Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23567 del 11/11/2011
Cassazione civile sez. III, 11/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23567
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 22857/2010 proposto da:
S.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA ANTONIO MUSA 12-A, presso lo studio dell’avvocato PERTICA
Fabrizio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABBRO
PIERLUIGI giusta delega in atti;
– ricorrente –
e contro
REPUBBLICA ITALIANA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 541/2009 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,
depositata il 05/11/2009; R.G.N.228/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
29/09/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato PERTICA FABRIZIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’accoglimento.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S.A. ha chiesto, sulla base un unico, complesso motivo di ricorso, la cassazione della sentenza della corte di appello di Trieste con la quale era stata dichiarata la prescrizione del diritto da lui vantato in qualità di medico specializzato – sì come iscritto alla scuola di specializzazione in psichiatria presso l’università degli studi di Trieste in epoca anteriore al 1991 – alla remunerazione prevista dalla Direttiva comunitaria del 26.1.1982, per avere la corte territoriale ritenuto applicabile, nella specie, il relativo termine decennale, in applicazione del dictum delle sezioni unite di questa corte di cui alla sentenza 9147/09, prescrizione il cui dies a quo era stato peraltro collocato dal giudice triestino alla data del 1991, anno di entrata in vigore del D.Lgs. n. 257.
La Repubblica italiana, intimata, non ha svolto attività difensiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso, articolato in un unico, complesso motivo di censura, è fondato.
La doglianza attiene, nel suo complesso e sotto vari e articolati profili, alla questione del termine prescrizionale del diritto vantato dal ricorrente in relazione alla natura della violazione imputata allo Stato italiano e, in particolare, del relativo dies a quo.
Essa merita integrale accoglimento.
E’ noto come, nelle more del giudizio, sia intervenuto, in subiecta materia, il dictum delle sezioni unite di questa Corte (Cass. 9147/09), che, con riguardo alla pretesa vantata dagli odierni ricorrenti, discorrono di un’obbligazione di tipo indennitario da atto lecito (sul piano interno) dello Stato: afferma, difatti, la Corte che, in caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di Giustizia, il diritto degli interessati al risarcimento dei danni che va ricondotto – anche a prescindere dall’esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria – allo schema della responsabilità per inadempimento dell’obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell’ordinamento comunitario ma non anche alla stregua dell’ordinamento interno. Ne consegue che il relativo risarcimento, avente natura di credito di valore, non è subordinato alla sussistenza del dolo o della colpa e deve essere determinato, con i mezzi offerti dall’ordinamento interno, in modo da assicurare al danneggiato un’idonea compensazione della perdita subita in ragione del ritardo oggettivamente apprezzabile, restando assoggettata la pretesa risarcitoria, in quanto diretta all’adempimento di una obbligazione ex lege riconducibile all’area, della, responsabilità contrattuale, all’ordinario termine decennale di prescrizione.
Le sezioni unite della Corte non hanno, peraltro, affrontato il tema dell’exordium praescriptionis. La questione del dies a quo dell’exordium praescriptionis del diritto vantato dai medici specializzati è stata invece affrontata e risolta da questa sezione con la recente sentenza n. 18013 del 2011, che ha argomentatamente e condivisibilmente stabilito che esso va senz’altro collocato alla data di entrata in vigore della L. n. 370 del 1999, dovendosi ritenere legittima l’inerzia precedente a tale data da parte degli aventi diritto.
Da tale giurisprudenza, che va in questa sede ulteriormente confermata, il collegio non ha motivo per discostarsi.
La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata entro i limiti di cui in motivazione, con rinvio del procedimento alla corte di appello di Trieste che, in diversa composizione, provvederà anche alla disciplina delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Trieste in altra composizione.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011