Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23545 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/10/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 27/10/2020), n.23545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA E. – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10808/2014 R.G. proposto da:

Euro Immobiliare S.r.l., elettivamente domiciliata in Roma, Via

Oslavia n. 40, presso lo Studio dell’Avv. Giuseppe Merlino, che con

l’Avv. Angelo Vola la rappresentano e difendono, anche

disgiuntamente, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale

dell’Emilia-Romagna n. 75/9/13, depositata il 21 Ottobre 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 8 luglio 2020

dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta;

Lette le requisitorie della Procura Generale nella persona del suo

Sostituto……, che ha concluso per… del ricorso.

 

Fatto

RILEVATO E CONSIDERATO

1. che, con l’impugnata sentenza, la Regionale dell’Emilia-Romagna, in riforma della prima decisione, respingeva il ricorso promosso da Euro Immobiliare S.r.l. avverso un avviso di accertamento con il quale l’ufficio recuperava IVA 2005, esposta a credito, in relazione ad una compravendita immobiliare ritenuta oggettivamente inesistente;

2. che la Regionale reputava provata l’inesistenza dell’operazione, trattandosi a suo giudizio di un acquisto immobiliare assolutamente simulato, avvenuto tra Società aventi la medesima compagine sociale, soltanto inteso a far sorgere in capo alla contribuente un credito d’imposta, come dimostrato dalla immediata rivendita alla originaria alienante, dalle ammissioni che il socio B. aveva fatto davanti al giudice civile, dalla mancanza di riscontri contabili, come di pagamenti, dalla eccessività del prezzo formalmente pattuito; la Regionale, pertanto, di fronte agli evidenti “movimenti diretti all’evasione”, concludeva nel senso che l’operazione era del tutto priva di sostanza economica, soltanto predisposta, con abuso del diritto, a procurare un indebito vantaggio fiscale;

3. che la contribuente ricorreva per tre motivi, mentre l’ufficio resisteva con controricorso;

4. che la contribuente sceglieva di illustrare unitariamente i motivi di ricorso, il primo dei quali per violazione dell’art. 53 Cost.; D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 4, 54 e 54 bis e L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 30 gli atri due per omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, osservando, preliminarmente, che il “sistema comune dell’IVA” era retto dal principio di neutralità, mentre non rilevava l’effettivo impiego del bene acquistato, come invece aveva mostrato di credere la Regionale, che veniva perciò criticata per la motivazione con la quale era giunta ad accertare l’oggettiva inesistenza dell’operazione, non potendosi affatto, sempre secondo la contribuente, parlare di “pratica abusiva”, atteso che l’operazione poggiava su di una valida giustificazione economica extrafiscale, rappresentata dal pericolo dell’altrui insolvenza, un pericolo che aveva indotto alla immediata rivendita, negandosi quindi l’ottenimento di alcun indebito vantaggio fiscale;

5. che i motivi sono inammissibili, non solo perchè la tecnica utilizzata dalla difesa della contribuente non permette alla Corte di comprendere, all’interno della complessiva illustrazione degli stessi, quali censure ascrivere all’uno o all’altro, con la conseguente loro mancanza di specificità (Cass. sez. VI n. 19959 del 2014); ma anche perchè, in disparte i gravi difetti di autosufficienza, non contenendo il ricorso alcun tipo di concreta precisazione in ordine alla dedotta giustificazione economica extrafiscale (Cass. sez. un. 7161 del 2010), occorre comunque ricordare che a seguito della riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la denuncia di omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, non è più possibile (Cass. sez. un. 8053 del 2014);

6. che, infine, è necessario chiarire, al di là dell’inesatto richiamo all’istituto dell’abuso del diritto, da considerarsi irrilevante, atteso che l’art. 384 c.p.c., comma 4, consente la correzione della sentenza erroneamente motivata in diritto, che, invece, quello che la Regionale ha in effetti accertato, è null’altro che una comune fattispecie evasiva, di inesistenza oggettiva dell’operazione (Cass. sez. trib. n. 33593 del 2019);

7. che, al rigetto del ricorso, devono seguire le spese processuali, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna la contribuente a rimborsare all’ufficio le spese processuali, queste liquidate in Euro 13.000,00 per compenso, oltre a spese prenotate a debito; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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