Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2356 del 03/02/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2356 Anno 2014
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: CARACCIOLO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso 15452-2012 proposto da:
HOTEL RISTORANTE ZI CARMELA DI VITO ELIA & C. SAS,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la
CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvcoati PAOLO DE
VINCENZO, LUCCI MARIO giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
AGENZIA DEL TERRITORIO, in persona del Direttore Generale
in carica pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 03/02/2014

avverso la sentenza n. 214/46/2011 della COMMISSIONE
TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI DEL 26/04/2011,
depositata il 18/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
18/12/2013 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE

CARACCIOLO.

Ric. 2012 n. 15452 sez. MT – ud. 18-12-2013
-2-

La Corte, ritenuto
che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la
seguente relazione:
Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo,

Osserva:
La CTR di Napoli ha respinto il ricorso in revocazione proposto da “Hotel Ristorante
Zi Carmela sas” avverso la sentenza di appello della medesima CTR n.104-45-2009
che, pronunciando in ordine all’appello contro la sentenza della locale CTP che
aveva respinto il ricorso della parte contribuente, ha confermato l’avviso di
accertamento catastale con cui l’Agenzia del Territorio aveva rettificato i dati
risultanti in catasto circa l’immobile di proprietà della parte contribuente sito in
Ischia e destinato ad attività turistico-ricettiva, aumentando il valore della rendita ad €
44.421,46.
La predetta CTR ha motivato la decisione di rigetto dell’azione revocatoria
evidenziando sia che l’accertamento doveva considerarsi ben motivato (e che peraltro
nella sentenza oggetto di revocazione era esplicitamente indicato che era stato
adoperato il metodo della comparazione con altri beni di caratteristiche similari), sia
che nell’istanza di revocazione non ricorrevano i presupposti richiesti dall’art.64 del
D.Lgs. 546/1992, atteso che la sentenza “non presenta gli elementi presuntivi previsti
ai numeri 1,2,3 e 6 dell’art.395 cpc, né errori materiali che danno spazio al
contribuente per il richiesto giudizio di revocazione”.
La parte contribuente ha interposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia resiste con controricorso.
Il ricorso — ai sensi dell’art.380 bis cpc assegnato allo scrivente relatore- può essere
definito ai sensi dell’art.375 cpc.

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letti gli atti depositati

Infatti, con il primo motivo di ricorso (centrato sulla violazione dell’art.395 e
dell’art.112 cpc) la parte ricorrente —sulla premessa di avere invocato davanti al
giudice della revocazione che “la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante
dagli atti o documenti della causa”- lamenta che il predetto giudice aveva omesso di
considerare gli errori commessi dalla Commissione Regionale e consistenti: a)

comparazione “non possono qualificarsi come similari per tutti i motivi ben esposti e
rappresentati nel ricorso per revocazione, ai quali si rimanda integralmente”; b)
nell’avere ritenuto “che i cespiti indicati dalla contribuente non potessero considerarsi
come similari rispetto all’Hotel”.
Il motivo di ricorso appare infondato.
L’art.395 n.4 cpc, che la parte ricorrente ha invocato a sostegno dell’azione di
revocazione, prevede infatti che l’errore revocatorio deve avere ad oggetto un fatto
“che non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare”.
Dalla descrittiva delle vicende processuali si evince invece che entrambi i fatti di cui
la parte qui ricorrente fa menzione furono oggetto dell’esame giudiziale, siccome
costituenti il nucleo delle questioni sottoposte al giudizio, caratterizzate dalla verifica
della correttezza del metodo “comparativo” sul quale l’avviso impugnato si fonda. In
particolare, dalla motivazione della sentenza di primo grado (riportata dalla parte
ricorrente a pagina 16 del ricorso per cassazione, penultimo e terzultimo capoverso)
si evince che già il primo giudice ebbe ad occuparsi della correttezza del metodo
comparativo di cui si è detto, ciò che costituisce sintomo inequivocabile del fatto che
la questione è stata oggetto di confronto giudiziale tra le parti.
Il giudice del merito ha perciò correttamente ritenuto che non sussistono i presupposti
richiesti dall’art.395 cpc per valutare la fondatezza dell’errore di fatto invocato dalla
odierna parte ricorrente.
Con il secondo motivo di impugnazione (centrato sul vizio di motivazione) la parte
ricorrente si duole del fatto che il giudice adito in revocazione non si sia espresso

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nell’avere omesso di considerare il fatto che i beni utilizzati dall’Ufficio per la

sulla dedotta questione, e cioè l’errore di fatto costituente oggetto del motivo di
revocazione contemplato dal n.4 dell’art.395 cpc.
Ancor prima che inammissibile (poiché non è stato dedotto il fatto controverso che
solo può costituire l’oggetto del vizio argomentativo a cui si riferisce l’archetipo del
n.5 dell’art.360 cpc) il motivo di impugnazione è manifestamente infondato, atteso

sulla quale la parte oggi ricorrente lamenta elusione di giudizio, e cioè la inesistenza
di “errori materiali che danno spazio al contribuente per il richiesto giudizio di
revocazione”.
Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per
manifesta infondatezza ed inammissibilità.
Roma, 10 aprile 2013

ritenuto inoltre:
che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati
delle parti;
che nessuna delle parti ha depositato memoria illustrativa;
che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i
motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite
di questo grado, liquidate in € 3.500,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma il 18 dicembre 2013.

che la sentenza qui impugnata reca una chiara statuizione in ordine alla questione

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