Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2356 del 03/02/2020

Cassazione civile sez. lav., 03/02/2020, (ud. 24/10/2019, dep. 03/02/2020), n.2356

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16188/2014 proposto da:

C.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato FABIO CARDONE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

Presidente e legale rappresentante pro 3331 tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentato difeso dagli avvocati ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO, DE ROSE EMANUELE, CARLA D’ALOISIO, GIUSEPPE

MATANO;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 618/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 22/11/2013 R.G.N. 594/2013.

Fatto

RILEVATO

che:

1. la Corte d’Appello di Genova confermava la sentenza del Tribunale di Imperia che aveva rigettato l’opposizione proposta da C.R. avverso la cartella esattoriale notificatagli da Equitalia Sestri spa per l’importo di Euro 28.209,82 richiesti a titolo di contributi INPS, somme aggiuntive e sanzioni relativi al lavoratore D.B.R. per il periodo dal 1998 al 2002.

2. La Corte disattendeva le argomentazioni dell’appellante secondo le quali non risultava dimostrato che il D.B. avesse lavorato per il C. anche dal 1998 al 2001. Argomentava che l’appellante aveva inizialmente negato in toto la prestazione lavorativa del D.B., e che la sua decorrenza aveva trovato conforto nelle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede ispettiva, assumibili ai fini della decisione in quanto non risultava che il D.B. avesse reclamato alcunchè nel confronti dei C. nè che la sua posizione previdenziale potesse trarre vantaggio dal riconoscimento del periodo in questione sul piano retributivo. Il teste S. – che pure aveva lavorato per il C. in nero e poi definito la vertenza in via conciliativa, come riportato dal teste P. – aveva inoltre riferito di aver iniziato a lavorare nel 2002 ma di avervi già trovato il D.B.. Tali assunti non erano contrastati da altre testimonianze, rese da testimoni che ben potevano avere ignorato che il D.B. lavorasse in cantieri diversi da quelli in cui essi si erano momentaneamente trovati.

3. Per la Cassazione della sentenza C.R. ha proposto ricorso, affidato ad un unico articolato motivo. L’INPS si è costituito con procura speciale in calce alla copia notificata del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. a fondamento del ricorso viene dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 111 Cost. (nullità della sentenza per difetto di motivazione) nonchè la violazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 2727 e 2729 c.c.. Il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, nel desumere da quanto riferito dal teste S. relativo all’anno 2002 che la prestazione lavorativa del D.B. avesse avuto inizio nell’anno 1998 e fosse continuata negli anni successivi, avrebbe realizzato una violazione delle norme in materia di presunzioni. Sostiene inoltre che la dichiarazione resa dal presunto lavoratore agli ispettori non abbia alcun valore probatorio.

5. Il motivo non è fondato.

In tema di prova per presunzioni, basta qui ribadire che il giudice, dovendo esercitare la sua discrezionalità nell’apprezzamento e nella ricostruzione dei fatti in modo da rendere chiaramente apprezzabile il criterio logico posto a base della selezione delle risultanze probatorie e del proprio convincimento, è tenuto a seguire un procedimento che si articola necessariamente in due momenti valutativi: in primo luogo, occorre una valutazione analitica degli elementi indiziari per scartare quelli intrinsecamente privi di rilevanza e conservare, invece, quelli che, presi singolarmente, presentino una positività parziale o almeno potenziale di efficacia probatoria; successivamente, è doverosa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi siano concordanti e se la loro combinazione sia in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. Ne consegue che elementi acquisiti in giudizio, pur singolarmente sforniti di valenza indiziaria, possono assumerla ove valutati nella loro sintesi, nel senso che ognuno venga rafforzato e tragga vigore dall’altro in un rapporto di vicendevole completamento (Cass. n. 9108 del 06/06/2012, Cass. n. 5374 del 02/03/2017, Cass. n. 9059 del 12/04/2018).

6. Ciò ha fatto il giudice di merito, utilizzando ai fini della decisione gli elementi desumibili dal compendio istruttorio nella loro globalità.

7. Allo scopo, ben erano utilizzabili anche le dichiarazioni rese in sede di accertamento ispettivo, considerato che, pur non essendo forniti di efficacia probatoria privilegiata in ordine alle circostanze di fatto che essi segnalino di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese da terzi, nè in ordine alla veridicità del contenuto di quanto agli ispettori riferito, i verbali ispettivi possono fornire utili elementi di valutazione anche sotto tale aspetto nell’eventuale successivo giudizio di opposizione, costituendo elementi di convincimento con i quali il giudice deve criticamente confrontarsi (Cass. n. 15208 del 03/07/2014).

8. Se è vero poi che nel giudizio tra datore di lavoro ed ente previdenziale, avente ad oggetto il mancato pagamento di contributi, qualora sorga contestazione sull’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, presupposto dell’obbligo contributivo, sussiste l’incapacità a testimoniare del lavoratore i cui contributi siano stati omessi, ciò non esclude, tuttavia, che il giudice, avvalendosi dei poteri conferitigli dall’art. 421 c.p.c., possa interrogarlo liberamente sui fatti di causa (Cass. n. 1256 del 25/01/2016); ciò comporta che le sue dichiarazioni, anche rese in sede ispettiva, possono fornire al giudice elementi sussidiari di convincimento utilizzabili ai fini del riscontro e della valutazione delle prove già acquisite (Cass. n. 12500 del 26/08/2003, n. 1895 del 27/01/2009).

9. Sfugge quindi al sindacato di legittimità la valutazione compiuta dal giudice di merito che ha posto a confronto le dichiarazioni rese dai testimoni in giudizio e dagli informatori in sede di accertamento ispettivo, fornendo dell’esito di tale valutazione compiuta motivazione, sindacabile nei soli limiti del novellato art. 360 c.p.c., n. 5.

10. Segue coerente il rigetto del ricorso.

11. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, in assenza di attività difensiva della parte intimata.

12. Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.Lgs. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2020

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