Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23542 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, (ud. 16/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23542

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10105/2015 proposto da:

G.L., elettivamente domiciliata in ROMA, Piazzale CLODIO 13,

presso lo studio dell’avvocato DANIELE BERARDI, rappresentata e

difesa dall’avvocato ROBERTO GALEANI, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.V.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA N. 86,

presso lo studio dell’avvocato ANNA PERTOSA, che lo rappresenta e

difende, giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1260/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 25/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIETTA SCRIMA;

udito l’Avvocato Daniele Berardi per delega verbale dell’Avvocato

Roberto Galeani difensore della ricorrente che si riporta agli

scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“1. Con sentenza n. 1736/2008 il Tribunale di Tivoli rigettava la domanda proposta da D.V.R. (locatore) nei confronti di G.L. (conduttrice) con atto, notificato in data 28 marzo 2007, di intimazione di sfratto (recte licenza) e contestuale citazione per la convalida per la scadenza del 31 dicembre 2007 in relazione all’immobile sito in (OMISSIS) e adibito ad uso abitativo, dichiarava la scadenza del rapporto di locazione in questione per la data del 31 dicembre 2011 e compensava tra le parti le spese di lite.

2. G.L. proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale chiedendo, in parziale riforma della stessa, la condanna del locatore -rimasto, a suo avviso, soccombente – alle spese del primo grado da distrarsi in favore del difensore antistatario, con vittoria di spese del secondo grado del giudizio, parimenti da distrarsi in favore del difensore antistatario.

Il D.V. si costituiva chiedendo il rigetto del gravame e la condanna all’appellante alle spese di quel grado.

3. La Corte di appello di Roma, con sentenza pubblicata il 25 febbraio 2014, rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese di quel grado.

4. Avverso la sentenza della Corte di merito G.L. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

D.V.R. ha resistito con controricorso.

5. Osserva il relatore che il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., in quanto appare destinate) ad essere rigettato.

6. Con il primo motivo, lamentando “ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 112, 329, 345 e 346 c.p.c., per violazione del principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato e del brocardo del “tantum devolutum quantum appellatum”, si assume che la Corte di merito, pur in difetto di gravame anche incidentale sul punto, avrebbe riformato il capo della sentenza impugnata relativo al rigetto della domanda “statuendo” un “precedente e presunto” accoglimento della stessa.

7. Con il secondo motivo si deduce “ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 4, per inesistenza/apparenza della motivazione sullo specifico motivo di gravame”. Sostiene la ricorrente che la Corte di merito avrebbe “stravolto la decisione relativa alla soccombenza di primo grado della resistente con una pseudo motivazione, a dir poco inesistente oltre che completamente illogica e distaccata dalla realtà processuale e fattuale”, affermando che “rilevato che la decisione assunta dal Tribunale in punto di spese di lite merita condivisione ove si consideri che la domanda di cessazione del contratto proposta dal locatore, sia pure in relazione alla diversa e successiva scadenza del 31 dicembre 2011, è stata accolta cosicchè appaiono sussistere i giusti motivi di cui all’art. 92, nella formulazione vigente al momento dell’instaurazione del giudizio di primo grado”.

8. Con il terzo motivo ci si duole “ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., in relazione alla richiesta di condanna alle spese di lite della resistente in primo grado”. La ricorrente censura “l’errata qualificazione della soccombenza operata dalla sentenza impugnata emessa dalla Corte di Appello di Roma, in ordine all’applicabilità degli artt. 91 e 92 c.p.c., sia relativamente – alla mancata – riforma della sentenza che alla condanna alle spese di lite di secondo grado dell’allora appellante”.

9. I primi tre motivi, che essendo strettamente connessi, ben possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

Nella specie non sussistono gli errores in procedendo lamentati con il primo motivo (sia pure impropriamente veicolati con il n. 3, invece che con il n. 4 dell’art. 360 c.p.c., comma 1), in quanto il riesame operato dalla Corte di merito risulta contenuto nei limiti fissati dai motivi di impugnazione, avendo detta Corte, proprio in relazione alla lamentata compensazione delle spese operata in primo grado, solo posto in rilievo il ragionamento seguito dal Tribunale e chiaramente evincibile dalla sentenza da questi emessa su cui si fonda l’operata compensazione, evidenziando che, pur se è stata rigettata la domanda di cessazione del contratto per la data di scadenza indicata dal locatore, è stata comunque accertata la scadenza del contratto alla data del 31 dicembre 2011, così pure espressamente indicando le ragioni per cui ha ritenuto di rigettare l’appello proposto, sicchè la sentenza di secondo grado risulta – contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente nel secondo mezzo – essere effettivamente motivata.

Così operando, la Corte di merito si è attenuta al principio affermato da questa Corte e secondo cui nel regime – applicabile nel caso di specie – introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a) e anteriore a quello modificato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese “per giusti motivi” deve essere esplicitamente motivato; ove non vi abbia provveduto il primo giudice, i giusti motivi possono, per colmare il tenore della pronuncia di primo grado, essere indicati, in sede di appello, dal giudice chiamato a valutare la correttezza della statuizione sulle spese, il quale nell’esercizio del potere di correzione, può dare, entro i limiti del devolutum, un diverso fondamento al dispositivo contenuto nella sentenza impugnata (Cass., ord., 23/12/2010, n. 26083; (Cass. 28/05/2015, n. 11130; Cass., ord. 20/04/2016, n. 7815). Si osserva che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, purchè ricorrano i presupposti richiesti dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nel testo ratione temporis applicabile, nella specie ancor più chiaramente esplicitati dalla Corte di merito, sicchè non sussiste la lamentata violazione della norma da ultimo indicata.

Neppure sussiste la lamentata violazione del precetto di cui all’art. 91 c.p.c. – che impone di condannare la parte soccombente al pagamento totale delle spese giudiziali, salvi i casi di compensazione totale o parziale delle stesse, come consentito dal successivo art. 92 c.p.c. – solo qualora – diversamente da quanto avvenuto nel caso all’esame – il giudice ponga, anche parzialmente, le spese di lite a carico della parte risultata totalmente vittoriosa (Cass. 4/06/2007, n. 12963).

10. Con il quarto motivo, deducendo “ex art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5, violazione degli artt. 91, 92 c.p.c. e art. 132 c.p.c., comma 4, per omessa indicazione dei parametri adottati ai fini della determinazione delle spese legali”, la ricorrente lamenta che la Corte territoriale, nel condannarla alle spese del secondo grado, abbia liquidato tali spese in complessivi Euro 1.860,00, oltre accessori, senza indicare i parametri di riferimento, in tal modo rendendo “impossibile stabilire quali siano state le fasi prese a riferimento, la relativa fascia tariffaria applicata e se la relativa determinazione sia stata operata con il rispetto delle tariffe forensi in vigore”.

11. Il motivo è inammissibile.

La parte che propone ricorso per cassazione, deducendo l’illegittima liquidazione delle spese processuali, ha l’onere di indicare il concreto aggravio economico subito rispetto a quanto sarebbe risultato dall’applicazione delle tariffe forensi invocate, atteso che, in forza dei principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, l’impugnazione non tutela l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria ma mira ad eliminare il concreto pregiudizio patito dalla parte, sicchè l’annullamento della sentenza impugnata è necessario solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella cassata (v., per quanto rileva nella specie, Cass. 7/10/2015, n. 20128 e giurisprudenza di legittimità ivi richiamata).

Nel motivo di ricorso all’esame, invece, manca ogni specifica deduzione relativa ad un concreto pregiudizio subito per effetto della censurata decisione e la doglianza si sostanzia, quindi, in una astratta denuncia del mancato rispetto delle norme invocate anche nell’illustrazione del mezzo, senza dimostrare la sussistenza di un interesse concreto ad ottenere una riforma della sentenza impugnata in relazione al punto in questione”.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente ha depositato memoria.

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ritiene di condividere i motivi esposti nella sopra riportata relazione e di farne proprie le conclusioni, non comportandone il superamento gli argomenti sviluppati nella memoria depositata dalla parte ricorrente.

2. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

3. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 16 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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