Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23569 del 30/08/2021

Cassazione civile sez. III, 30/08/2021, (ud. 17/03/2021, dep. 30/08/2021), n.23569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29818-2019 proposto da:

D.O., rappresentato e difeso dall’avv.to. ORSOLINA PERROTTA,

(orsolina.perrotta.ordineavvocatialba.eu), elettivamente domiciliato

in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 395/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 01/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.O., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a tre motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Torino che aveva rigettato l’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale con la quale era stata respinta la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, proposta in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato fuggito dal proprio paese perché temeva di essere nuovamente incarcerato per il sospetto di omosessualità, perseguita penalmente.

2. Il Ministero dell’Interno non si è difeso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 35 bis, comma 11, lett. a).

Assume che la Corte d’appello, pur avendo espresso dei dubbi sulla credibilità del racconto, aveva del tutto omesso di provvedere alla sua audizione nonostante che dinanzi alla commissione territoriale non si fosse proceduto alla video registrazione del suo ascolto, con ciò contravvenendo anche all’art. 47 della Carta dei Diritti Fondamentali.

1.1. Il motivo è inammissibile in quanto, in primo luogo, lo stesso ricorrente afferma che in mancanza della videoregistrazione è necessaria la fissazione dell’udienza, incombente che, contrariamente a quanto da lui allegato, risulta adempiuto (cfr. pag. 3, terzo cpv della sentenza impugnata nella quale se ne dà atto); in secondo luogo, in riferimento alla mancata audizione alla quale la censura sembrerebbe, invero, riferirsi, egli non ha allegato su quali circostanze intendeva essere nuovamente ascoltato, tenuto conto dell’orientamento ormai consolidato di questa Corte sul punto (cfr. al riguardo Cass. 22049/2020 e Cass. 21584/2020).

2. Con il secondo motivo, lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 6 T.U.I.: assume che la Corte territoriale aveva rigettato la domanda di protezione umanitaria, affermando erroneamente che l’istituto era stato abrogato dalla L. n. 132 del 2018 e non tenendo conto che l’abrogazione era intervenuta soltanto per le domande proposte dopo il 5 ottobre del 2018; deduce inoltre che il rigetto non era fondato su una idonea valutazione della sua condizione di integrazione, che doveva ritenersi dimostrata dal fatto che gli si trovava sul territorio italiano già dal 2015, che aveva appreso la lingua italiana e che non aveva riportato condanne penali oltre ad “essersi inserito dal punto di vista socio lavorativo, riuscendo a trovarsi una sistemazione abitativa e da ultimo a stipulare un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che gli consente di vivere in modo dignitoso”(cfr. pag. 9 secondo cpv): lamenta che tali circostanze non erano state affatto considerate dalla Corte territoriale che aveva pertanto applicato erroneamente la norma invocata.

2.1. Il motivo è inammissibile in quanto, in relazione alla prima doglianza proposta, il ricorrente mostra di non aver colto la ratio decidendi della pronuncia impugnata che, soltanto incidentalmente, ha motivato sul merito dell’assenza dei presupposti della fattispecie regolata dalla L. n. 132 del 2018 di conversione del D.L. n. 113 del 2019 (cfr. pag. 6 con incipit “per completezza)”; ma, per il resto, ha argomentato sulla protezione umanitaria assumendo che l’appellante non aveva allegato né i motivi di carattere umanitario, né i profili di vulnerabilità e di integrazione sui quali doveva fondarsi la domanda.

2.2. A fronte di ciò, la censura risulta del tutto generica non avendo affatto riportato, nel motivo di ricorso, quali fossero le doglianze spiegate dinanzi alla Corte territoriale, limitandosi ad enunciare solo genericamente il suo inserimento sul territorio nazionale senza affatto indicare gli elementi sui quali si fondava tale affermazione: il motivo pertanto è privo di specificità ed autosufficienza.

3. Con il terzo motivo, infine il ricorrente deduce l’omessa e carente motivazione su un fatto decisivo per la controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5: assume che era evidente il difetto di motivazione del gravato provvedimento, anche per quanto concerneva il mancato esame della questione posta sulla base del racconto da lui reso dinanzi alla commissione territoriale e cioè quella del contrasto all’omosessualità in (OMISSIS); lamenta anche che la Corte aveva omesso di considerare un fatto decisivo della narrazione del ricorrente cioè la sua amicizia con un omosessuale e la circostanza che era stato trovato in sua compagnia limitandosi ad affermare che tale racconto non era credibile.

3.1. Deduce, al riguardo, che tale omissione ridondava sulla protezione sussidiaria richiesta ed ingiustamente negata, visto che non vi erano motivi per non ritenere il racconto inattendibile tenuto conto del fatto che l’omosessualità in (OMISSIS) era considerata reato.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.3. In primo luogo con esso si deduce una censura non più esistente in quanto D.L. n. 83 del 2012, ex art. 54, comma 1, lett. b) convertito nella L. n. 134 del 2012, non è più consentito criticare la motivazione: la formulazione della norma prevede che ci si possa dolere soltanto dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti (cfr. al riguardo Cass. SU 8053/2014).

3.4. In secondo luogo, la critica non si confronta con la ratio decidendi della statuizione impugnata che aveva specificamente affermato che rispetto alla valutazione di non credibilità del racconto articolata dal tribunale non era stata proposta nessuna censura specifica, idonea a contrapporsi alle argomentazioni validamente spiegate dal primo giudice nell’ambito della motivazione del proprio provvedimento: a fronte di ciò e ad una motivazione che risulta al di sopra della sufficienza costituzionale non è stata riportata né la corrispondente doglianza spiegata in appello (cfr. Cass. SU 7074/2017) né argomenti idonei a contrastare la valutazione di inattendibilità del racconto.

4. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

5. La mancata difesa della parte intimata esime la Corte dalla decisione sulle spese.

6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 17 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2021

 

 

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