Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23555 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 09/10/2017, (ud. 21/06/2017, dep.09/10/2017),  n. 23555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27755-2013 proposto da:

F.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MONTE ZEBIO 37, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO GRAZIANI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARTINA

MENEGHELLO;

– ricorrente –

contro

F.R., FO.LU.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2271/2012 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 22/10/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/06/2017 dal Consigliere Dott. SCALISI ANTONINO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I coniugi F. e B. a seguito della riforma del diritto di famiglia e nel loro silenzio, erano assoggettati al regime della comunione legale per i beni acquistati, successivamente all’entrata in vigore della legge di riforma. Il (OMISSIS) moriva la sig.ra B. e, non avendo fatto testamento, si apriva la successione legittima. F.R., premesso di essere discendente legittimo dei sigg. Fo.Lu. e B.C., assieme a F.G. e L., esponeva che dalla successione della madre non aveva attenuto alcunchè e, pertanto, riteneva di essere stato leso nella sua quota di legittima. L’attore riferiva, altresì, che B. era proprietaria di un fondo rustico in (OMISSIS) con sovrastanti fabbricati sul quale entrambi i coniugi gestivano un’azienda agricola dotata di bestiame ed attrezzature varie. F.R. sosteneva che, in detta azienda, aveva prestato la propria attività lavorativa dal 1964 al 1978. Nel 1985 il padre aveva donato l’intera conduzione del fondo ai figli G. e L. che avevano costruito una società semplice. Nel 1989, la madre aveva concesso in affitto al figlio G. il fondo rustico e, successivamente, gli aveva venduto lo stesso fondo per un corrispettivo di Lire 360.000.000, corrispettivo che non risultava versato da G. alla madre. Fo.Lu. era divenuto proprietario di un fondo rustico in (OMISSIS), condotto in affitto da tale Bo.Gi., il quale lo aveva acquisto per il prezzo di Lire 400.000.000, la metà di detto prezzo spettava alla moglie B.C., comproprietaria dei beni in forza della comunione che esisteva fra i coniugi.

Ciò premesso, F.R., con atto di citazione del 14 ottobre 1997 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Padova Fo.Lu. e F.G. chiedendo che venisse accertata e dichiarata la simulazione degli atti dispositivi; la natura di donazioni indirette degli stessi atti; venisse accertata la lesione della propria quota di legittima e fosse reintegrato nella propria quota di legittima.

Il Tribunale di Padova, con sentenza n. 2034 del 2007, respingeva la domanda formulata da F.R. e condannava lo stesso al pagamento delle spese di giudizio. La Corte di Appello di Venezia, pronunciandosi su appello proposto da F.R., presenti in giudizio Fo.Lu. e F.G., con sentenza n. 2271 del 2012, annullava la sentenza impugnata e rimetteva la causa al Tribunale di Padova per un nuovo esame. Secondo la Corte di Venezia, il giudizio di primo grado si era svolto in assenza di Fo.Lu. padre di R. e di G. e marito della defunta B.C., e di F.L., perchè non erano stati citati, nonostante litisconsorti necessari. Pertanto, la sentenza impugnata andava annullata perchè resa in difetto di contraddittorio con litisconsorti necessari rispetto alla domanda di accertamento di simulazione del contratto svolta da parte attrice in via principale, nonchè oggetto di appello.

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da F.G. con ricorso affidato a due motivi. F.R., Fo.Lu., in questa fase, non hanno svolto attività giudiziale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo F.G. lamenta la violazione dell’art. 345 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5). Secondo il ricorrente, proprio seguendo quanto affermato dalla Corte distrettuale (la fattispecie della simulazione integra un’ipotesi di litisconsor necessario tra le parti del contratto nel caso in cui il relativo accertamento risulti proposto in via principale e la nullità che deriva dall’atto simulato venga posto a fondamento dell’azione), bisognava escludere la sussistenza, nel caso in esame, di un litisconsorzio necessario, perchè l’azione proposta da F.R. era diretta a far dichiarare la simulazione degli atti dispositivi compiti dalla sig.ra B.C.. La richiesta di nullità dell’atto dissimulato (la donazione) era stata proposta, da F.R., solo in fase di appello e, in quanto domanda nuova, andava dichiarata inammissibile, ai sensi dall’art. 345 c.p.c..

1.1.= Il motivo è infondato.

Va qui osservato che la simulazione in senso generale è un accordo concluso fra le parti e diretto ad incidere su un altro negozio giuridico, impedendone in toto la produzione di effetti giuridici ( simulazione assoluta), ovvero, facendone derivare effetti difformi rispetto a quelli propri del modulo negoziale adottato e reso pubblico (simulazione relativa). La simulazione, dunque, si compone di due negozi giuridici indipendenti l’uno dall’altro – nel senso di due negozi separati e distinti, tuttavia,,, collegati fra di loro: il primo (contratto simulato) destinato ad ingenerare l’apparenza nei confronti dei terzi e, dunque, ad essere reso pubblico; il secondo (contratto dissimulato) diretto a privare il primo dei suoi effetti o a farne derivare di diversi.

Parte della dottrina che, qui si condivide, ha sostenuto che il negozio simulato è un negozio destinato a non produrre effetti, essenzialmente, perchè sarebbe un negozio privo di causa cioè nullo, mentre tra le parti avrà efficacia il negozio dissimulato, sempre che non sia nullo per cause proprie.

Ciò detto, nel caso in esame, come lo stesso ricorrente evidenzia, F.R. ha chiesto sia nel giudizio di primo grado e sia nel giudizio di appello la dichiarazione di simulazione degli atti dispositivi compiuti dalla sig.ra B.C. e, cioè,. ha chiesto che venissero dichiarati inefficaci gli atti dispositivi di cui si dice. Ora, la pretesa inefficacia tra le parti ex art. 1414 c.c., della compravendita oggetto del giudizio era stata posta a fondamento dell’azione svolta da F.R. e la pronuncia sulla stessa incideva direttamente sul patrimonio dei contraenti. Con la conseguenza che nel presente giudizio sono litisconsorti necessari tutti gli eredi di B.C.. Infatti, come è stato, già” detto da questa Corte, che qui si condivide: il contraddittorio nel giudizio tra tutti i partecipanti, od i loro eredi, all’atto impugnato per simulazione è necessario solo quando la nullità (ovvero l’inefficacia) che ne deriva all’atto (simulato) venga posta a fondamento dell’azione e, non già quando il suo accertamento formi oggetto di una mera eccezione e debba essere effettuato in via incidentale e senza efficacia di giudicato.

2.= Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5), ossia in punto di individuazione/qualificazione della domanda siccome proposta in via principale. Secondo il ricorrente, la Corte distrettuale non avrebbe sufficientemente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto che la domanda di simulazione avanzata da F. fosse stata proposta in via principale, non tenendo conto che, ripetutamente, F.R. nei suoi atti ha affermato di proporre la domanda di simulazione in via preliminare e, comunque, da una lettura degli atti di causa, emergeva, chiaramente, che lo scopo pratico perseguito dall’attore era quello di esperire l’azione di riduzione avverso le donazioni asseritamente poste in essere dalla madre in favore del fratello G.. A tal fine, era necessario e prodromico, di qui le domande svolte in via preliminare, l’accertamento della natura simulata della vendita effettuata dalla sig.ra B. al figlio G., dissimulante a detta dell’attore una donazione, per poi, pretendere, una volta accertata la reale natura dell’atto, la riduzione della donazione.

2.1. = Il motivo non può esser accolto. Come è affermazione costante della giurisprudenza di questa Corte di Cassazione che l’apprezzamento sulla sufficienza degli elementi ricavabili dalla domanda ai fini dell’individuazione dell’oggetto della stessa si basa su di una indagine di fatto riservata al giudice del merito e la Corte di Cassazione è abilitata all’espletamento di indagini dirette al riguardo, solo quando il giudice del merito abbia omesso l’indagine interpretativa sulla domanda, ma non quando l’abbia compiuta ed abbia, motivatamente, espresso il suo convincimento in ordine all’esito dell’indagine. (Cass. 11 marzo 2011, n. 5876; conforme Cass., 9 settembre 2008, n. 22893; Cass. 26 giugno 2007, n. 14751. Cass. 4918/83).

Ora, nel caso in esame, come ha chiarito la Corte distrettuale a conclusione di un’interpretazione della domanda dell’attore “(…) la domanda di accertamento della simulazione è svolta in via principale in quanto oggetto di uno specifico capo delle conclusioni sia di primo grado che d’appello, inoltre la pretesa inefficacia tra le parti ex art. 1414 c.c., della compravendita in esame è posta a fondamento dell’azione svolta da F.R. (…)”.

A fronte della valutazione della Corte distrettuale il ricorrente contrappone una propria valutazione, ma della maggiore o minore attendibilità di questa rispetto a quella compiuta dal giudice del merito, non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, nè può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perchè l’interpretazione operata dalla Corte di merito non soddisfa le proprie aspettative.

3.= Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 344 (in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3) violazione dell’artt. 470,474,475 e 485 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3). Omessa insufficiente contraddittoria motivazione circa un punto decisivo ella controversia (in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3). Secondo il ricorrente la Corte distrettuale avrebbe omesso di motivare la segnalata inesistenza di qualsivoglia interesse, in capo al terzo intervenuto, a partecipare al giudizio di accertamento della simulazione del contratto anche per la denegata ipotesi in cui la relativa domanda si ritenesse proposta dal F.R. in via principale. Fo.Lu., sempre secondo il ricorrente, non poteva subire alcun effetto nè positivo nè negativo dalla sentenza impugnata tanto in caso di conferma quanto in caso di riforma, non solo perchè per F. si era prescritta l’azione di riduzione, mai esperita, ma anche perchè lo stesso non era erede della B. perchè mai ne risultava aveva accettato espressamente o tacitamente l’eredità.

3.1.= Il motivo è infondato.

Va qui premesso che la sussistenza del litisconsorzio va desunta dal diritto sostanziale, vale a dire dalla pluralità di soggetti titolari, dal lato attivo o passivo, del rapporto giuridico dedotto in giudizio, talchè la pluralità di destinatari necessari del provvedimento giurisdizionale fa si che lo stesso non possa essere emesso che nei confronti di tutti costoro, i quali, perciò, devono necessariamente partecipare al processo (c.d. litisconsorti necessari o legittimi e necessari contraddittori). Si tratta di una situazione che va determinata al momento dell’instaurazione del giudizio indipendentemente da condizioni soggettive del singolo litisconsorte che potranno ragionevolmente essere accertate nel corso del giudizio.

Ora nel caso in esame la Corte distrettuale ha avuto modo di chiarire che la pronuncia sulla domanda di accertamento della simulazione posto che avrebbe inciso direttamente sul patrimonio dei contraenti il contratto asseritamente simulato, gli eredi di B.C. erano da considerarsi litisconsorti necessari.

Senza dire che, pur volendo considerare Fo.Lu. estraneo al giudizio, perchè aveva rinunciato all’eredità (anche se tale situazione avrebbe dovuto essere accertata e solo dopo aver integrato il contraddittorio), il difetto di contraddittorio in primo grado era sussistente, almeno, nei confronti di F.L..

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese, posto che F.R., Fo.Lu., intimati, non hanno svolto attività giudiziale. Il Collegio da atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso; dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione, il 21 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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