Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23541 del 18/11/2016
Cassazione civile sez. VI, 18/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23541
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 18672/2015 proposto da:
D.C.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G. G. BELLI
60, presso lo studio dell’avvocato DARIO BOLOGNESI, che la
rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI TRAPANI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DARDANELLI 13, presso lo studio
dell’avvocato MILENA LIUZZI, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIULIO VULPITTA, giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 720/2014 del TRIBUNALE di TRAPANI, depositata
il 04/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
15/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LINA RUBINO;
udito l’Avvocato Giulio Vulpitta difensore del controricorrente che
si riporta agli scritti.
Fatto
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione:
” D.C.S. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado n. 720/2014 depositata dal Tribunale di Trapani in data 4.7.2014 e comunicata il 7.4.2014, che la vede soccombente nei confronti del Comune di Trapani nella domanda di risarcimento danni per responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 c.c., avendo proposto appello avverso la predetta sentenza avanti alla Corte d’Appello di Palermo, appello dichiarato inammissibile dalla corte d’appello con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., pubblicata il 18.5.2015, non notificata.
Il ricorso è stato notificato alla controparte in data 10.7.2015.
Il Comune di Trapani si è costituito con controricorso.
Il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 c.p.c., apparendo destinato ad essere dichiarato inammissibile.
Gli artt. 348 bis e ter c.p.c., consentono infatti, qualora l’appello sia dichiarato inammissibile con ordinanza a fronte di una prognosi negativa sulla sua accoglibilità da parte del giudice di appello, di proporre direttamente ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado, della quale possono in questa sede essere denunciate eventuali violazioni di legge o vizi di motivazione nei limiti in cui esso attualmente rileva. Non è invece certamente consentito pretendere di svolgere dinanzi al giudice di legittimità il giudizio di appello al quale sia stato negato l’accesso.
E’ questo che tende a fare la ricorrente, la quale solo apparentemente e con assoluta indeterminatezza denuncia ipotesi di violazione di legge (violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c., con il primo motivo, con il secondo neppure si denuncia una violazione specifica ma si afferma la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2051 c.c., alla luce dei quali il giudice avrebbe dovuto accogliere la domanda).
All’interno della trattazione dei motivi, poi, non si sottopone ad una critica diretta – neppure in fatto – la sentenza impugnata (che ha negato in radice la credibilità della ricostruzione fattuale dell’accaduto offerta dall’attrice), quanto si ripercorrono le risultanze processuali sostenendo che, viceversa, l’attrice aveva fornito le prove del verificarsi di un sinistro (caduta sulla strada a causa di una buca piena d’acqua) riconducibile alla responsabilità per custodia del Comune.
Si propone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso”.
A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio, tenuto conto anche delle osservazioni contenute nella memoria della ricorrente, ha ritenuto di condividere pienamente le conclusioni in fatto e in diritto cui è prevenuta la relazione.
Il ricorso proposto va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza, e si liquidano come al dispositivo.
Infine, il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, pertanto deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Liquida le spese legali in Euro 1.400,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori e contributo spese generali.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.
Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016