Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23538 del 20/09/2019

Cassazione civile sez. un., 20/09/2019, (ud. 26/03/2019, dep. 20/09/2019), n.23538

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Primo Presidente f.f. –

Dott. MANNA Felice – Presidente di Sez. –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20545/2017 R.G. proposto da:

SEFAR S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t.

T.R., rappresentato e difeso dagli Avv. Cesare Mainardis e Francesca

Giuffrè, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in

Roma, via dei Gracchi, n. 39;

– ricorrente –

contro

REGIONE AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA, in persona del Presidente

p.t., rappresentata e difesa dall’Avv. Vinicio Martini

dell’Avvocatura regionale, con domicilio eletto in Roma, piazza

Colonna, n. 355;

– controricorrente –

avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche n.

95/17 depositata il 4 maggio 2017.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 marzo 2019

dal Consigliere Dott. Guido Mercolino;

uditi gli Avv. Francesca Giuffrè e Vinicio Martini;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Sefar S.r.l. propose ricorso al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, chiedendo l’annullamento a) della nota SGRIUD/IPD5573 prot. n. 3535/P del 9 febbraio 2016, con cui la Regione Friuli Venezia Giulia aveva rigettato l’istanza, da essa proposta il 28 gennaio 2005, di rilascio della concessione di derivazione a fini idroelettrici dai torrenti (OMISSIS) nel territorio del Comune di Comeglians, nonchè b) della nota prot. 24306/P del 21 settembre 2015, con cui le era stato comunicato il preavviso di rigetto della richiesta, da essa avanzata ai sensi della L.R. 29 aprile 2015, n. 11, art. 62, comma 15, di proroga del termine per la trasmissione dell’istanza al Servizio regionale competente per la procedura di valutazione d’impatto ambientale.

Premesso che nella specie non era applicabile la L.R. n. 11 del 2015, art. 62, comma 15, riguardante le sole domande di derivazione non assoggettate alla moratoria prevista dall’art. 43, comma 3, della medesima Legge in attesa dell’approvazione del Piano regionale di tutela delle acque, la ricorrente denunciò la violazione dei principi di affidamento ed imparzialità, evidenziando la disparità di trattamento tra l’istanza in questione e quella, analoga, da essa presentata il 20 dicembre 2006 per il rilascio della concessione di derivazione dal (OMISSIS) nel territorio del Comune di Forni Avoltri.

1.1. Con sentenza del 4 maggio 2017, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche ha rigettato la domanda.

A fondamento della decisione, il TSAP ha escluso innanzitutto l’irrazionalità e la contraddittorietà della disciplina dettata dalla L.R. n. 11 del 2015, art. 62, comma 15, osservando che, a differenza dell’art. 43, comma 3, della medesima Legge, tale disposizione non introduce una norma di salvaguardia, ma una norma transitoria, riguardante i procedimenti in itinere, che, imponendo l’attivazione di una procedura di screening o di valutazione d’impatto ambientale, mira a rassicurare la Regione in ordine alla serietà dell’impegno dei proponenti ed alla compatibilità ambientale ab origine della proposta. Ciò posto, e precisato che l’eventuale richiesta di proroga del termine dev’essere motivata in relazione a vicende serie e non altrimenti risolubili, ha ritenuto che il mancato invio, da parte della Regione, di una nota di rammento analoga a quella trasmessa per l’altra istanza, con cui era stata comunicata l’entrata in vigore della norma transitoria, non consentisse di ritenere che la ricorrente era incorsa in un errore interpretativo sul reale significato di tale disposizione, osservando comunque che, indipendentemente dall’assoggettamento delle due istanze alla medesima disciplina giuridica, tale errore avrebbe dovuto essere fatto constare per tempo alla Regione, conformemente alle regole di leale collaborazione. Ha escluso che l’asserita disparità di trattamento tra le due istanze fosse idonea a fondare un affidamento incolpevole della ricorrente, rilevando da un lato che la predetta comunicazione costituiva un indizio serio e preciso in senso contrario all’erronea convinzione dell’istante, e dall’altro che agli obblighi d’imparzialità ed efficacia della Pubblica Amministrazione corrisponde quello del cittadino di comportarsi correttamente e diligentemente. Precisato che nella specie tale diligenza avrebbe dovuto indurre la ricorrente a desumere dalla comunicazione trasmessale una regola di comportamento valevole anche per casi analoghi, ha rilevato comunque che, già prima dell’entrata in vigore della L. n. 11 del 2015, la Regione aveva avvertito l’istante della necessità di attivare un procedimento di valutazione d’impatto ambientale in vista dell’approvazione del Piano di tutela delle acque.

2. Avverso la predetta sentenza la Sefar ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. La Regione ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione della L.R. n. 11 del 2015, art. 62, comma 15, osservando che, nell’escludere l’irrazionalità e la contraddittorietà della disciplina introdotta da tale disposizione, il TSAP non ha considerato che essa ricorrente si era limitata ad affermarne l’inapplicabilità alle istanze assoggettate alla moratoria prevista dall’art. 43, comma 3, della medesima Legge. Premesso che quest’ultimo, prevedendo la sospensione dei procedimenti concessori in attesa dell’entrata in vigore del Piano di tutela delle acque, rendeva superflua l’attivazione di procedimenti di controllo ambientale e la stessa presentazione di un’istanza di proroga del relativo termine, sostiene che la contraria interpretazione risultante dalla sentenza impugnata contrasta con i canoni di ragionevolezza e razionalità delle disposizioni legislative e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, introducendo un onere procedimentale arbitrario ed illogico, imponendo agli uffici pubblici un inutile dispendio di energie e di risorse e gravando i privati di oneri economici non indifferenti, per lo svolgimento di subprocedimenti che, a causa della sospensione del procedimento principale, si traducono in un incombente non necessario e sproporzionato.

1.1. Il motivo è infondato.

La ricorrente insiste infatti sull’esistenza di un collegamento tra l’osservanza del termine previsto dalla L.R. n. 11 del 2015, art. 62, comma 15 e la sottrazione dell’istanza di rilascio della concessione all’operatività della moratoria prevista dall’art. 43, comma 3, della medesima Legge, sostenendo che la riconducibilità dell’istanza all’ambito applicativo di tale disposizione avrebbe comunque impedito il rilascio della concessione, quanto meno fino all’entrata in vigore del Piano regionale di tutela delle acque, rendendo in tal modo priva di senso la previsione di un termine per la presentazione dell’istanza di sottoposizione alla valutazione d’impatto ambientale. Correttamente, invece, la sentenza impugnata ha negato l’esistenza di tale collegamento, evidenziando la diversità della ratio delle due disposizioni, la prima delle quali, avente carattere transitorio, mirava ad accelerare lo svolgimento delle procedure di rilascio delle concessioni avviate in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge, mentre la seconda introduceva una misura di salvaguardia (venuta peraltro meno a seguito dell’abrogazione dell’art. 43, comma 3, cit. da parte della L.R. 29 dicembre 2015, n. 33, art. 2), volta ad assicurare, fino alla approvazione del Piano, la conservazione dello status quo ante nei bacini idrografici minori e nelle aree protette, con la sola eccezione delle derivazioni poste a servizio di modeste strutture isolate non servite dalle reti pubbliche. Significativo, in tal senso, è il disposto del comma 10 del medesimo art. 43, che per le istanze proposte successivamente all’entrata in vigore della legge regionale rinvia al regolamento cui è demandata la disciplina delle procedure di rilascio della concessione la fissazione dei termini per la presentazione dell’istanza di sottoposizione alla valutazione d’impatto ambientale, prevedendo, allo stesso modo dell’art. 62, comma 15, che l’inosservanza di detti termini comporta il rigetto dell’istanza di rilascio della concessione, senza fare alcun riferimento alla predetta moratoria; quest’ultima non risulta d’altronde menzionata neppure nell’art. 45, comma 2, il quale, nel disporre che per i progetti non sottoposti alla valutazione d’impatto ambientale debba essere acquisito il parere dell’ARPA, stabilisce anch’esso un breve termine per il rilascio di tale parere, al medesimo fine di accelerare lo svolgimento della procedura. Il confronto di tali disposizioni con quella dettata dall’art. 62, comma 15, conferma che, come sostenuto dalla difesa della Regione, la finalità perseguita dalla disciplina transitoria consisteva nell’uniformare il regime delle istanze di concessione presentate in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge a quello delle istanze presentate in epoca successiva, imponendo per tutte l’immediata sottoposizione alla valutazione d’impatto ambientale, indipendentemente dall’approvazione del Piano regionale di tutela delle acque, e prevedendo soltanto per le prime la possibilità di una proroga del termine, su motivata istanza del richiedente, all’evidente fine di consentire a quest’ultimo una ponderata valutazione degli effetti della nuova disciplina e di eventuali sopravvenienze di fatto idonee ad incidere sulle esigenze sottese alla proposizione dell’istanza. L’onere in tal modo imposto ai richiedenti non può considerarsi irragionevole o sproporzionato, trattandosi dell’attivazione di un subprocedimento ordinariamente e necessariamente connesso a quello principale, la cui anticipazione rispetto alla definizione degli obiettivi e delle misure necessarie per la tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico non si traduce in un inutile aggravio del procedimento, contrastante con i principi di efficienza, economicità e buon andamento della Pubblica Amministrazione, essendo i relativi risultati destinati a confluire nel procedimento principale, ai fini della valutazione preordinata all’emissione del provvedimento finale, da adottarsi anche alla luce del quadro delineato dal Piano regionale.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce, in via subordinata, l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel ritenere equiparabili sotto il profilo normativo le due istanze da essa presentate, la sentenza impugnata non ha tenuto conto della circostanza, evidenziata nel ricorso, che soltanto quella relativa alla concessione di derivazione dal (OMISSIS) era sottoposta alla disciplina prevista dalla L.R. n. 11 del 2015, artt. 44 e segg., essendo stata avanzata in regime di concorrenza con altre istanze. Nell’escludere l’affidamento incolpevole determinato dalla diversità di trattamento delle due istanze, in virtù di un’altra comunicazione precedentemente inviata dalla Regione, il TSAP non ha poi considerato che la moratoria prevista dall’art. 43, comma 3, della Legge Regionale aveva comportato un radicale mutamento della situazione giuridica relativa all’istanza di rilascio della concessione di derivazione dal torrente (OMISSIS).

2.1. Il motivo è infondato.

L’affermazione secondo cui la concessione di derivazione dal (OMISSIS) sarebbe stata sottoposta ad una disciplina diversa da quella applicabile alla concessione di derivazione dal torrente (OMISSIS), oltre a porsi in contrasto con la tesi sostenuta dalla ricorrente, secondo cui l’Amministrazione avrebbe tenuto una condotta diversa in relazione a fattispecie identiche, trova smentita, con riguardo alla valutazione d’impatto ambientale, nella disciplina dettata dalla L.R. n. 11 del 2015, art. 43, comma 10, che prevede l’attivazione del relativo subprocedimento tanto nell’ipotesi in cui sia presentata un’unica istanza quanto nell’ipotesi in cui vi siano più istanze concorrenti, subordinandola in quest’ultimo caso all’individuazione di quella da preferire, da compiersi sulla base dei criteri indicati dall’art. 44, commi 3 e 4 e disponendo che l’inosservanza del termine per la presentazione della richiesta comporta il rigetto dell’istanza di rilascio della concessione, cui consegue l’assegnazione del medesimo termine al richiedente collocato in posizione successiva nella graduatoria risultante dalla conclusione della procedura di valutazione delle istanze concorrenti. Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che il mancato invio, per l’istanza di rilascio della concessione di derivazione dal torrente (OMISSIS), di una comunicazione analoga a quella trasmessa per l’istanza relativa alla derivazione dal (OMISSIS), pur non risultando perfettamente in linea con i canoni di correttezza cui deve ispirarsi l’esercizio della funzione amministrativa, non potesse considerarsi di per sè sufficiente ad indurre la ricorrente in errore circa la necessità di presentare l’istanza di sottoposizione alla valutazione d’impatto ambientale anche nell’ambito della prima procedura. In proposito, oltre al carattere meramente soggettivo del convincimento espresso dalla ricorrente in ordine all’interpretazione della disciplina in esame, il TSAP ha posto opportunamente in risalto sia l’onere di diligenza e leale collaborazione gravante sulla richiedente, che avrebbe dovuto indurla quanto meno a far constare per tempo l’errore alla Regione, sia il contrario indizio rappresentato dall’invio di una precedente comunicazione anche in riferimento all’istanza di rilascio della concessione di derivazione dal torrente (OMISSIS): tale ragionamento non può ritenersi inficiato dall’anteriorità della predetta comunicazione rispetto all’entrata in vigore della L.R. n. 11 del 2015, la quale è stata tenuta ben presente dalla sentenza impugnata, non a caso soffermatasi su tale elemento non già per affermare la correttezza del comportamento della Regione, ma soltanto per escludere che lo stesso avesse potuto ingenerare nella richiedente un affidamento in ordine all’applicabilità di una disciplina diversa da quella relativa alla concessione di derivazione dal (OMISSIS).

3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione dei principi di affidamento ed imparzialità e della presunzione di legittimità degli atti e dei provvedimenti amministrativi, ribadendo che il proprio comportamento ha costituito la logica conseguenza di quello tenuto dalla Regione, la quale ha esplicitamente ammesso di aver trattato in modo diverso situazioni omogenee; nel ritenere che la comunicazione inviata per una sola delle due istanze escludesse l’affidamento incolpevole in ordine alla disciplina applicabile all’altra, la sentenza impugnata non ha considerato che essa ricorrente aveva confidato nella legittimità dell’atto amministrativo e della condotta tenuta dalla Pubblica Amministrazione, orientandosi di conseguenza.

3.1. Il motivo è infondato.

In assenza di una norma che imponesse espressamente l’invio della comunicazione relativa alla presentazione dell’istanza di sottoposizione alla valutazione d’impatto ambientale, entro il termine previsto dalla norma transitoria di cui alla L.R. n. 11 del 2015, art. 62, comma 15, la sentenza impugnata ha correttamente escluso che la relativa omissione potesse costituire causa d’illegittimità del diniego della concessione, trattandosi di un adempimento non obbligatorio per la Regione; in quanto rispondente esclusivamente ad esigenze di correttezza e buon andamento dell’azione amministrativa, l’effettuazione di tale adempimento nell’ambito di un’altra procedura è stata condivisibilmente ritenuta inidonea ad ingenerare nel destinatario un incolpevole affidamento in ordine all’inapplicabilità del predetto termine all’istanza in questione, avuto riguardo alla chiarezza del dettato legislativo ed all’onere di diligenza gravante sulla richiedente, che le avrebbe imposto quanto meno di segnalare tempestivamente all’Amministrazione il diverso comportamento tenuto in casi analoghi e di verificarne le ragioni. Il riconoscimento della non imputabilità dell’errore commesso nell’interpretazione della predetta disposizione, postulando la corrispondenza della lettura prescelta ad un consolidato orientamento dell’Amministrazione, avrebbe d’altronde richiesto che la ricorrente non si fosse limitata a far valere la diversità del comportamento occasionalmente tenuto dalla Regione in una procedura analoga, ma avesse allegato e dimostrato la conformità di tale condotta ad una prassi amministrativa costante, tale da trarre in inganno la richiedente, inducendola a ritenere che l’Amministrazione stessa si fosse considerata obbligata all’invio della comunicazione, la cui necessità sarebbe stata successivamente disattesa attraverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di proroga del termine e di diniego della concessione.

4. Il ricorso va pertanto rigettato, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019

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