Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23535 del 20/09/2019

Cassazione civile sez. un., 20/09/2019, (ud. 12/03/2019, dep. 20/09/2019), n.23535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente f.f. –

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente di Sez. –

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente di Sez. –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14334-2018 proposto da:

M.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 43,

presso lo studio dell’avvocato MARCO D’AGOSTINO, rappresentato e

difeso dagli avvocati ARMANDO PACIONE e FRANCESCO MALAFRONTE;

– ricorrente –

contro

INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI

SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso la

sede legale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati

FABRIZIO CERALLO e DONATELLA MORAGGI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5087/2017 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 3/11/2017.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/03/2019 dal Consigliere Dott. SCRIMA Antonietta.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso notificato all’INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (di seguito indicato, per brevità, INAIL) nel 1994, M.L., già dipendente dell’INAIL, adì il TAR Lazio per l’annullamento della delibera del Commissario straordinario dell’INAIL n. 486/1993, di diniego del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità indicata nell’istanza all’uopo presentata, nonchè di tutti gli atti preordinati, consequenziali o comunque connessi.

Il TAR adito accolse il ricorso con la sentenza n. 4142/2005, passata in giudicato, sulla scorta della carenza motivazionale del provvedimento di diniego.

Con determina n. 7653/2005 il Direttore centrale annullò il precedente provvedimento negativo e confermò il disconoscimento della dipendenza da causa di servizio della predetta infermità.

Il ricorrente, affermando che sarebbe precluso

all’Amministrazione di discostarsi dal parere del Collegio medico di seconda istanza in punto di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità e lamentando che la stessa, adottando il citato provvedimento, si sarebbe sottratta all’obbligo di ripetere “l’iter amministrativo nel senso legale e legittimo ritenuto dall’Organo Giurisdizionale e che in precedenza non ha osservato”, anche in virtù del tempo (oltre dodici anni) trascorso dal provvedimento originariamente impugnato, propose ricorso al Tribunale di Cassino Giudice del Lavoro, chiedendo di “ritenere – dichiarare – stabilire dipendente da causa di servizio l’aggravamento dell’infermità dell’istante”.

Il Tribunale adito, con la sentenza n. 1435/2008, dichiarò il suo difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo.

Il M. riassunse, quindi, il giudizio dinanzi al TAR Lazio Sezione di Latina, affinchè venisse data esecuzione alla sentenza n. 4142/2005, ma il giudice adito, con la sentenza n. 914/2013, dichiarò sussistente la giurisdizione del giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro.

Il Tribunale di Cassino, nuovamente adito dal M., con la sentenza n. 217/2015, dichiarò il ricorso inammissibile, in quanto afferente alla giurisdizione del giudice amministrativo.

Queste Sezioni Unite della Cassazione, adite dal ricorrente con istanza di regolamento di giurisdizione, componendo il denunciato conflitto negativo di giurisdizione tra il Tribunale di Cassino e il TAR Lazio, dichiararono la giurisdizione del Giudice amministrativo e rimisero le parti davanti al TAR Lazio.

Riassunto, quindi, il giudizio dinanzi al TAR Lazio, il ricorrente concluse per l’annullamento del provvedimento negativo dell’INAIL, in quanto contrastante con la sentenza n. 4142/2005, per l’accertamento del nesso causale tra l’infermità ed il servizio prestato, anche utilizzando la c.t.u. acquisita nel corso del giudizio svoltosi dinanzi al Tribunale di Cassino, e per la condanna dell’INAIL a “disporre-attuare” in favore del M. il trattamento previdenziale individuato dal C.T.U. B. nonchè al pagamento di tutti gli arretrati con interessi e rivalutazione monetaria.

Il TAR adito, con la sentenza n. 791/2016, respinse il ricorso.

L’appello proposto dal M. avverso tale ultima sentenza venne rigettato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 5087/2017, pubblicata il 3 novembre 2017.

Avverso la sentenza del Consiglio di Stato M.L. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.

INAIL ha resistito con controricorso illustrato da memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Va preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per insanabile difetto di procura speciale, sollevata dalla parte controricorrente.

1.1. L’eccezione è fondata.

Ed invero la procura richiamata nell’intestazione del ricorso è su foglio separato e materialmente congiunto al predetto atto e non contiene alcun elemento che si riferisce al ricorso in questione ma, anzi, in essa testualmente si afferma quanto segue: “Io sottoscritto,…, delego a rappresentarmi e difendermi nel presente ricorso avente ad oggetto istanza di revisione avverso verbale di contestazione ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 e/o giudizio in ogni sua fase o grado ed eventuale opposizione, appello, esecuzione o riassunzione l’Avv. Armando Pacione e Francesco Mala fronte… conferendo tutte le facoltà di legge, ivi compresa quella di chiamare in causa terzi, proporre domande nuove e riconvenzionali, conciliare e transigere la controversia e firmare il presente atto. Con ogni altra facoltà, anche se qui non espressamente prevista, necessaria per il completo espletamento del presente mandato…. Cassino 26.04.2018”.

1.2. Risulta evidente, ictu oculi, che siffatta procura abbia, comunque, un tenore incompatibile con l’esigenza di dimostrare la specialità della procura stessa in relazione al ricorso per cassazione in parola (v. Cass. 5/11/2018, n. 28146 Cass. 24/07/2017, n. 18527), facendosi in essa espresso riferimento ad uno specifico ricorso de tutto diverso da quello all’esame e ben individuato senza, peraltro, alcuno specifico richiamo al presente giudizio di cassazione, pur facendosi in essa cenno genericamente a ogni fase e grado del giudizio, dovendosi intendere, evidentemente, tale giudizio quello avente lo specifico oggetto richiamato espressamente.

Al riguardo si osserva che, secondo il consolidato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, dal quale non vi è motivo di discostarsi in questa sede, “è inammissibile il ricorso per cassazione allorquando la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell’art. 83 c.p.c., comma 2, contenga espressioni incompatibili con la specialità richiesta e dirette piuttosto ad attività proprie di altri giudizi e fasi processuali” (oltre alle decisioni già sopra richiamate, v. Cass. 21/03/2005, n. 6070; Cass., ord., 5/11/2018, n. 28146).

2. Il ricorso è, quindi, inammissibile per difetto di rituale procura speciale.

3. Le spese del presente giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

4. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

5. Va disposto che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili della Corte Suprema di Cassazione, il 12 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019

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