Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23559 del 11/11/2011

Cassazione civile sez. III, 11/11/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 11/11/2011), n.23559

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Presidente –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8031/2008 proposto da:

FI.ME – FINANZIARIA MERIDIONALE S.P.A. (già FIME IN LIQUIDAZIONE)

(OMISSIS), in persona del Direttore Generale Dr. D.

G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE QUATTRO FONTANE

10, presso lo studio dell’avvocato GHIA LUCIO, che la rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrenti –

contro

ENTE SICILIANO PER LA PROMOZIONE INDUSTRIALE – E.S.P.I. IN

LIQUIDAZIONE (OMISSIS), in persona del Suo COMMISSARIO

LIQUIDATORE PROF. AVV. A.R., elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA AUGUSTO IMPERATORE 22, presso lo studio dell’avvocato

CUCCIA ANDREA, rappresentato e difeso dall’avvocato SCIARRINO Luigi

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

PRESIDENZA DELLA REGIONE SICILIANA (OMISSIS), ASSESSORATO

ALL’INDUSTRIA DELLA REGIONE SICILIANA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1229/2007 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 19/12/2007, R.G.N. 77/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato DANIELA CIARDO per delega;

udito l’Avvocato ANDREA CUCCIA per delega;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fatti di causa possono così ricostruirsi sulla base della sentenza impugnata.

Con citazione notificata nel febbraio 1994 FI.ME. Finanziaria Meridionale s.p.a. – convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo la Regione Siciliana, l’Ente Siciliano per lo Sviluppo Industriale – E.S.P.I. – nonchè l’Assessorato all’Industria della Regione Siciliana, chiedendone la condanna al pagamento della somma di L. 2.000.000.000, pari al valore della sua quota di partecipazione nella s.p.a. SIRAP – Siciliana Incentivazioni Reali per Attività Produttive.

Dedusse che la predetta società, partecipata in misura paritetica da essa e da E.S.P.I., era stata costituita in attuazione della L.R. 5 agosto 1982, n. 105, art. 53; che, per sostenere i costi di gestione, era stato costituito presso E.S.P.I. un fondo di gestione, incrementato annualmente con finanziamenti stanziati dalla Regione;

che con lettera del 24 giugno 1993 il Presidente dell’Ente territoriale aveva tuttavia comunicato la sospensione delle erogazioni; che conseguentemente SIRAP era stata posta in liquidazione e poi dichiarata fallita; che l’inadempimento della Regione agli obblighi di finanziamento assunti al fine di garantire l’integrità del capitale sociale, da considerarsi condizione risolutiva della sua partecipazione, le aveva procurato i danni di cui veniva ora a chiedere il ristoro.

I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse pretese.

Con sentenza del 10 settembre 2004 il giudice adito rigettò la domanda.

Il gravame principale proposto da FI.ME e quello incidentale della Regione Siciliana sono stati respinti dalla Corte d’appello in data 19 dicembre 2007.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione FI.ME. s.p.a., formulando tre motivi, con pedissequi quesiti, e notificando l’atto a E.S.P.I., alla Presidenza della Regione Siciliana e all’Assessorato all’Industria.

Solo la prima ha notificato controricorso, mentre nessuna attività difensiva hanno svolto gli altri intimati.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Con il primo motivo l’impugnante denuncia, ex art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 5, violazione dei principi in materia di rapporti obbligatori e di tutela dei diritti di credito, nonchè vizi motivazionali.

Oggetto delle critiche è l’assunto del giudice di merito secondo cui la Regione non aveva assunto nei confronti di FI.ME. alcun obbligo di ripianare eventuali disavanzi di bilancio di SIRAP, di talchè nessun inadempimento poteva la società attrice lamentare. Nè era ipotizzabile, secondo il decidente, una responsabilità aquiliana dell’Ente per lesione esterna del credito, non essendo neppure l’E.S.P.I. contrattualmente obbligata nei confronti di FI.ME. Secondo l’esponente tale iter argomentativo ignorerebbe gli obblighi assunti dalla Regione Siciliana, correlati, l’uno, alla costituzione del capitale sociale di SIRAP; l’altro, a interventi finanziari destinati a coprire di anno in anno eventuali sbilanci, tenendo indenne la società dalle refluenze dei costi e degli oneri sopportati per i servizi resi, di talchè il mancato versamento dei fondi necessari al ripianamento delle perdite nelle casse di E.S.P.I. era comportamento colpevole, produttivo di danni, dei quale la Regione doveva rispondere. In particolare, considerato che la garanzia dell’integrità del capitale sociale di SIRAP era presupposto essenziale della sua partecipazione alla stessa, non poteva negarsi che la Regione fosse negozialmente vincolata nei confronti di E.S.P.I., e quindi di FI.ME., alla erogazione dei finanziamenti, e dovesse altresì rispondere, ex art. 2043 cod. civ., del danno subito da FI.ME. per effetto della perdita di valore della sua partecipazione azionaria.

1.2 Con il secondo mezzo si deduce violazione degli artt. 652 e 654 cod. proc. pen., nonchè mancanza e insufficienza della motivazione su un punto decisivo della controversia.

Le critiche si appuntano contro il mancato riconoscimento della efficacia di giudicato alla sentenza di assoluzione emessa dal Tribunale di Palermo il 3 gennaio 2000, sentenza che, avendo accertato la responsabilità della Regione nel dissesto economico di SIRAP, non poteva non fare stato nel presente procedimento, posto che in questo si controverteva intorno a diritti il cui riconoscimento dipendeva dall’accertamento degli stessi fatti materiali oggetto del procedimento penale.

1.3 Con il terzo motivo la ricorrente lamenta violazione dell’art. 1358 cod. civ., nonchè vizi motivazionali con riferimento all’affermazione della Curia palermitana secondo cui dai documenti versati in atti non si evinceva affatto che la Regione avesse assunto, all’atto della costituzione di SIRAP, un obbligo di ripianamento delle perdite nè che la partecipazione alla stessa di FI.ME. fosse stata sottoposta alla condizione risolutiva della garanzia della integrità del capitale sociale.

Secondo l’esponente, tali fatti erano invece pacifici in causa, di talchè, in pendenza della condizione, sia l’E.S.P.I. che la Regione avrebbero dovuto comportarsi secondo correttezza e buona fede, ex art. 1358 cod. civ..

2 Le censure svolte nel primo e nel terzo motivo di ricorso, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate, e tanto anche a prescindere dai profili di astrattezza e di genericità dei quesiti formulati a chiusura dei relativi mezzi.

L’impugnante torna per vero a sostenere che la responsabilità della Regione Siciliana deriva dall’inadempimento degli obblighi posti a carico dell’ente territoriale dalla L.R. 15 maggio 1991, n. 23, obblighi consistenti, per quanto qui interessa, nel ripianamento a fondo perduto, e per tutta la durata della vita della società, di eventuali sbilanci, e cioè delle perdite di SIRAP. Siffatta responsabilità viene alternativamente prospettata, con una certa confusione e ridondanza argomentativa, ora come di natura contrattuale, in quanto correlata all’inadempimento di un’obbligazione assunta dalla Regione direttamente nei confronti di FI.ME., ora come di carattere extracontrattuale, in quanto derivante dalla mancata esecuzione di impegni inerenti a rapporti obbligatori collegati, rapporti i cui soggetti sarebbero, da un lato, la Regione ed E.S.P.I.; dall’altro, E.S.P.I. e FI.ME. 3 Premesso che ogni rilievo in ordine alla titolarità in capo a FI.ME., in quanto socia di SIRAP, del diritto al risarcimento del danno subito dalla sua quota di partecipazione, in conseguenza dei pregiudizi inferti alla società partecipata dal fatto illecito del terzo (titolarità esclusa da Cass. sez. un. 24 dicembre 2009, n. 27346), è precluso dalla mancata impugnazione della positiva valutazione fattane dal giudice di merito, osserva il collegio che le critiche qui sinteticamente esposte sono generiche e aspecifiche.

E invero esse, in spregio alla regola per cui i motivi del ricorso per cassazione devono avere i caratteri di specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (confr. Cass. civ. 25 settembre 2009, n. 20652), ignorano del tutto le argomentazioni svolte dal giudice di merito sia in ordine alla impossibilità di individuare, nella previsione di contributi commisurati alle spese di gestione non coperte in bilancio da corrispondenti ricavi (di cui al comma 2, art. 4 della L.R. in discorso), la fonte di un rapporto obbligatorio di cui sarebbero parte, la Regione medesima, in qualità di debitore, e, alternativamente o cumulativamente, FI.ME. e/o E.S.P.I., in qualità di creditori; sia in ordine al rilievo che, nell’eziologia dei fatti che determinarono il blocco dei finanziamenti regionali, assunsero, da un lato, la decisione della Commissione di Giustizia delle Comunità Europee del 20 aprile 1994, dichiarativa della illegittimità degli aiuti di Stato alle imprese (così testualmente nella sentenza impugnata); dall’altro, la disordinata gestione di SIRAP, in presenza della quale era doveroso per la Regione esercitare una più penetrante verifica della congruità e della razionalità delle spese dichiarate, prima di autorizzare l’erogazione di ulteriori contributi.

4 Sotto un ulteriore e concorrente profilo va poi osservato che del tutto condivisibile è l’esegesi della legge regionale posta a base della scelta decisoria adottata dalla Corte d’appello. Valga al riguardo considerare che la previsione di incrementi annuali al fondo a gestione separata istituito presso l’E.S.P.I. è previsione che, ragionevolmente, autorizzare ma non obbligava l’ente a erogare le somme necessarie a ripianare le perdite della società costituita in attuazione della L.R. 5 agosto 1982, n. 105, art. 53, e cioè di SIRAP (L.R. 15 maggio 1991, n. 23, art. 4, comma 1), e men che mai a erogarle tout court, senza alcun controllo sull’uso che di quelle risorse facevano i destinatari. Ed è significativo che l’impugnante si sia limitato a reiterare, in maniera puramente assertiva, la doverosità della elargizione dei finanziamenti regionali, omettendo di confutare, nello specifico, la diversa lettura del contesto normativo e fattuale di riferimento accolta dal giudice di merito.

5 Quanto poi al preteso malgoverno dell’art. 1358 cod. civ., per essere stata la partecipazione di FI.ME. a SIRAP risolutivamente condizionata alla garanzia dell’integrità del capitale sociale, le deduzioni dell’impugnante sono anzitutto gravemente carenti sotto il profilo dell’autosufficienza.

A fronte dell’assunto del decidente, secondo cui da nessuno degli atti prodotti si evinceva la sussistenza della allegata condizione risolutiva, la ricorrente si limita per vero a dedurre che essa costituiva, in realtà, fatto pacifico in causa, in quanto riconosciuto dagli stessi convenuti, senza tuttavia indicare dove, in che modo e in quali termini siffatto riconoscimento fosse avvenuto.

A ciò aggiungasi che le argomentazioni difensive di FI.ME. rimandano, a ben vedere, a un patto parasociale volto a condizionare risolutivamente la sua partecipazione a SIRAP: ma di tale patto, che, in quanto destinato a tenere indenni uno o entrambi i soci da ogni partecipazione alle perdite contravverrebbe in maniera macroscopica al divieto del patto leonino (art. 2265 cod. civ.), neppure vengono indicate con precisione nè le parti nè il contenuto.

6 Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

A confutazione delle critiche svolte dall’impugnante è invero sufficiente ricordare che l’art. 652 cod. proc. pen., limita l’efficacia di giudicato della sentenza penale di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento, nel giudizio civile o amministrativo di danno, ai rapporti tra imputato e danneggiato, che si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, mentre il successivo art. 654, circoscrive l’efficacia di giudicato della sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, nel giudizio civile o amministrativo non di danno, all’ipotesi in cui in questo si controverta intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipenda dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale.

Ora, premesso che neppure vengono indicate specificamente le imputazioni per le quali gli organi gestori di SIRAP furono tratti a giudizio, non è stata dedotta quella coincidenza tra parti del giudizio penale e parti del giudizio civile, che la giurisprudenza di questa Corte ritiene requisito necessario, ancorchè non sufficiente, ai fini dell’operatività delle norme innanzi richiamate (confr.

Cass. civ. 2 marzo 2010, n. 4961; Cass. civ. 20 settembre 2006, n. 20325; Cass. civ. 16 dicembre 2005, n. 27787).

In realtà nessun nesso giuridicamente rilevante è ravvisabile tra i fatti oggetto del giudizio penale e quelli oggetto del presente giudizio. A tacer d’altro, invero, la circostanza che nel processo penale fu accertata l’assenza di responsabilità penale degli imputati per le irregolarità gestionali di cui gli stessi erano stati chiamati a rispondere, non è idonea nè a qualificare come obbligatoria l’erogazione dei contributi regionali, nè, conseguentemente, a radicare in capo alla Regione e ad E.S.P.I. gli obblighi risarcitori azionati da FI.ME. Il ricorso va respinto.

Segue la condanna della ricorrente società al pagamento delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio nei confronti di E.S.P.I. – Ente Siciliano per lo Sviluppo Industriale – spese liquidate in complessivi Euro 15.200,00 (di cui Euro 15.000,00 per onorari), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 11 novembre 2011

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