Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2355 del 01/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 01/02/2011), n.2355

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – rel. Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 26866-2008 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Q.C.;

– intimata –

nonchè da:

Q.C., quale erede di S.M., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato

RIZZO CLAUDIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

TRANE PASQUALE, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso

lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4726/2007 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 12/11/2007 R.G.N. 2388/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/11/2010 dal Consigliere Dott. PIETRO CURZIO;

udito l’Avvocato FIORILLO LUIGI;

udito l’Avvocato RIZZO CLAUDIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Poste italiane spa chiede l’annullamento della sentenza della Corte d’Appello di Roma, pubblicata il 12 novembre 2007, che ha respinto l’appello contro la decisione con la quale il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso di Q.C..

2. La Q. era stata licenziata nell’ambito della procedura per licenziamento collettivo basata sul criterio del recesso nei confronti dei lavoratori che presentavano i requisiti per il pensionamento. La Corte di Roma ha ritenuto legittimo tale criterio di scelta, concordato da Poste con le organizzazioni sindacali, ma ha dichiarato illegittimo il licenziamento perchè l’astratta ammissibilità di tale criterio unico di scelta dei licenziandi non esonera il datore di lavoro dalla puntuale indicazione delle “modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta”, imposta dalla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9.

3. Poste italiane ha articolato due motivi di ricorso. La Q. si è difesa con controricorso e, a sua volta, ha proposto ricorso incidentale. Entrambe le parti hanno depositato una memoria per l’udienza.

4. Con il primo motivo del ricorso principale Poste assume che sarebbe stato violato la L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9 in quanto, a suo parere, nella lettera inviata alle direzioni regionali del lavoro e alle organizzazioni sindacali il criterio di scelta è stato indicato in modo analitico e sufficiente per ritenere assolto l’onere a carico dell’azienda previsto dal comma su indicato, in quanto “si fa riferimento al fatto che i lavoratori sono stati individuati fra coloro in possesso dei requisiti previsti dalla legge per avere diritto alla pensione di anzianità o di vecchiaia, così come convenuto negli accordi sindacali del 17-23 ottobre 2001 trasmessi in allegato”.

5. Il quesito di diritto proposto è il seguente: “dica la Corte, qualora il criterio di scelta per individuare i lavoratori sia stato concordemente individuato nel possesso dei requisiti per il pensionamento, la comunicazione ex art. 4, comma 9, da inviarsi all’ufficio regionale del lavoro ed alle OO.SS. va interpretata nel senso per cui la stessa, laddove richiede l’indicazione delle modalità di applicazione del criterio, richieda la mera menzione del predetto e non anche l’indicazione per tutto il personale impiegato presso il datore di lavoro e per tutto il personale licenziato, dei requisiti di anzianità e di contribuzione”.

6. Il motivo non è fondato.

7. L’art. 4, comma 9 dispone: “Raggiunto l’accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l’impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Contestualmente, l’elenco dei lavoratori collocati in mobilità con l’indicazione per ciascun soggetto del nominati del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento dell’età, del carico di famiglia, nonchè con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all’art. 5, comma 1, deve essere comunicato per iscritto all’ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione competente, alla commissione regionale per l’impiego e alle associazioni di categoria di cui al comma 2”.

8. La L. n. 223 del 1991 regola una procedura in cui sono nettamente distinti due momenti: quello in cui vengono individuati i criteri di scelta e quello, disciplinato dall’art. 4, comma 9 che impone di comunicare agli uffici regionali del lavoro ed alle organizzazioni sindacali la “puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta”.

9. La Corte d’Appello di Roma ha ritenuto che sia stata legittima l’individuazione del criterio di scelta della maturazione dei requisiti pensionistici, ma – contrariamente a quanto sostenuto da Poste italiane – non ha ritenuto che, essendo unico e indubbiamente oggettivo il criterio concordato, fosse superflua l’indicazione puntuale delle modalità applicative.

10. La premessa del giudizio della Corte d’appello è costituita dal fatto che i lavoratori licenziati “non esaurivano quelli che rispondevano al criterio della prepensionabilità alla date concordate dall’accordo del 17 ottobre 2001”. Poste non contesta tale premessa. Ne consegue che il criterio adottato aveva bisogno della esplicazione delle modalità con le quali è stato applicato, al fine di chiarire come siano stati selezionati i lavoratori scelti tra coloro che presentavano il requisito individuato nell’accordo con le organizzazioni sindacali.

11. L’omissione di questa specificazione, espressamente imposta dalla previsione normativa su esaminata, comporta l’illegittimità del licenziamento.

12. Nel medesimo senso questa Corte si è già espressa con numerose pronunzie e, da ultimo, con riferimento ad una situazione del tutto analoga, con la sentenza 11 novembre 2010, n. 22898, cui si rinvia anche per un completo quadro di richiami.

13. Il secondo motivo è rivolto contro un inciso della sentenza relativo al fatto che cento lavoratori pensionabili sarebbero stati licenziati un anno dopo (“al meno ed a tacer d’altre situazioni pur allegate, di quei cento da mantenere in servizio fino al 31 dicembre 2002”). Tale inciso non può essere considerato un passaggio motivazionale a fondamento della decisione e, di conseguenza, non può essere presa in considerazione la censura relativa.

14. Il rigetto del ricorso principale comporta l’inammissibilità per assorbimento del ricorso incidentale.

15. Le spese del giudizio di legittimità devono essere poste a carico della ricorrente principale, che perde la causa.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Condanna la ricorrente principale alle spese in 51,00 Euro, nonchè 3.000,00 Euro per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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