Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23554 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 09/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.09/10/2017),  n. 23554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3543-2014 proposto da:

B.M.T. E D.C.S., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA C. MORIN 45, presso lo studio dell’Avvocato FRANCO

PERRONE, che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

D.C.F. E S.M.L., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA MAZZINI 8, presso l’Avvocato FRANCA UMBRO, che li

rappresenta e difende;

– controricorrenti –

nonchè

D.C.M., D.C.A., D.C.N., D.C.G. E

DE.CI.AP.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6271/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/06/2017 dal Consigliere Dott. DONGIACOMO GIUSEPPE.

Fatto

I FATTI DI CAUSA

D.C.S. e B.M.T., con citazione notificata il 24/5/2001, hanno convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Roma, D.C.F. e S.M.L., deducendo di aver acquistato da St.Ro., madre del primo e proprietaria dell’intero edificio e dell’area circostante, con atto del 26/11/1987, la nuda proprietà di un appartamento, posto al piano terra con circostante giardino, sito in via (OMISSIS), dichiaratamente comprensivo “di tutti i distacchi del fabbricato”, fatta salva la servitù di passaggio, limitatamente al vialetto di accesso, in favore del condominio.

Sennonchè, con atto del 5/6/2000 D.C.F. ha acquistato la piena proprietà della quota pari ai 6/7 dell’appartamento al primo piano, con annessa area urbana di pertinenza, di circa mq. 35, al piano terra.

Quest’ultima porzione, tuttavia, hanno continuato gli attori, è, in realtà, già parte dell’area pertinenziale dell’appartamento al piano terra che gli stessi hanno acquistato con atto del 1987.

Inoltre, D.C.S. non aveva voluto vendere quella porzione dell’immobile nè all’atto del 5/6/2000 aveva partecipato B.M.T., coniuge in comunione di beni e, quindi, comproprietaria dell’area in questione.

In forza di tali fatti, gli attori hanno chiesto che fosse dichiarata la nullità dell’atto del 5/6/2000, nella parte in cui comprende nell’acquisto di D.C.F. – anche l’area pertinenziale di 35 mq..

I convenuti si sono costituiti e, dopo essere stati autorizzati a chiamare in causa i venditori, hanno chiesto il rigetto della domanda.

De.Ci.Ap. ha aderito alle conclusioni dei convenuti mentre le altre sorelle hanno dichiarato di aver inteso vendere solo l’appartamento al primo piano e non anche l’area pertinenziale di 35 mq, in quanto consapevoli che la stessa era stata acquistata dal fratello S. con l’atto del 1987.

Il tribunale di Roma, con sentenza del 19/1/2005, ha rigettato la domanda.

D.C.S. e B.M.T. hanno proposto appello, al quale D.C.F. e S.M.L. hanno resistito.

La corte d’appello di Roma, con sentenza del 13/12/2012, ha respinto l’appello, rilevando, per un verso, che l’errore rende annullabile il contratto, sicchè il vizio invocato dagli appellanti non è coerente con la domanda di nullità che gli stessi hanno proposto, e, per altro verso, che la mancanza di uno dei comproprietari alla stipula dell’atto di vendita non ne determina la nullità per mancanza del consenso previsto dall’art. 1325 c.c., trattandosi, piuttosto, come già affermato dal tribunale, di un atto ad effetti puramente obbligatori, con l’obbligo degli altri comproprietari di procurare ai compratori l’acquisto anche dal comproprietario rimasto estraneo.

La corte ha, poi, rilevato che l’atto di vendita del 26/11/1987, sul quale gli appellanti pretendono di fondare il loro diritto sull’area in questione, si limita a far riferimento ai “distacchi”, vale a dire alle “distanze tra costruzioni su fondi finitimi previste dal codice civile o dai regolamenti locali”, e non al cortile, con la conseguenza che tale area, non essendo stata compresa nel trasferimento del 1987, è pervenuta, pro quota, a seguito del decesso di St.Ro., ai germani D.C. ( N., M., A., G., S. e F.), i quali, pertanto, ne hanno potuto disporre nell’atto del 5/6/2000.

D.C.S. e B.M.T., con ricorso spedito per la notifica in data 25/1/2014 e depositato il 14/2/2014, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza.

Hanno resistito, con controricorso spedito per la notifica il 4/3/2014 e depositato il 14/3/2014, D.C.F. e S.M.L..

Diritto

LE RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, intitolato “violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 1325,1418 e 1419 c.c.” e “vizio di motivazione sotto diversi profili…”, i ricorrenti hanno censurato la decisione impugnata per aver erroneamente escluso, in violazione degli artt. 1418,1419 e 1325 c.c., la nullità del contratto del 5/6/2000 pur non avendo ad esso partecipato uno dei comproprietari, e cioè B.M.T..

2. Con il secondo motivo, intitolato “omessa, insufficiente o contraddittoria in generale” “e in particolare in riferimento all’interpretazione del contratto di compravendita del 26.11.87 tra St.Ro. e D.C.S.”, i ricorrenti hanno censurato la sentenza gravata per fornito una incoerente e confusa motivazione in ordine all’interpretazione dell’atto del 26/11/1987, nella parte in cui ha compreso nella vendita “tutti i distacchi del fabbricato” ed ha fatto salva la servitù di passaggio limitatamente al vialetto di accesso al fabbricato.

3. Il secondo motivo va esaminato in via prioritaria ed è infondato.

Premesso che, ad onta di quanto eccepito dai controricorrenti, l’ipotesi della cd. “doppia conforme”, prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, è applicabile, ai sensi del D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2, conv. in L. n. 134 del 2012, solo ai giudizi d’appello introdotti (a differenza di quello che ha caratterizzato il presente giudizio) con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11/9/2012, rileva la Corte che, come è noto, l’interpretazione del contratto è riservata al giudice del merito, le cui valutazioni sono censurabili in sede di legittimità solo per violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale o per vizio di motivazione: il sindacato di legittimità può avere cioè ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti bensì solamente l’individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il giudice di merito si sia avvalso per assolvere i compiti a lui riservati, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. n. 23701/2016).

Nel caso di specie, i ricorrenti, senza invocare alcuna violazione delle norme previste dagli artt. 1362 e ss. c.c., si sono limitati a censurare la sentenza della corte d’appello per l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine all’interpretazione del contratto di vendita del 26/11/1987.

Solo che la sentenza impugnata è stata depositata dopo l’11/9/2012, trovando, dunque, applicazione l’art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo in vigore successivamente alle modifiche apportate dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, convertito con modificazioni con la L. n. 134 del 2012, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione solo in caso omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

Ed è noto come, secondo le Sezioni Unite (n. 8053/2014), la norma consente di denunciare in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali, e cioè, in definitiva, quando tale anomalia si esaurisca nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Nel caso in esame, la corte d’appello ha espressamente motivato l’interpretazione che ha dato all’atto di vendita del 26/11/1987, ritenendo, in particolare, che tale contratto, nella parte in cui ha fatto riferimento ai “distacchi”, ha inteso, in realtà, riferirsi alle “distanze tra costruzioni su fondi finitimi previste dal codice civile o dai regolamenti locali”.

E l’esistenza di tale motivazione (peraltro, neppure specificamente contestata dai ricorrenti, che si sono limitati a contrapporre ad essa l’interpretazione dagli stessi preferita), corretta o meno che sia, esclude ex se la sussistenza del vizio invocato.

4. Escluso, dunque, che la vendita del 26/11/1987 abbia compreso l’area controversa ed escluso, dunque, che la B., quale coniuge dell’acquirente in regime di comunione legale, ne sia diventata comproprietaria, anche il primo motivo (con il quale, appunto, i ricorrenti hanno censurato la sentenza per non aver dichiarato la nullità del contratto del 2000 proprio per la mancata partecipazione della B. nella dedotta qualità di comproprietaria dell’area in questione), risulta, inevitabilmente, infondato.

5. Il ricorso dev’essere, in definitiva, rigettato.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, di ufficio, in motivazione.

7. La Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle S.G. pari al 15% del compenso ed accessori come per legge. Dà atto della sussistenza dei presupposti per l’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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