Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23569 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. I, 27/10/2020, (ud. 07/07/2020, dep. 27/10/2020), n.23569

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11583/2016 proposto da:

P.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via del

Consolato n. 6, presso lo studio dell’avvocato Serra Massimo, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati Da Villa Marco, Esini

Carlo E., giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Societè Generale SA e Societè Generale Effekten GMBH, in persona

dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, elettivamente

domiciliate in Roma, Corso Vittorio Emanuele II n. 284, presso lo

studio dell’avvocato Fidenzi Eva, che le rappresenta e difende

unitamente agli avvocati Fabbri Raffaello, Greco Massimo Vittorio,

Sada Amilcare, giuste procura in calce al controricorso e procura

speciale per Notaio W.K. di (OMISSIS) – Rep. n. (OMISSIS)

con Apostille del 02.6.2016;

– controricorrenti –

e contro

Sudtirol Bank Ag – Alto Adige Banca S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Arcione n. 71, presso lo studio dell’avvocato Di Brina Leonardo, che

la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 201/2016 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 17/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

07/07/2020 dal Cons. Dott. FALABELLA MASSIMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – P.L. conveniva in giudizio avanti al Tribunale di Ancona Societè Generale Effekten e Societè Generale per sentirle condannare in solido al pagamento della somma di Euro 384.549,68, oltre interessi e rivalutazione. Esponeva che nel maggio 2008 aveva acquistato titoli emessi dalla prima delle indicate società, garantiti dalla seconda e collocati da Alpi Sim s.p.a., ora Alto Adige Banca s.p.a. – Sudtirol Bank AG; l’acquisto, precisava l’attore, era avvenuto “presso gli uffici di (OMISSIS) dei promotori finanziari” del detto collocatore. Sul presupposto che l’operazione doveva intendersi perfezionata fuori sede, P. rilevava che il contratto di negoziazione era privo della clausola relativa al recesso di cui all’art. 30 t.u.f. e che, in conseguenza, l’operazione finanziaria doveva considerarsi nulla.

Le due società convenute si costituivano e veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Alto Adige Banca, che pure si costituiva.

Il Tribunale di Ancona respingeva la domanda.

2. – L’attore soccombente in primo grado interponeva gravame che la Corte di appello di Ancona rigettava, reputando, in sintesi, che l’acquisto fosse stato operato presso Alpi Sim, e non fuori sede.

Osservava la Corte che gli uffici presso cui si era recato l’investitore risultavano essere segnalati al pubblico “tramite insegna e logo dell’intermediario finanziario posti fuori dall’ufficio del promotore”, onde era “logico ritenere che l’appellante fosse pienamente consapevole di essersi recato in un ufficio ove era preposto un professionista addetto al collocamento di strumenti finanziari per conto della (…) appellata”. Il giudice distrettuale osservava come nella nozione di dipendenza ricavata dalla disciplina regolamentare Consob dovesse ricomprendersi anche l’ufficio del promotore finanziario, specie ove, per la presenza, in loco, di segni distintivi, l’investitore potesse prendere atto che il locale costituisse un’articolazione territoriale della società di intermediazione ove veniva stabilmente prestata attività di collocamento di prodotti finanziari.

3. – P.L. ricorre per la cassazione della sentenza della Corte marchigiana e lo fa con una impugnazione basata su due motivi, che è illustrata da memoria. Resistono Societè Generale Effekten, Societè Generale e Alto Adige Banca; quest’ultima ha fatto pervenire memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo oppone la violazione ed errata applicazione dell’art. 30, commi 1 e 3, t.u.f. e dell’art. 1, comma 1, lett. g), reg. Consob n. 16190/2007. Il ricorrente assume che la Corte di merito avrebbe errato nel ritenere che l’ufficio privato dei promotori finanziari di Ancona fosse assimilabile alla sede o alla dipendenza dell’intermediario per il quale all’epoca i detti promotori lavoravano. Ricorda il ricorrente che in base all’art. 1, comma 1, lett. g), reg. Consob n. 16190/2007, per sede o dipendenza si deve intendere “una sede, diversa dalla sede legale dell’intermediario autorizzato, costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi o attività di investimento”; deduce che la Corte di appello avrebbe omesso di verificare se il luogo della negoziazione soddisfacesse i requisiti atti a distinguerla dai “semplici negozi aperti al pubblico”. L’istante imputa, inoltre, alla Corte di Ancona di aver impropriamente creduto che il promotore finanziario Pe.Fr., che aveva avuto il contatto con esso istante, potesse qualificarsi come incaricato del collocamento.

Il secondo motivo denuncia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, nonchè l’illogicità e contraddittorietà della motivazione. Il ricorrente osserva che non poteva essere attribuito alcun valore alle fotografie prodotte da Societè Generale, su cui la Corte aveva fondato la propria decisione: dalle dette fotografie non sarebbe stato possibile desumere, infatti, che, quando fu posta in essere l’operazione oggetto di causa, fuori dall’ufficio di Pe. vi fosse un’insegna riferibile ad Alpi Sim, sicchè – ad avviso dell’istante – non avrebbe fondamento l’assunto del giudice distrettuale per cui, proprio in ragione di tale segno distintivo, l’ufficio del promotore finanziario poteva qualificarsi come sede o dipendenza dell’intermediario.

2. – Il primo motivo è fondato.

2.1. – Va anzitutto disattesa l’eccezione di inammissibilità di Alto Adige Banca, che è basata sulla previsione dell’art. 348 ter c.p.c., u.c. e quindi sulla circostanza per cui le sentenze di primo e di secondo grado si fonderebbero sulle medesime ragioni inerenti a questioni di fatto; il motivo di ricorso non censura infatti la sentenza impugnata per l’omesso esame di un fatto decisivo, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5, onde la norma invocata è nella fattispecie inapplicabile.

2.2. – L’accoglimento del primo mezzo va affermata sulla scorta delle considerazioni che seguono.

2.3. – Secondo l’art. 30, comma 1, t.u.f., nel testo vigente ratione temporis, come modificato dal D.Lgs. n. 164 del 2007, per offerta fuori sede si intendono la promozione e il collocamento presso il pubblico: a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell’emittente, del proponente l’investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento; b) di servizi e attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o l’attività.

Il collocamento designa, in senso generale, il negozio con cui si attua il trasferimento dello strumento finanziario nei confronti del cliente o l’acquisto, da parte di quest’ultimo, del diritto a ricevere servizi e attività di investimento. In tal senso, come precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, la disciplina dell’offerta fuori sede non riguarda il solo caso in cui la vendita fuori sede di strumenti finanziari da parte dell’intermediario sia intervenuta nell’ambito di un servizio di collocamento prestato dall’intermediario medesimo in favore dell’emittente o dell’offerente di tali strumenti, ma anche quando la medesima vendita fuori sede abbia avuto luogo in esecuzione di un servizio d’investimento diverso, ivi compresa l’esecuzione di ordini impartiti dal cliente in esecuzione di un contratto quadro, ove ricorra la stessa esigenza di tutela (Cass. Sez. U. 3 giugno 2013, n. 13905): il collocamento dello strumento finanziario è in altri termini “da intendere in senso ampio, come sinonimo di atto negoziale mediante il quale lo strumento finanziario vien fatto acquisire al cliente e quindi inserito nel suo patrimonio (o, come nel linguaggio del mercato finanziario si usa dire, nel suo portafoglio), a prescindere dalla tipologia del servizio d’investimento che abbia dato luogo a tale operazione” (sent. cit., in motivazione).

L’attività di promozione consiste, invece, nella sollecitazione, nei confronti del cliente, del predetto collocamento di strumenti finanziari o di servizi e attività di investimento. Si tratta, quindi, di un’attività preordinata alla conclusione del negozio in cui consiste il collocamento e tale dimensione funzionale vale a distinguere la promozione dalla semplice pubblicità, che ha, invece, uno scopo di natura prettamente informativa. L’attività consistente nella “mera segnalazione delle denominazione e della sede di un intermediario autorizzato, nonchè nella generica enunciazione dei pregi del medesimo, senza svolgimento di alcuna attività promozionale o contrattuale a favore e nell’interesse dell’intermediario relativamente ai servizi dallo stesso prestati” è stata, del resto, presa in considerazione a più riprese, in passato, dalla Consob, la quale ha avuto modo di rimarcare come essa non rappresenti un’offerta di servizi di intermediazione mobiliare (così: comunicazione n. DI/98069882 del 27 agosto 1998; comunicazione n. DIN/2049119 del 15 luglio 2002).

In questa sede rileva la vera e propria promozione di strumenti finanziari.

In proposito, è importante sottolineare come i soggetti cui è giuridicamente riferibile l’attività di promozione e di collocamento fuori sede di strumenti finanziari vadano individuati, in via generale, sulla base della previsione dell’art. 30, comma 3 t.u.f. (nel testo vigente dal 1 novembre 2007 al 9 aprile 2014, applicabile alla presente controversia), a mente del quale l’offerta fuori sede di tali strumenti può essere effettuata dai soggetti autorizzati allo svolgimento dei servizi previsti dall’art. 1, comma 5, lett. c) e c bis), oltre che dalle SGR (società di gestione del risparmio), dalle società di gestione armonizzata e dalle SICAV (società di investimento a capitale variabile), limitatamente alle quote o azioni di OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio); dell’art. 30, comma 4, precisa, poi, che determinati soggetti, specificamente individuati (imprese di investimento, banche, intermediari finanziari iscritti nell’elenco previsto dall’art. 107 t.u.b., SGR e società di gestione armonizzate), possono effettuare l’offerta fuori sede dei propri servizi e attività di investimento.

Ora, poichè l’offerta fuori sede consiste, in base al comma 1 dell’art. 30, nelle attività di promozione e di collocamento fuori sede, è evidente che il legislatore abbia identificato il “soggetto incaricato della promozione e del collocamento” di strumenti finanziari – di cui alla lettera a) del comma predetto – in uno dei soggetti che, in base ai commi 3 e 4, sono abilitati allo svolgimento dell’attività di offerta fuori sede.

In base a una interpretazione logico-sistematica, è possibile dunque affermare che quando l’art. 30, comma 1, assume che costituisce offerta fuori sede l’attività di promozione e di collocamento di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze del soggetto incaricato della promozione e del collocamento, esso abbia riguardo alle attività di promozione e di collocamento riferibili ad uno dei soggetti abilitati indicati dai commi 3 e 4 del medesimo articolo.

2.4. – E’ da negare, invece, che, per stabilire se si sia o meno in presenza di un’offerta fuori sede, debba guardarsi al promotore finanziario: è cioè da respingere l’idea che un’attività di promozione e di collocamento fuori sede possa essere esclusa attribuendo rilievo al luogo, diverso dalla sede legale o dalla dipendenza dell’intermediario, ma comunque riconducibile al promotore stesso, in cui questi abbia stabilito il contatto con l’investitore.

La conclusione qui ricusata, seguita, invece, dalla Corte di appello, pare fondarsi sulla suggestione indotta dalla semplice assonanza, sul piano lessicale, tra la figura del promotore finanziario e l’attività di promozione di strumenti finanziari (o di servizi e attività di investimento): assonanza che, peraltro, oggi non avrebbe più ragione di essere evocata, dal momento che per l’offerta fuori sede l’intermediario non si avvale più, come in passato, di promotori finanziari, ma di “consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede” (art. 31, comma 1, t.u.f., nel testo modificato dalla L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 39).

L’argomento basato sulla richiamata assonanza non resiste, tuttavia, a un severo vaglio critico, ove pure si guardi alla disciplina applicabile ratione temporis (che demandava ai promotori finanziari l’esecuzione dell’attività di offerta fuori sede).

La disciplina normativa non prende infatti in considerazione i promotori per qualificare l’offerta come in sede o fuori sede, ma i soggetti abilitati che dei promotori si avvalgono. Le prescrizioni, contenute dell’art. 30, commi 3 e 4, di cui si è detto, considerano tale offerta “effettuata” dai soggetti ivi richiamati, cui quindi essa è giuridicamente imputabile; e ciò appare del tutto coerente col rilievo per cui l’attività del promotore è svolta non per conto proprio, ma nell’interesse del soggetto abilitato (in qualità di dipendente, agente o mandatario dello stesso, secondo quanto precisato dall’art. 31, comma 2, nel testo applicabile alla controversia). Ciò che conta, nel sistema della legge, è dunque la coincidenza o meno tra il luogo in cui si svolge la promozione o il collocamento dello strumento finanziario e la sede legale o la dipendenza dell’intermediario abilitato: non già il fatto che tali attività siano state, o non siano state, poste in essere in un qualsiasi ufficio di pertinenza del promotore.

2.5. – Quanto fin qui osservato trova conferma anche in una diversa prospettiva.

L’art. 30, comma 1, lett. a), definisce offerta fuori sede la promozione o il collocamento di strumenti finanziari “in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze (…) del soggetto incaricato della promozione o del collocamento”.

Ebbene, il promotore finanziario è una persona fisica, come si ricava dall’art. 31, comma 2, t.u.f., sicchè, ad esso non è certamente riferibile la previsione dell’attività svolta al di fuori della sede legale, che è invece univocamente riferibile alle società. La sede legale menzionata dalla norma è dunque quella del soggetto abilitato che si avvale del promotore e ciò dimostra, una volta di più, che il legislatore non ha inteso dar riferimento, nell’art. 30 t.u.f., alla persona del promotore per definire l’offerta fuori sede.

La dipendenza è poi definita dall’art. 2, lett. g), reg. Consob n. 16190/2007 come “una sede diversa dalla sede legale dell’intermediario autorizzato, costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi e attività di investimento”. Appare evidente, dal tenore di tale disposizione, che la disciplina regolamentare, per chiarire cosa sia una dipendenza, abbia preso in considerazione le articolazioni territoriali della società intermediaria munite delle indicate connotazioni, e non tutte le unità locali in cui il promotore espleti le attività di promozione o di collocamento. Anche la detta disposizione conferisce dunque centralità alla figura dell’intermediario abilitato: non è infatti sufficiente, per escludere la disciplina dell’art. 30, commi 6 e 7, che il promotore, nell’interesse del soggetto abilitato, ponga in atto l’offerta in un locale di propria pertinenza aperto al pubblico, ma è necessario che tale offerta, ove non eseguita presso la sede legale dell’intermediario, abbia luogo in una unità locale strutturata, nei precisi termini indicati dalla citata normativa regolamentare, come dipendenza del detto soggetto.

Deve escludersi, del resto, che il criterio di cui al cit. art. 2, lett. g), resti inoperante ove la promozione o il collocamento siano affidati a un promotore. Poichè, infatti, per l’offerta fuori sede gli intermediari abilitati si avvalgono sempre di promotori finanziari (art. 31, comma 1, t.u.f.), la richiamata disposizione regolamentare è destinata a disciplinare proprio i casi in cui, per venire in questione un’offerta fuori sede, l’impresa abilitata è tenuta a ricorrere alle prestazioni del promotore. Diversamente, la norma risulterebbe sprovvista di alcun ambito applicativo.

2.6. – In conclusione, la norma primaria, e cioè l’art. 30 t.u.f., e quella secondaria, vale a dire l’art. 2, lett. g), reg. Consob n. 16190/2007, concorrono nel definire l’offerta fuori sede avendo riguardo alla figura dell’intermediario e, segnatamente, alla promozione e al collocamento svolti al di fuori della sede legale o delle dipendenze del detto soggetto. Non è pertanto decisivo, come sopra osservato, che dette attività siano poste in essere nell’ufficio del promotore, occorrendo verificare se tale luogo si collochi all’interno della sede legale o sia parte di una dipendenza del soggetto abilitato. Il considerare fuori sede anche l’offerta attuata dal promotore presso il proprio ufficio, in cui si rechi l’investitore, ma che non sia da qualificare come sede legale o dipendenza dell’intermediario, è in altri termini una conseguenza necessitata del quadro normativo; ai fini del recesso, non ha difatti più rilievo, come un tempo, la sola “vendita a domicilio”, quale prevista dal D.L. n. 95 del 1974, art. 18 ter, comma 2, convertito in L. n. 216 del 1974 – articolo aggiunto dalla L. n. 77 del 1983 – ma ogni attività di promozione e di collocamento che non si attui presso la sede legale o le dipendenze dell’intermediario: e ciò in quanto il legislatore ha inteso elargire all’investitore una più avanzata forma di tutela, destinata ad operare a fronte di ogni operazione di collocamento che, per perfezionarsi fuori da detti locali, debba presumersi non costituisca il frutto di una premeditata decisione dell’investitore, quanto, piuttosto, di una sollecitazione proveniente dai promotori di cui l’intermediario si avvale (cfr. ancora, in termini generali, Cass. Sez. U. 3 giugno 2013, n. 13905, in motivazione, con riferimento all’offerta elaborata fuori dalla sede dell’intermediario).

2.7. – Ha errato, quindi, la Corte di appello nel ritenere, che l’ufficio del promotore finanziario costituisse senz’altro una dipendenza di Alpi Sim (incaricata del collocamento dei titoli), a norma del richiamato regolamento Consob. Al fine di escludere l’applicazione della nullità di cui dell’art. 30, comma 7, non era sufficiente che il locale in cui si era recato l’investitore recasse le insegne della società intermediaria – secondo quanto rilevato dalla Corte marchigiana con affermazione peraltro contestata dal ricorrente col secondo mezzo di censura -, ma era necessario verificare se esso potesse essere qualificato una dipendenza di Alpi Sim in base ai criteri indicati dall’art. 2, lett. g), reg. Consob n. 16190/2007.

2.8. – In accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata va dunque cassata.

3. – Resta assorbito il secondo motivo.

4. – La causa va rinviata alla Corte di Ancona, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del presente giudizio di legittimità.

Il giudice del rinvio dovrà conformarsi al seguente principio di diritto: “Per escludere l’applicabilità della disciplina relativa all’offerta fuori sede di cui all’art. 30 tu.f., nella vigenza del reg. Consob n. 16190/2007, non è sufficiente che la promozione e il collocamento di strumenti finanziari si attuino in luogo di pertinenza del promotore finanziario, ma è necessario che tali attività si perfezionino presso la sede legale dell’intermediario autorizzato, ovvero presso una dipendenza dello stesso, per tale dovendosi intendere l’unità locale costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi e attività di investimento”.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Ancona, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 7 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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