. ed alla compagnia di assicurazione, Milano Assicurazioni, alle quali i giudici di appello riconoscevano pienamente valore interruttivo.

Avverso la decisione hanno proposto ricorso per cassazione gli eredi di B.F., con quattro, distinti motivi.

Resistono con distinti controricorsi gli originari attori, C. E., C.T. e C.M. e la s.n.c. Gibilaro & c. snc: questa ultima ha proposto ricorso incidentale in ordine alla liquidazione del danno deducendo vizi della motivazione.

Resistono con controricorso al ricorso incidentale C. A., B.M., B.A. e B. A., nella qualità di eredi di B.F., i quali hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve disporsi la riunione dei ricorsi proposti contro la medesima decisione.

Con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano vizi di motivazione e violazione di norme di legge.

I giudici di appello non avevano motivato sufficientemente in ordine alla dedotta carenza di legittimazione passiva del convenuto B.F., omettendo di prendere in considerazione le risultanze processuali che pure erano state sottoposte al loro giudizio nei motivi di appello.

Dalla consulenza tecnica di ufficio e dall’accertamento tecnico preventivo era emerso con chiarezza che l’incendio si era sviluppato dall’immobile di proprietà di B.A..

Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce sotto altro profilo violazione di norme di legge, in relazione all’art. 112 c.p.c., e nullità della sentenza per mancata corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

L’immobile situato ad ovest dell’immobile di proprietà degli attori era di esclusiva proprietà di B.A., come del resto risultava dalla stessa sentenza del Tribunale.

L’unico immobile di esclusiva proprietà di B.F. (in comproprietà con il fratello Mi.) era quello avente ingresso nella Via (OMISSIS), che non era mai stato oggetto di esame nel corso da parte della consulenza tecnica di ufficio nè di interventi.

Da ciò derivava il vizio di ultrapetizione della sentenza impugnata che aveva individuato in un locale di proprietà del convenuto (non indicato nella domanda) il luogo di origine dell’incendio.

Con il terzo motivo i ricorrenti principali denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 5 c.p.c., nullità della sentenza, difetto di motivazione circa un fatto controverso e decisivo per la controversia.

La sentenza impugnata aveva omesso di motivare in ordine al rigetto della domanda subordinata di riduzione del risarcimento liquidato in primo grado agli attori, con riduzione superiore al cinquanta per cento in relazione alla responsabilità addebitabile agli stessi per la cattiva manutenzione dell’immobile di loro proprietà.

Entrambe le consulenze tecniche di ufficio avevano sottolineato le condizioni di instabilità e di pericolo dell’immobile, relativamente alla struttura portante ed agli elementi non strutturali, concordando sulla cattiva manutenzione dell’edificio precedente all’incendio (precisando che gli attori C. non avevano provveduto alla effettuazione dei lavori imposti nella ordinanza del sindaco).

L’ultimo motivo del ricorso principale denuncia, infine, violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., e vizi della motivazione.

I giudici di appello erano giunti a individuare la responsabilità per omessa custodia del convenuto B.F., in relazione a due, distinti, incendi verificatisi rispettivamente l’8 novembre ed il 19 novembre 2002, unicamente sulla base di alcune affermazioni contenute nelle schede dei vigili del fuoco, intervenuti sul posto dopo gli incendi.

In effetti, le relazioni dei vigili del fuoco non contenevano alcuna indicazione in ordine alla individuazione del luogo di origine dei due incendi.

Esse si erano limitate, infatti, a riferire che l’incendio si era sviluppato dal seminterrato fino ai piani fuori terra (e cioè che l’incendio aveva coinvolto tutto l’edificio) e non già che l’incendio si era sviluppato a partire dal seminterrato.

Il ricorso incidentale riguarda vizi della motivazione e violazione di norme di legge e censura la decisione della Corte territoriale nella parte in cui la stessa ha ridotto il risarcimento dei danni cagionati alla Gibilaro.

La consulenza tecnica disposta aveva dimostrato che a seguito dei due incendi il locale adibito a pasticceria era rimasto gravemente danneggiato, poichè erano andate distrutte le strutture orizzontali, le coperture e i solai.

La società Gibilaro aveva prodotto in giudizio una serie di documenti dai quali era possibile ricavare la analitica descrizione dei danni subiti in conseguenza degli incendi.

Senza motivazione adeguata, la Corte territoriale aveva ritenuto di ridurre il risarcimento dei danni già riconosciuto dal Tribunale con una valutazione equitativa.

Osserva il Collegio:

i quattro motivi di ricorso principale sono infondati. Con motivazione del tutto adeguata, i giudici di appello hanno spiegato le ragioni per le quali hanno ritenuto che l’incendio si fosse sviluppato a partire dai locali di proprietà del dante causa degli odierni ricorrenti principali ed hanno sottolineato che in mancanza di prova liberatoria del caso fortuito e cioè di una causa specificamente individuata (compreso il fato del terzo) sottratta alla sua sfera di controllo, B.F., in qualità di custode, doveva considerarsi responsabile dei danni arrecati dagli incendi. Donde la infondatezza del primo, secondo e quarto motivo del ricorso principale. La questione della legittimazione passiva di B.F., del resto, come ha osservato la difesa dei controricorrenti C. è stata introdotta, per la prima volta, in appello. I giudici di appello, in ogni caso, hanno risposto anche in ordine a tale punto.

Sicchè deve escludersi qualsiasi violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato (v. pag. 24 della sentenza impugnata).

Quanto al cattivo stato di manutenzione degli immobili danneggiati, e ad un eventuale concorso di responsabilità degli stessi controricorrenti ai fini della riduzione del risarcimento danni agli stessi riconosciuto, il consulente tecnico di ufficio – nominato nell’ambito di un accertamento tecnico preventivo – ha sottolineato che non era possibile, dato l’intervallo di tempo intercorrente tra incendi ed accertamenti, svoltisi otto anni prima dei fatti di causa, accertare la eventuale incidenza di una precarietà e di cattiva manutenzione dell’immobile danneggiato sui danni riscontrati.

Si tratta di questioni mai prospettate in primo grado: i ricorrenti incidentali non spiegano in quali atti avrebbero formulato la domanda subordinata che tra l’altro avrebbe comportato un tema di indagine del tutto nuovo.

Da ciò deriva la inammissibilità, prima ancora che la infondatezza del terzo motivo di ricorso principale.

La Corte territoriale ha indicato le ragioni per le quali è pervenuta ad una quantificazione dei danni in misura inferiore a quella stabilita dal primo giudice.

Si tratta di una valutazione equitativa, che tiene in considerazione tutti gli elementi acquisiti al giudizio e sfugge pertanto a qualsiasi censura in questa sede.

Conclusivamente i ricorsi devono essere rigettati. Tenuto conto delle questioni trattate e delle alterne decisioni dei giudici di merito, le spese di causa tra tutte le parti devono essere compensate.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta.

Compensa le spese del giudizio di cassazione tra tutte le parti.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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