Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23541 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 09/10/2017, (ud. 06/06/2017, dep.09/10/2017),  n. 23541

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15625-2012 proposto da:

T.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. VALLISNERI,

11, presso lo studio dell’avvocato CHIARA PACIFICI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI PATERA;

– ricorrente –

contro

B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GRAMSCI 16,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO PANDOLFO, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANTONIO CARMINE LA BANCA;

– controricorrente –

e contro

S.E.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 529/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 09/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato, PATERA Giovanni difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Antonio DE CICCO con delega orale dell’Avvocato LA

BANCA Antonio Carmine, difensore del resistente che ha chiesto

l’accoglimento delle difese in atti.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione del 2001 la sig.ra T.R. – creditrice del sig. S.R. per l’importo di L. 54.587.709 recato da un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, a quest’ultimo notificato il 20 marzo 1999 – convenne davanti al tribunale di Castrovillari gli eredi di S.R. (la moglie B.F. ed i figli P. ed E.M.A.), nonchè B.F. e S.P. in proprio, per sentir dichiarare la nullità – ai sensi (tra l’altro e per quanto qui ancora interessa) della L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40 – del contratto del 24 marzo 1999 con cui i coniugi B.F. e S.R., pochi giorni dopo la notifica del suddetto decreto ingiuntivo, avevano venduto al figlio P. un terreno, senza che nell’atto di trasferimento si facesse menzione alcuna del fabbricato abitativo esistente su tale terreno, costruito in base a concessione edilizia del 15 aprile 1986.

Il primo giudice rigettò la domanda della sig.ra T., giudicando l’attrice priva di interesse ad agire, e la Corte d’appello di Catanzaro, da costei adita, confermò detto rigetto, pur se con diversa motivazione. La Corte catanzarese, infatti, riconobbe che la sig.ra T. aveva interesse a far dichiarare la nullità dell’atto di trasferimento de quo, onde poter assoggettare ad esecuzione forzata la quota del cespite trasferito di proprietà di S.R., ma ritenne che ella non fosse legittimata a far valere il dedotto profilo di nullità – consistente nella mancata menzione, nel contratto di compravendita, del fabbricato esistente sul terreno trasferito e della concessione edilizia in forza della quale il medesimo era stato costruito – sull’assunto della natura relativa, in quanto azionabile dalla parti contraenti, della nullità di cui alla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40.

Avverso tale sentenza T.A., unico erede superstite di T.R., ricorre per cassazione nei confronti della signora B.F., di S.P. e di S.E.M.A., quali eredi di S.R. e, nei confronti primi due, anche in proprio, con un unico motivo con cui censura la sentenza gravata per aver ritenuto la nullità L. n. 47 del 1985, ex art. 40 rilevabile solo dai contraenti e non da qualunque interessato.

Solo B.F. ha depositato controricorso.

La causa veniva chiamata all’udienza pubblica del 23.11.16, per la quale solo il ricorrente depositava una memoria; in tale udienza il Collegio, rilevato che la notifica del ricorso non risultava perfezionata nei confronti di S.E.M.A., disponeva integrarsi il contraddittorio nei confronti di costei ai sensi dell’art. 331 c.p.c.. Espletato detto incombente, la causa veniva nuovamente discussa alla pubblica udienza del 6.6.17, per la quale T.A. ha depositato un’ulteriore memoria e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno disattese le eccezioni con cui la contro ricorrente denuncia la non integrità del contraddittorio nei giudizi di primo e secondo grado.

Quanto al giudizio di primo grado, la contro ricorrente lamenta l’incompleta esecuzione dell’ordine con cui il tribunale aveva disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti degli eredi di S.R., rappresentando che la T. aveva notificato a B.F., quale erede di S.R., solo il verbale di udienza contenente detto ordine e non anche l’atto di citazione.

L’argomento va disatteso, alla stregua del principio, già affermato da questa Corte (cfr. Cass. 1613/03), che, qualora venga ordinata l’integrazione del contraddittorio, in sede di merito, nei confronti dell’erede della parte defunta nel corso del giudizio, la circostanza che detto erede sia già costituito con comparsa, ancorchè in proprio, rende superflua una nuova notificazione della citazione, in considerazione della conoscenza diretta di quel provvedimento già da costui acquisita.

Peraltro nello stesso contro ricorso (pag. 11) si riferisce che la B. “era stata citata nel relativo giudizio nella duplice veste di erede di S.R. e di dante causa-venditrice dell’atto di vendita a favore di S. P.”. La B. era stata dunque già citata (anche) quale erede, cosicchè l’ordine di integrazione emesso dal tribunale non poteva che riferirsi ad altri eredi di S.R., diversi dalla sig.ra B.. Quanto al giudizio di appello, la contro ricorrente lamenta che l’atto di appello le sia stato notificato solo quale erede e non anche in proprio. La doglianza va disattesa per il principio della unicità della parte in senso sostanziale (cfr. Cass. n. 13411/08: “Nell’ambito del giudizio di appello, qualora una medesima persona fisica cumuli in sè la qualità di parte in proprio e quale erede di altro soggetto, non è necessario provvedere all’integrazione del contraddittorio nei suoi confronti, quale erede, ove la stessa sia già costituita in proprio, ravvisandosi nella specie l’unicità della parte in senso sostanziale”).

Nel merito la doglianza proposta con il ricorso va giudicata fondata, alla stregua del principio già espresso da questa Corte con la sentenza n. 8685/99 e ribadito con la sentenza n. 630/03, al quale questo Collegio intende dare conferma e seguito, che, mentre deve riconoscersi carattere relativo alla nullità degli atti giuridici aventi ad oggetto terreni abusivamente lottizzati a scopo residenziale e a quella degli atti aventi ad oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione, rispettivamente previste dalla L. n. 1150 del 1942, art. 31, comma 4 (come modificato dalla L. n. 765 del 1967, art. 10) e dalla L. n. 10 del 1977, art. 15, comma 7, essendo quelle nullità comminate soltanto ove da detti atti non risultasse che l’acquirente era a conoscenza, rispettivamente, della mancanza di lottizzazione autorizzata e della mancanza della concessione, viceversa, nel regime emergente dalla L. n. 47 del 1985, art. 18, comma 2, e art. 40, comma 2, deve riconoscersi carattere assoluto (e, quindi, rilevabilità d’ufficio e deducibilità da chiunque vi abbia interesse), alla nullità di ogni atto di trasferimento senza l’allegazione, per i terreni, del certificato di destinazione urbanistica, e, per gli edifici, senza l’indicazione degli estremi della licenza o concessione ad “aedificandum” (rilasciata eventualmente in sanatoria) ovvero, in mancanza, senza l’allegazione della domanda di sanatoria corredata dalla prova dell’avvenuto pagamento delle prime due rate dell’oblazione edilizia, poichè, quel regime normativo, mirando a reprimere ed a scoraggiare gli abusi edilizi, non dà alcun rilievo allo stato di buona o mala fede dell’acquirente. Nè, in senso contrario, può addursi la possibilità, prevista dal comma 3 dello stesso art. 40, di una successiva conferma degli atti viziati, mediante la redazione, anche ad opera di una sola delle parti, di altro atto avente la stessa forma, e contenente la menzione omessa o l’allegazione della dichiarazione o documentazione mancanti nel primo atto, poichè tale possibilità non integra una sanatoria in senso tecnico – giuridico, ma un semplice rimedio convalidante, consentito in dipendenza di carenze formali della precedente stipulazione e non in presenza dell’insussistenza, all’epoca di essa, dei requisiti sostanziali per la commerciabilità del bene.

In definitiva il ricorso va accolto e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla corte d’appello di Catanzaro, che si atterrà al principio che, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 40, comma 2, deve riconoscersi carattere assoluto (e, quindi, rilevabilità d’ufficio e deducibilità da chiunque vi abbia interesse), alla nullità degli atti di trasferimento di edifici privi della indicazione degli estremi della licenza o concessione ad “aedificandum” (rilasciata eventualmente in sanatoria) ovvero, in mancanza, dell’allegazione della domanda di sanatoria corredata dalla prova dell’avvenuto pagamento delle prime due rate dell’oblazione edilizia.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza gravata; rinvia ad altra sezione della corte di appello di Catanzaro, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 6 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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