Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23568 del 30/08/2021

Cassazione civile sez. III, 30/08/2021, (ud. 09/03/2021, dep. 30/08/2021), n.23568

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 38201-2019 proposto da:

D.A., rappresentata e difesa dall’avv.to STEFANIA SANTILLI,

(scls.milano.pecavvocati.it) elettivamente domiciliata in Roma,

Piazza Cavour presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2273/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 21/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/03/2021 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. D.A., proveniente dal (OMISSIS), ricorre affidandosi a cinque motivi per la cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Milano che aveva respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata rigettata la domanda di protezione internazionale declinata in tutte le forme gradate, in ragione del diniego a lui opposto in sede amministrativa dalla competente Commissione territoriale.

1.1. Per ciò che qui interessa, il ricorrente aveva narrato di essere stato costretto a lasciare il proprio paese per i maltrattamenti e le minacce di morte provenienti dallo zio che lo voleva punire perché egli aveva usato la sua motocicletta (investendo accidentalmente un bambino) danneggiandola.

2. Il Ministero dell’Interno ha depositato “atto di costituzione” non notificato al ricorrente, chiedendo di poter partecipare alla eventuale udienza di discussione della causa ex art. 370 c.p.c., comma 1.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché il travisamento e l’omessa valutazione di tutti gli elementi di fatto e della situazione sociopolitica del (OMISSIS).

1.1. Assume che la carenza motivazionale della sentenza della Corte si evinceva anche dalla brevità del provvedimento con il quale i giudici d’appello erano incorsi nelle stesse omissioni “degli organi che l’hanno preceduta nella valutazione del caso dell’odierno ricorrente” (cfr. pag. 8 del ricorso), omettendo di valorizzare tutti gli aspetti della vicenda narrata, quali la persecuzione da parte dello Stato e dello zio nell’incidente in moto, la pregressa incarcerazione e la diffusa corruzione esistente in (OMISSIS) anche fra le forze dell’ordine.

1.2. Il motivo è inammissibile.

1.3. In primo luogo, infatti, esso in rubrica prospetta un vizio non più esistente in quanto la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è stata modificata a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 134 del 2012, essendo da allora consentito dedurre soltanto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e non essendo più possibile criticare la motivazione per eventuali insufficienze o contraddittorietà a meno che esse non configurino una illogicità tanto grave da renderla apparente e, pertanto, nulla ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (cfr. Cass. SU 8053/2024).

1.4. Nel caso in esame il percorso argomentativo della Corte, pur sintetico, è al di sopra della sufficienza costituzionale; e ciò si aggiunge che la censura risulta inosservante del principio della critica vincolata che informa il giudizio di cassazione, in quanto sono confusamente prospettate censure relative alla credibilità del racconto, alla protezione sussidiaria ed a quella umanitaria, senza alcuna precisa riconduzione alla ratio decidendi della pronuncia e senza contrapporre elementi concreti idonei a contraddirla.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione della Convenzione di Ginevra, della direttiva 2004/83/CE, attuata con D.Lgs. n. 251 del 2007 ed, in particolare, artt. 2,7,8 e 14 e del D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3.

2.1. Lamenta il mancato riconoscimento dello stato di rifugiato e deduce, indicando un diverso nome del ricorrente (Diaby) che la Corte aveva omesso di considerare la sua inclinazione politica.

2.2. Il motivo è inammissibile, in quanto, oltre all’evidente travisamento della vicenda oggetto della presente controversia, la Corte ha affermato che la fattispecie invocata (cfr. pag. 5 primo cpv) non era mai stata domandata in sede giudiziaria e, pertanto, risulta del tutto nuova nel presente giudizio di legittimità, in assenza della precisa indicazione della censura che sarebbe stata proposta e che i giudici d’appello avrebbero erroneamente apprezzato.

3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione ed errata applicazione, in particolare, del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 14, lett. c), nonché D.Lgs. 25 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, nonché dei parametri normativi per la definizione del danno grave e del ricorso alla protezione interna, vista la legislazione vigente nel paese di origine.

3.1. Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con la ratio decidendi della motivazione impugnata.

3.2. Premesso, infatti che la Corte, con motivazione al di sopra della sufficienza costituzionale, ha affermato che non era provata l’esistenza di alcun procedimento penale nei confronti del ricorrente né era stata dimostrata l’esistenza dell’incidente stradale che, sotto il profilo fattuale, rimaneva allo stato di mera allegazione, così come anche il danneggiamento della moto; e che, pertanto, doveva ritenersi che non ricorressero i presupposti della misura invocata, si osserva che il ricorrente ha prospettato censure talmente generiche da non riuscire a superare la valutazione negativa della Corte in termini di allegazione, tenuto conto che:

a. trattandosi di un giudizio di inattendibilità del racconto, esso ridonda, in relazione alle fattispecie D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, ex art. 14, lett. a) e b), per le quali la credibilità dei fatti narrati assume un ruolo centrale, sulla successiva indagine relativa alle condizioni del paese di origine del ricorrente che ben può essere omessa dal giudice di merito, dovendosi pertanto escludere l’inadempimento del dovere di cooperazione istruttoria: oltretutto, trattandosi di una vicenda privata, rispetto alla quale il ricorrente lamenta un sistema di tutele inadeguato, egli avrebbe dovuto quanto meno allegare e provare di averla richiesta, risolvendosi, altrimenti, la censura in una mera enunciazione (cfr. Cass. 23281/2020);

b. quanto all’art. 14, lett. c), si osserva che la motivazione della Corte volta ad escludere un conflitto armato nell’accezione coniata dalla giurisprudenza Eurounitaria, è stata esclusa sulla base di informazioni tratte da fonti ufficiali attendibili ed aggiornate (cfr. pag. 6 e 7 della sentenza impugnata).

4. Con il quarto motivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 5, comma 6 per motivazione apparente in relazione alla domanda di protezione umanitaria ed alla valutazione di assenza di specifica vulnerabilità, nonché l’omesso esame di fatti decisivi in relazione alla fattispecie.

4.1. Lamenta altresì, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, artt. 3, 4, 7,14,16 e 17, nonché dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e dell’art. 10 Cost.

4.2. Il motivo è inammissibile per assoluta genericità in quanto nulla di concreto viene allegato, in contrapposizione alla decisione della Corte, sugli elementi del giudizio di comparazione, quali l’integrazione e la vulnerabilità, tenuto conto che sul primo elemento la Corte ha reso una motivazione con la quale ha escluso la loro idoneità a configurare l’integrazione nel contesto di accoglienza (cfr. pag. 8 della sentenza): trattasi di valutazione di merito che non è stata validamente contrastata con elementi concreti e che, pertanto, deve ritenersi insindacabile in sede di legittimità.

5. Con il quinto motivo, il ricorrente deduce, infine, “la violazione ed erronea applicazione del T.U. spese di giustizia con conseguente illegittima revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio”.

5.1. Il motivo è inammissibile in quanto è stato da ultimo chiarito che “in tema di patrocinio a spese dello Stato nei processi civili, la competenza a provvedere sulla revoca del provvedimento di ammissione a detto patrocinio in relazione al giudizio di cassazione spetta al giudice del rinvio ovvero – per le ipotesi di definizione del giudizio diverse dalla cassazione con rinvio – al giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato; quest’ultimo, ricevuta copia della sentenza della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 388 c.p.c., è tenuto a valutare la sussistenza delle condizioni previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 136 per la revoca dell’ammissione” (cfr. Cass. SU 4315/2020).

6. In conclusione, il ricorso è inammissibile.

7. Non sono dovute spese, atteso che il ricorso viene deciso in adunanza camerale, in relazione alla quale – assente la discussione orale – l’atto di costituzione del Ministero risulta irrilevante ex art. 370 c.p.c., comma 1.

8. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello cui è tenuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

PQM

La Corte,

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso proposto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte di cassazione, il 9 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 30 agosto 2021

 

 

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