Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23555 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33962/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

M.R., M.G., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA F.

MILIZIA 2, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA DE MATTEIS,

rappresentati e difesi dagli avvocati PAOLO SPACCHETTI e LUCREZIA

VIRULANO, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 90/02/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PERUGIA, emessa il 27/04/2011 e depositata il

14/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON;

uditi gli Avvocati Lucrezia Vituliano, che insiste per il rigetto del

ricorso nel merito, e l’Avvocato Paolo Spacchetti, che insiste per

l’accoglimento della memoria.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“La CTR di Perugia ha respinto l’appello principale dell’Agenzia e quello incidentale di “Abacus studio associato di R. e G.A.” contro la sentenza n. 66/04/2009 della CIP di Perugia che aveva accolto il ricorso del contribuente (esercente attività di consulenza amministrativa ed aziendale) avverso silenzio rifiuto su istanza di rimborso per IRAP versata in relazione agli anni dal 1998 al 2005 e ritenuta indebita per difetto del presupposto di imposta dell’autonoma organizzazione.

La predetta CTR ha ritenuto che risulti provata da parte dello Studio Associato ricorrente la circostanza dell’inesistenza di una organizzazione autonoma concernente l’attività esercitata.

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

La parte contribuente si è difesa con controricorso nel quale ha anche eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione per la sua tardiva notifica.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore- può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Va preliminarmente osservato che – diversamente da quanto eccepisce parte controricorrente – il ricorso appare ammissibilmente proposto, non essendo per decorso del termine utile (ex art. 327 c.p.c., così come determinato ante novella ex lege n. 69 del 2009) per la proposizione dell’impugnazione, prima della data della notifica (9.10.2012) e con riferimento alla data di deposito della sentenza d’appello 14.7.2011. I invero, dovendosi computare il doppio periodo di sospensione feriale (per complessivi 92 giorni) il momento della proposizione del ricorso è da ritenere del tutto tempestivo.

Con il motivo d’impugnazione l’Agenzia ricorrente prospetta la violazione del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3 e – sul presupposto che la parte ricorrente sia costituita sotto forma di associazione professionale – assume che già di per sè la struttura associata evidenzia l’aspetto organizzativo, per quanto non sia prevalente rispetto all’attività dello stesso titolare. In quest’ottica, non giova alcuna valutazione in ordine all’esistenza della autonoma organizzazione, perchè a siffatte associazioni professionali si applica automaticamente IRAP per la stessa previsione di legge.

Il motivo appare fondato e da accogliersi.

In questa prospettiva, necessita qui dare continuità al recente insegnamento di Cass. n. 7361/2016, secondo cui: “presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione e allo scambio ovvero alla prestazione di servizi; ma quando l’attività è esercitata dalle società e dagli enti, che siano soggetti passivi dell’imposta a norma del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comprese quindi le società semplici e le associazioni senza personalità giuridica costituite fra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni- essa, in quanto esercitata da tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività è svolta, costituisce ex lege, in ogni caso, presupposto d’imposta, dovendosi perciò escludere la necessità di ogni accertamento in ordine alla sussistenza dell’autonoma organizzazione”.

Nel motivare la predetta pronuncia – e per quanto si occupasse di una fattispecie di attività organizzata sotto forma societaria – la Corte ha chiarito che il menzionato principio di diritto è da applicarsi anche alle associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata di arti e professioni, salva la facoltà per la parte contribuente di fornire la prova contraria avente ad oggetto “non l’insussistenza dell’autonoma organizzazione nell’esercizio in forma associata dell’attività, ma piuttosto l’insussistenza dell’esercizio in forma associata dell’attività stessa”.

A fronte di siffatto autorevole apprezzamento dei presupposti giuridici che presiedono alla soluzione della questione qui in esame, e non essendovi alcuna allegazione della prova esonerativa richiesta dal principio medesimo, non resta che ritenere che il motivo di impugnazione – in applicazione degli argomenti sviluppati dalle Sezioni Unite “a latere” del menzionato principio di diritto – sia da considerarsi fondato e da accogliere e che la sentenza impugnata sia meritevole di riforma, non avendo il giudicante tenuto conto della caratteristica peculiare insita nella forma giuridica adottata dalla parte contribuente e non avendo ad essa adeguato l’identificazione della corretta disciplina da applicarsi.

Non resta che concludere per opportunità di decidere il ricorso in Camera di consiglio per manifesta fondatezza, con facoltà per la Corte di decidere la lite anche nel merito, non sussistendo esigenza di acquisizione di ulteriori elementi di fatto.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza”.

Il Collegio condivide la relazione depositata.

Va tuttavia precisato e soggiunto, anche a riscontro degli ulteriori argomenti spesi nella memoria dei controricorrenti ex art. 380 bis c.p.c., che la seconda notifica del ricorso dell’Agenzia delle entrate effettuata il 29.10.2012, poi perfezionatasi con la ricezione da parte dei destinatari il successivo 31.10.2012, non è tardiva, quanto piuttosto rappresenta il momento conclusivo di una procedura notificatoria tempestivamente iniziata il 9.10.2012 con il primo tentativo di notifica ai controricorrenti.

Non può influire sulla affermazione giuridica che precede la circostanza che la prima notifica non si sia perfezionata per “irreperibilità del destinatario”, trattandosi evidentemente di una improprietà linguistica/negligenza dell’agente postale, dato che la seconda volta la notificazione, sempre a mezzo posta, è andata a buon fine esattamente nello stesso luogo della prima.

In buona sostanza la seconda notifica non può dunque che considerarsi una mera “prosecuzione” della prima, con la conseguenza appunto che la proposizione dell’impugnazione è tempestiva, essendo pacifico che il 9 ottobre 2012 non era ancora decorso il c.d. “termine lungo” ex art. 327 c.p.c., vigente ratione temporis.

Incidentalmente va sul punto infine notato che è una mera illazione improvata dei controricorrenti che le due notifiche abbiano avuto ad oggetto atti diversi.

Ciò posto in rito, il ricorso va accolto con la conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia va decisa nel merito rigettandosi il ricorso dei contribuenti.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso dei contribuenti.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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