Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23540 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/10/2020, (ud. 06/03/2020, dep. 27/10/2020), n.23540

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – rel. Consigliere –

Dott. DINAPOLI Marco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 111-2014 proposto da:

I.M., C.V., WEBCHARTER DI I.M. & C.

SAS, L.A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GIOLITTI 202, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CIAVARELLA,

rappresentati e difesi dall’avvocato FRANCESCO RACANELLI;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI BARI UFFICIO CONTROLLI

in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 56/2013 della COMM.TRIB.REG. di BARI,

depositata il 08/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/03/2020 dal Consigliere Dott.ss CASTORINA ROSARIA MARIA.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società Webcharter di I.M. & C. s.a.s. e i soci I.M., L.A. e C.V. impugnavano gli avvisi di accertamento loro singolarmente notificati, relativi all’anno di imposta 2004 con i quali, a seguito di una ricostruzione della contabilità con procedimento induttivo, operata in considerazione dell’antieconomicità dell’attività svolta, venivano accertati maggiori ricavi imponibili e maggior reddito di partecipazione.

I contribuenti impugnavano gli avvisi.

La Commissione Tributaria Provinciale di Bari, previa riunione, accoglieva i ricorsi dei contribuenti.

Proponeva appello l’Agenzia delle Entrate e la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, con sentenza n. 56/11/2013 depositata in data 8.5.2011 lo accoglieva sul presupposto che l’accertamento induttivo muovesse e fosse fondato dalla verificata antieconomicità della gestione.

I contribuenti ricorrono per la cassazione della sentenza, affidando il loro mezzo a due motivi.

L’Agenzia delle Entrate si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo i ricorrenti deducono la violazione del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 5 commi da 1 bis a 1 quinquies e della L. n. 146 del 1998, art. 10 come modificato dalla L. n. 301 del 2004, art. 1, lett. B) in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Deducono che era stato omesso il contraddittorio preventivo necessario per l’accertamento standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore.

La censura non è fondata.

La CTR ha osservato che nella specie non si era in presenza di un accertamento operato in applicazione degli studi di settore, bensì di un accertamento induttivo conseguente alla rilevata antieconomicità della gestione imprenditoriale, persistente ininterrottamente in tutti gli anni dal 2001 (anno iniziale dell’attività) sino al 2012 durante i quali non erano ma stati dichiarati redditi ma solo perdite di esercizio e che, nella specie, la mancata applicazione dello studio di settore, confacente all’attività svolta dalla società contribuente, da parte dell’ufficio, risultava pacificamente confermata dal fatto che i ricavi accertati ammontavano a Euro 39.260,00, diversi da quelli risultanti dallo studio di settore, pari, invece a Euro 61.974,00.

L’accertamento non si basava, quindi sulla mera applicazione degli studi di settore.

Questa Corte ha osservato che solo nel caso in cui l’accertamento sia basato sullo studio di settore l’instaurazione del contraddittorio preventivo con il contribuente è un obbligo dell’Amministrazione finanziaria. Un accertamento tributario può dirsi basato su uno studio di settore, però, quando trovi in esso il suo fondamento prevalente. Tanto non si verifica quando mediante l’utilizzo degli studi di settore siano emerse incongruenze nella contabilità di impresa che abbiano indotto l’Ente accertatore ad approfondire l’analisi, riscoprendo altri, e prevalenti, indici rivelatori dell’esistenza di una operatività economica non dichiarata, raccogliendo l’Amministrazione finanziaria elementi gravi, precisi e concordanti, alfine posti a fondamento dell’accertamento tributario (cfr. Cass. sez. V, 6.6.2019, n. 15344).

Nel caso di specie, come evidenziato, la CTR ha ritenuto che l’accertamento contestato fosse fondato sulla antieconomicità della gestione aziendale.

2. Con il secondo motivo i ricorrenti deducono erronea motivazione della sentenza impugnata e violazione degli artt. 2729 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4.

Lamentano che la CTR non aveva rilevato che la pretesa dell’ufficio era basata esclusivamente su presunzioni semplici non aventi alcun valore legale.

La censura non è fondata.

E’ ben noto, infatti, che il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico-induttivo e quello con metodo induttivo c.d. puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicchè l’amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. (in tale senso, da ultimo, Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 6861 del 08/03/2019; in termini, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17952 del 24/07/2013). Ne consegue che la “formale correttezza” delle scritture contabili non è ostativa ad un accertamento induttivo puro nel caso in cui, proprio a seguito di un loro esame analitico, se ne accerti la totale inattendibilità per le omissioni o anche solo per le false od inesatte indicazioni in esse contenute, che evidentemente quell’analisi presuppone (Cass. 4149/2020). Inattendibilità che nel caso di specie risulta essere stata desunta dalla antieconomicità della gestione imprenditoriale, persistente ininterrottamente in tutti gli anni dal 2001 (anno iniziale dell’attività) sino al 2012 durante i quali non erano ma stati dichiarati redditi ma solo perdite di esercizio.

L’irragionevolezza economica del comportamento del contribuente, rappresenta un fatto sintomatico di possibili violazioni all’obbligo della dichiarazione (C. Cass. 2001/1821, 2001/1645, 2002/6337, 2002/7487, 2002/7680, 2005/14428 e 2005/20422), perchè non essendo conforme a logica ed esperienza impostare o proseguire l’attività secondo criteri o malgrado risultati poco vantaggiosi o addirittura dannosi, autorizza a presumere che l’interessato abbia, in realtà, incassato più di quanto indicato nella denuncia dei redditi.

Tanto precisato, e ricordato ulteriormente che l’omessa dichiarazione di ricavi costituisce infrazione talmente grave da consentire la ricostruzione induttiva del reddito, ne discende che in presenza di situazioni capaci di far ipotizzare un’omissione del genere, l’Ufficio può procedere a rettifica della dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, toccando al contribuente che voglia impugnare l’accertamento il compito di fornire giustificazioni tali da superare le presunzioni valorizzate dall’Amministrazione.

Ciò posto la Commissione Regionale si è limitata sostanzialmente a rilevare che gli accertamenti risultavano corretti perchè l’Ufficio aveva accertato induttivamente i maggiori ricavi utilizzando l’indice

rappresentato dal valore aggiunto orario per addetto di 8,19, peraltro pari al valore minimo dell’intervallo dei valori mediamente

riscontrabili nel settore (8,19-77,04).

Dal canto loro, decade la CTR, con motivazione logica, i contribuenti hanno contestato la concludenza di simili considerazioni, ma invece di chiarire quali prove avessero formulato in contrario, si sono limitati a giustificare lo scostamento con la particolarità della situazione aziendale, in una fase di avviamento, esaurendosi così in una mera enunciazione non idonea, per la sua genericità, a dimostrare l’infondatezza della pretesa erariale.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.

Nulla sulle spese in considerazione del fatto che l’Agenzia si è costituita al solo fine di partecipare all’udienza di discussione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del citato art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

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