Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23545 del 27/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 27/08/2021, (ud. 20/05/2021, dep. 27/08/2021), n.23545

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 35464-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE della PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA, 29, presso lo studio dell’avvocato

GIUSEPPINA GIANNICO, che lo rappresenta e difende unitamente agli

avvocati ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN;

– ricorrente –

contro

CORRADO ANGELA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 811/2019 del TRIBUNALE di NOCERA INFERIORE,

depositata il 16/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/05/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA

CALAFIORE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Nocera Inferiore, con sentenza n. 811 del 2019 resa a seguito di giudizio intrapreso dall’INPS ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, ha rigettato il ricorso proposto dall’Istituto confermando che C.A. era in possesso del requisito sanitario richiesto per l’assegno ordinario di invalidità di cui alla L. n. 222 del 1984, sin da gennaio 2018;

con il ricorso, presentato dopo la formulazione di formale dissenso al positivo accertamento dello stato invalidante, l’INPS aveva contestato le risultanze medico legali effettuate dal c.t.u. nel procedimento di ATPO ex art. 445 bis c.p.c., ed eccepito, in particolare, l’inammissibilità della domanda per avvenuta decadenza e per l’insussistenza del requisito contributivo;

il Tribunale, dopo aver chiarito che l’INPS non aveva effettuato alcuna censura sull’elaborato redatto dal consulente tecnico, essendo stata eccepita la decadenza per decorso del termine triennale D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, ex art. 47, e comunque l’assenza del requisito contributivo, ha ritenuto infondato il ricorso affermando che il dissenso espresso a seguito dell’espletamento della consulenza tecnica deve riguardare solo gli aspetti sanitari ed ha fatto richiamo alla sentenza di questa Corte di cassazione n. 6085 del 2014;

il Tribunale ha pure ricordato che la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 5338/2014; Cass. n. 9876/2019) aveva chiarito, agli effetti dell’ammissibilità dell’ATTO, che il giudice adito è chiamato ad accertare sommariamente, nella verifica dei presupposti processuali, oltre alla propria competenza, anche la ricorrenza di una delle ipotesi per le quali è previsto il ricorso alla procedura prevista dall’art. 445 bis c.p.c., nonché la previa effettiva presentazione della domanda amministrativa, l’eventuale presentazione del ricorso amministrativo e la tempestività del ricorso giudiziario;

quanto al profilo dell’interesse ad agire, il giudice è chiamato a valutare l’utilità dell’accertamento medico richiesto al fine del riconoscimento del diritto soggettivo sostanziale di cui l’istante si affermi titolare, utilità che potrebbe difettare ove risultassero manifestamente carenti, con valutazione prima facie, altri presupposti della prestazione;

ciò premesso, la pronuncia sul requisito sanitario, seppure finalizzata al riconoscimento del diritto alla prestazione, lascia impregiudicato, in futuro, l’accertamento in sede amministrativa, o giudiziaria se contestato, dei restanti requisiti extra sanitari;

avverso tale sentenza l’INPS ricorre per cassazione sulla base di un motivo;

C.A. è rimasta intimata.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorrente sostiene, in sostanza, la violazione e falsa applicazione degli artt. 100 e 112 c.p.c., della L. n. 222 del 1984, art. 4, e art. 445 bis c.p.c. e ciò in quanto il Tribunale non si sarebbe conformato al quadro normativo ed alla interpretazione dello stesso offerta dalla più recente giurisprudenza di legittimità;

in particolare, l’Istituto ha affermato che il ragionamento svolto dalla sentenza impugnata, seppure effettivamente ancorato ai principi espressi da questa Corte con le sentenze n. 6010, n. 6084 e n. 6085 del 2014, risulta in piena dissonanza con quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 27187 del 2006 e successive altre decisioni che hanno affermato il principio della inammissibilità di azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che integrino solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire oggetto di accertamento giudiziale solo nella sua interezza; ha, dunque, evidenziato la necessità di giungere ad una interpretazione dell’art. 445 bis c.p.c., che faccia salva la necessità di valutare il concreto interesse ad agire in vista dell’espletamento dell’a.t.p.o. nel rispetto del principio generale espresso dalle citate Sezioni Unite;

in particolare, si evidenzia che se Cass. n. 8533 del 2015, seguita da Cass. n. 22721 del 2016 e n. 10515 del 2019, hanno ritenuto che la dichiarazione di dissenso, necessaria ad evitare l’omologa dell’accertamento, debba riguardare anche gli aspetti preliminari ritenuti non preclusivi dell’ulteriore corso, relativi ai presupposti processuali ed alle condizioni dell’azione, non si vede perché lo stesso oggetto non possa avere anche il successivo giudizio di merito instaurato a seguito di opposizione;

la questione prospettata pone la necessità di operare una ricostruzione dell’ambito di operatività dell’istituto dell’a.t.p.o., di cui all’art. 445 bis c.p.c., tenendo in considerazione non solo la giurisprudenza di legittimità citata dal ricorrente ma anche i principi affermati da Cassazione n. 27010 del 2018; n. 9876 del 2019; n. 17787 del 2020, secondo i quali nelle controversie in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, nonché di pensione di inabilità e di assegno di invalidità ai sensi della L. n. 222 del 1984, la pronuncia emessa in esito al giudizio di cui all’art. 445 bis c.p.c., u.c., è per legge destinata a riguardare solo un elemento della fattispecie costitutiva (il c.d. requisito sanitario), sicché quanto in essa deciso non può contenere un’efficace declaratoria sul diritto alla prestazione, che è destinata a sopravvenire solo in esito ad accertamenti relativi agli ulteriori requisiti socio-economici;

si tratta, quindi, di pronuncia di evidente impegno nomofilattico, per cui non sussistono i presupposti per la trattazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

P.Q.M.

La Corte rimette la causa alla quarta sezione civile.

Così deciso in Roma, il 20 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2021

 

 

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