Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23560 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23560

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3042-2015 proposto da:

S.V. SRL, in persona del proprio legale rappresentante pro

tempore;

GUNAD SRL, in persona del proprio Presidente del consiglio di

amministrazione e legale rappresentante pro tempore;

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo

studio dell’avvocato FRANCESCO RUGGERI, rappresentate e difese

dall’avvocato DANIELE ANDREA PORRU giusta procura a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, c.f. (OMISSIS), in persona del Direttore

pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 15664/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, emessa il 19/05/2014 e depositata il 09/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. STEFANO SCHIRO’.

Fatto

FATTO E DIRITTO

LA CORTE,

A) rilevato che è stata depositata in cancelleria, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., la seguente relazione ritualmente comunicata alle parti: “La quinta sezione della Corte di cassazione ha respinto (con sentenza n. 15664/2014 depositata il 9.7.2014) il ricorso per cassazione proposta da “Gu.Nad srl” e ” S.V. srl” nei confronti dell’Agenzia delle entrate, avverso la sentenza della CTR di Roma n. 127.2007 (depositata il 6.2.2008) che, pronunciando in ordine alla sentenza della locale CTP che aveva accolto il ricorso della parte contribuente, ha respinto l’impugnazione delle cartelle di pagamento notificate alle menzionate parti contribuenti.

La decisione della Corte è fondata, quanto al quarto motivo di impugnazione (intestato a nullità della sentenza per violazione del contraddittorio necessario nei confronti del concessionario della riscossione), sull’infondatezza dello stesso giacchè la tardiva notificazione della cartella non costituisce vizio proprio della stessa, con conseguente legittimazione passiva del titolare del credito tributario e non configurabilità del litisconsorzio necessario. i1nalogamente per quanto riguarda l’altro aspetto controverso (mancata indicazione nella cartella dell’organo presso il quale promuovere il riesame dell’atto in sede di autotutela), giacchè quella censurata non era l’attività propria del concessionario ma la correttezza dell’attività amministrativa di definizione dei modelli di cartella ai quali i concessionari si devono attenere.

La anzindicata parte contribuente ha proposto ricorso per revocazione di detta pronuncia, affidandolo a unico motivo.

L’Agenzia ha resistito con controricorso.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380-bis e 391-bis c.p.c. assegnato allo scrivente relatore – può essere definito con ordinanza, ai sensi degli art. 391-bis e 375 c.p.c..

Infatti, con il motivo di revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4 la ricorrente assume che la Corte era incorsa in “errore di fatto revocabile” siccome la decisione sul quarto motivo è fondata sulla erronea supposizione di un fatto idonea a costituire motivo di revocazione (perchè escluso dallo stesso tenore letterale della sentenza) e cioè che l’impugnazione della cartella avrebbe avuto ad oggetto solo vizi riguardanti la sfera di competenza dell’Agenzia delle entrate, mentre emergeva dalla stessa sentenza della Corte (al punto 4.2.) che l’impugnazione aveva ad oggetto anche vizi propri della cartella.

Il motivo appare in ammissibilmente formulato.

Ed invero, la questione prospettata dalla parte ricorrente non risulta attenere ad alcuna supposizione di un fatto la cui verità è incontra stabilmente esclusa, sibbene ad una valutazione giuridica compiuta dalla Corte, nella parte in cui (al punto 4.2. della motivazione della sentenza impugnata) ha escluso che l’impugnazione della cartella di pagamento attenesse a vizi propri della stessa (per quanto i vizi denunciati siano stati correttamente identificati), evidenziando che non era – concretamente – censurata l’attività del concessionario ma “la correttezza dell’amministrazione attiva del fisco nel definire i modelli ai quali i concessionari si devono attenere”.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per inammissibilità;

B) osservato che, in seguito al deposito della relazione, è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio con rituale comunicazione alle parti; che non sono state depositate conclusioni scritte o memorie ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c.; che con provvedimento del Presidente titolare della Sesta sezione civile in data 5 settembre 2016 è stata disposta la sostituzione del relatore e che, a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso le considerazioni esposte nella relazione in atti;

rilevato che, in base alle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e che le spese processuali, da liquidarsi in solido come in dispositivo, seguono la soccombenza; ritenuto altresì che, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore imposto a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis;

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna in solido le ricorrenti al pagamento in favore dell’Agenzia delle entrate delle spese processuali, che si liquidano in Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrente, dell’ulteriore imposto a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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