Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23554 del 18/11/2016

Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, (ud. 28/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22672/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 105/15/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BOLOGNA, emessa il 16/05/2011 e depositata il

08/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ENRICO MANZON.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Atteso che ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata e ritualmente comunicata la seguente relazione:

“La CTR di Bologna ha respinto l’appello dell’Agenzia – appello proposto contro la sentenza n. 90/03/2005 della CTP di Bologna che aveva già accolto il ricorso di G.G. – ed ha così annullato il silenzio-rifiuto con il quale l’Agenzia aveva disatteso l’istanza di data 18.4.2005 con la quale il contribuente aveva richiesto il rimborso di IRAP versata negli anni 2001-2003, istanza fondata sull’assunto che il contribuente – esercente l’attività di agente di commercio – non fosse dotato del requisito dell’autonoma organizzazione e fosse carente perciò il presupposto d’imposta.

La predetta CTR – dato atto che l’Agenzia aveva proposto due censure alla pronuncia di primo grado – ha ritenuto che la prima di esse fosse infondata (negando che si debbano considerare provviste di autonoma organizzazione tutte le attività che non si fondino sulla semplice autorganizzazione dell’esercente l’attività stessa) e che la seconda fosse invece inammissibilmente proposta (siccome per la prima volta in atto di appello l’Agenzia aveva prospettato che il contribuente si avvalesse in modo non occasionale di lavoro altrui, rilevando che dalla dichiarazione dei redditi emergeva che il contribuente aveva svolto l’attività sotto forma di impresa familiare e si era perciò stesso avvalso della collaborazione continuativa della moglie).

L’Agenzia ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

La parte contribuente non si è difesa.

Il ricorso – ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all’art. 376 c.p.c. – può essere definito ai sensi dell’art. 375 c.p.c..

Con il motivo di impugnazione (centrato sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1) la parte ricorrente si duole che il giudice di appello abbia ritenuto nuova ed inammissibile la questione proposta in sede di gravame da essa Agenzia a riguardo dell’esercizio dell’attività sotto forma di impresa familiare, per quanto essa non integrasse eccezione in senso stretto ma mera difesa, e perciò stesso fosse proponibile indipendentemente dal limite fissato nella anzidetta norma di rito.

D’altronde, la circostanza che l’Agenzia aveva valorizzato emergeva già dalla documentazione prodotta in giudizio dalla parte ricorrente a sostegno della propria domanda, sicchè i fatti integranti l’eccezione dovevano considerarsi fatti costitutivi della domanda.

La censura appare fondata e da accogliersi.

A questo proposito basta qui menzionare l’indirizzo costante (fra le altre si veda Cass. Sez. 6-5, Ordinanza n. 14486 del 07/06/2013) del Supremo Collegio in termini tali che: “In tema di contenzioso tributario, il divieto di proporre nuove eccezioni in appello, posto dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, comma 2, riguarda l’eccezione in senso tecnico, ossia lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia modificativa o estintiva della pretesa fiscale, ma non limita la possibilità dell’Amministrazione di difendersi dalle contestazioni già dedotte in giudizio, perchè le difese, le argomentazioni e le prospettazioni dirette a contestare la fondatezza di un’eccezione non costituiscono, a loro volta, eccezione in senso tecnico”.

Benvero, nella specie di causa è il contribuente gravato dell’onere di fornire la prova contraria dell’esistenza del presupposto di imposta che del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, presuntivamente ricollegano all’esercizio di una delle attività ivi considerate da parte dei soggetti ivi pure elencati, sicchè non è chi non veda che la natura dell’attività dal contribuente esercitata e le modalità del suo esercizio costituiscano un fatto principale integrante l’eccezione che al contribuente medesimo spetta coltivare.

Riqualificando e connotando anche in fatto il modo di esercizio della medesima attività, l’Agenzia non fa altro che dispiegare la propria attività difensiva e non amplia in alcun modo in thema decidendum, così come non deduce fatti impeditivi/modificativi del diritto dedotto in controversia.

Non vi è dunque ragione per riconnettere detta attività assertiva e qualificatoria al divieto di nuove eccezioni previste dal menzionato art. 57, divieto che (siccome di stretta interpretazione) non può che essere limitato alle eccezioni in senso tecnico e non può estendersi a ricomprendere anche le eccezioni improprie.

Ne consegue che la pronuncia impugnata è meritevole di cassazione quanto alle ragioni per le quali è stato disatteso il secondo capo del gravame, sicchè la lite andrà restituita al giudice del merito affinchè ne rinnovi l’esame di merito.

Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in Camera di consiglio per manifesta fondatezza”.

Il Collegio condivide la relazione depositata.

Il ricorso va quindi accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice a quo anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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