Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23547 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 09/10/2017, (ud. 07/06/2017, dep.09/10/2017),  n. 23547

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2276-2014 proposto da:

T.T., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

GIUSEPPE MAZZINI, presso lo studio dell’avvocato PIERPAOLO MAGI,

rappresentata e difesa dagli avvocati SERENA DI MURO, ROMANO

SAURINI;

– ricorrente –

contro

M.N., MA.VA., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA GROTTA DI GREGNA 121/A, presso lo studio dell’avvocato

MASSIMO BELLOMO, rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO VANZARI;

– controricorrenti –

nonchè contro

M.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 6418/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/12/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/06/2017 dal Consigliere Dott. LOMBARDO LUIGI GIOVANNI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

– la vicenda oggetto del giudizio trae origine dal contratto preliminare col quale Ma.Va. e M.N. promisero di vendere a T.T. un appartamento sito in Latina e dalla successiva scoperta della promissaria acquirente, in sede di stipula del contratto definitivo, che i promittenti venditori non erano titolari della piena proprietà dell’immobile promesso in vendita, ma vantano su di esso solo una proprietà superficiaria e tale diritto intendevano trasferirle;

– il Tribunale di Latina, accogliendo la domanda proposta dalla T., dichiarò risolto il contratto preliminare per inadempimento dei promittenti venditori e condannò gli stessi a pagare all’attrice la somma di Euro 20.658,28 (pari al doppio della caparra versata), oltre agli interessi legali dalla domanda;

– sul gravame proposto da Ma.Va. e M.N., la Corte di Appello di Roma, in riforma della pronuncia di primo grado, ritenendo illegittimo il rifiuto della promissaria acquirente di stipulare il contratto definitivo, condannò la T. a corrispondere agli appellanti l’importo pari alla caparra versata, autorizzando i medesimi a trattenere la somma se ancora nella loro disponibilità;

– avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione T.T. sulla base di due motivi;

– Ma.Va. e M.N. hanno resistito con controricorso;

– il Procuratore Generale ha concluso, con requisitoria scritta, per l’accoglimento del ricorso;

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– con i due motivi di ricorso, la ricorrente ha dedotto: 1) la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello escluso che nella specie ricorresse la figura della vendita di “aliud pro alio”, nonostante che i promittenti venditori non potessero trasferire alla T. la piena proprietà dell’immobile (come promesso nel preliminare), ma solo la proprietà superficiaria prevista dalla L. n. 865 del 1971, in materia di edilizia economica e popolare – della quale erano titolari e nonostante che nel preliminare non avessero fatto cenno a tale status giuridico dell’immobile ma avessero anzi garantito che esso era libero da oneri o diritti reali o personali di godimento; 2) la violazione e la falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 c.p.c., n. 3), nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte di Appello equiparato la proprietà superficiaria a quella dominicale, senza considerare che la concessione del diritto di superficie da parte del Comune di Latina era a tempo determinato (limitato a 99 anni), che non poteva aversi certezza che alla scadenza il Comune avrebbe rinunciato all’accessione del bene in proprio favore e che, in ogni caso, il rinnovo della concessione o la rinuncia all’accessione erano subordinati al pagamento di un corrispettivo in favore del Comune sulla base di criteri stabiliti nella convenzione stipulata tra l’ente comunale e il concessionario;

– i motivi sono fondati nei termini che seguono;

– il Comune di Latina, nell’ambito di un programma di edilizia residenziale pubblica a norma della L. n. 865 del 1971, art. 35, ha attribuito alla società concessionaria dell’area all’uopo destinata, sulla base di apposita convenzione, il diritto di superficie “ad aedificandum” a tempo determinato (per 99 anni);

– a seguito della costruzione dell’edificio, gli assegnatari degli alloggi hanno acquistato la c.d. “proprietà superficiaria” dei medesimi, secondo il titolo (“diritto di superficie”) previsto dalla convenzione e per il tempo previsto nella convenzione stessa;

– la “proprietà superficiaria” di un immobile – che consiste nella proprietà della costruzione separata dalla proprietà del suolo e si distingue dal diritto di superficie, quale diritto di costruire e mantenere la costruzione sul suolo altrui (art. 952 c.c.) limitando il diritto del proprietario del suolo, il quale non può avvalersi della facoltà di costruire in pregiudizio del diritto del superficiario e non può beneficiare degli effetti dell’accessione, va inquadrata, quale ius in re aliena, tra i diritti reali di godimento su cosa altrui (Cass., Sez. 2, n. 3409 del 13/10/1976);

– quando un ente comunale, nell’ambito di un programma di edilizia residenziale pubblica, abbia attribuito ad una cooperativa edilizia un diritto di superficie “ad aedificandum”a tempo determinato ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 35, la proprietà superficiaria degli alloggi costruiti costituisce un quid minus rispetto al pieno diritto di proprietà (cfr., in tema di diritto di superficie, Cass., Sez. 2^, n. 21930 del 15/10/2009), avendo carattere temporaneo (cfr., Cass., Sez. 1^, n. 20692 del 13/10/2016) ed estinguendosi allo scadere del termine, con la conseguenza che il proprietario del suolo – per effetto della riespansione della proprietà del suolo medesimo e del riprendere ad operare l’istituto dell’accessione (art. 934 c.c.) – diviene proprietario della costruzione su di esso realizzata (art. 953 c.c.), potendosi evitare tale effetto solo col rinnovo della convenzione e con una nuova concessione del diritto di superficie sempre a tempo determinato ovvero mediante riscatto dietro pagamento di corrispettivo (ai sensi della L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 31, commi 45 – 50);

– in ragione del carattere intrinsecamente temporaneo del diritto, la proprietà superficiaria deve ritenersi un diritto ontologicamente diverso da quello di piena proprietà, cosicchè, ove – nell’ambito di un contratto preliminare di compravendita – il promittente venditore si sia obbligato a trasferire al promissario acquirente la proprietà piena di un alloggio del quale abbia soltanto la proprietà superficiaria e pretenda poi di trasferirgli quest’ultima in luogo della piena proprietà promessa, ricorre la figura dell’allud pro alio” (cfr., a proposito di alloggio privo del certificato di abitabilità, Cass., Sez. 2, n. 1514 del 26/01/2006; Sez. 2, n. 24786 del 22/11/2006), che legittima l’azione per la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c.;

– qualora, in seno ad un contratto preliminare di compravendita, il promittente venditore si sia obbligato a trasferire la proprietà di un alloggio senza ulteriore specificazione (non precisando che si tratta di proprietà superficiaria di natura pubblicistica e di carattere temporaneo), deve presumersi che la promessa di vendita abbia ad oggetto la piena proprietà, spettando al promittente venditore l’onere di provare che il promissario acquirente fosse a conoscenza, al momento della stipula del preliminare, che la promessa di vendita riguardasse solo la proprietà superficiaria;

– ove il promittente venditore abbia garantito al promissario acquirente che il bene promesso in vendita era libero da oneri o diritti reali o personali di godimento, l’acquirente è esonerato dall’onere di svolgere indagini sul bene promesso, operando in suo favore il principio di affidamento nell’altrui dichiarazione (Cass., Sez. 2, n. 976 del 19/01/2006; coni., Sez. 2, n. 19752 del 27/09/2011; Sez. 2, n. 5223 del 29/07/1983);

– la sentenza impugnata si discosta, senza validi argomenti, dai richiamati principi di diritto;

– il ricorso va, pertanto, accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, che si conformerà ai principi di diritto sopra enunciati;

– il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese relative al presente giudizio di legittimità;

PQM

 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile, il 7 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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