Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23535 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 18/11/2016, (ud. 18/10/2016, dep. 18/11/2016), n.23535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13351/2012 proposto da:

S.M., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA CELIMONTANA 38, presso lo studio dell’avvocato BENITO PANARITI,

rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO SOLINAS, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA’ RICERCA, C.F. (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 619/2011 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI,

depositata il 06/12/2011 R.G.N. 478/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito l’Avvocato SOLINAS CLAUDIO;

udito l’Avvocato D’AVANZO GABRIELLA e l’Avvocato FEDELI ANDREA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di appello di Cagliari, con sentenza n. 619/2011, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Lanusei, che aveva respinto la domanda proposta da S.M. nei confronti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

2. La ricorrente, quale insegnante supplente di lingua inglese in forza di una serie di contratti a tempo determinato stipulati nel periodo 1.9.2003 – 30.6.2009, aveva chiesto l’accertamento della illegittimità della reiterazione delle assunzioni a termine, la conversione dei rapporti a termine in un rapporto a tempo indeterminato, il risarcimento dei danni subiti. Il Ministero aveva eccepito, tra l’altro, che la ricorrente era stata immessa in ruolo in data 1.9.2009.

3. La Corte di appello ha osservato che la ricorrente, assunto a tempo indeterminato a decorrere dal 1.9.2009, non aveva più interesse alla conversione, che in ogni caso non avrebbe potuto ottenere in quanto in materia di pubblico impiego opera il divieto posto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, ritenuto legittimo dalla Corte costituzionale con sentenza n. 98/2003 e non modificato dal D.Lgs. n. 368 del 2001; inoltre, il D.L. n. 70 del 2011, ha espressamente previsto che la conversione non si applica ai contatti a tempo determinato stipulati per il conferimento delle supplenze del personale docente.

4. Quanto alla domanda risarcitoria formulata dall’appellante che, sul presupposto di un prospettato abuso, aveva parametrato il danno alle differenze tra la retribuzione percepita e quella che gli sarebbe spettata se fosse stato assunto a tempo indeterminato fin dal primo contratto a termine, la Corte di appello ha escluso il prospettato abuso in base ai seguenti rilievi:

– per il reclutamento del personale opera la disciplina speciale di cui alla L. n. 297 del 1994 e L. n. 124 del 1999, oltre alle fonti integrative rappresentate dai CCNL e dai regolamenti ministeriali; il sistema di reclutamento ivi previsto corrisponde alle esigenze variabili del settore; inoltre, la successione dei contratti è finalizzata a favorire la massima ripetizione in quanto ogni periodo comporta l’aumento del punteggio in graduatoria per il conferimento di successive supplenze e per le immissioni in ruolo nel 50% dei posti annualmente disponibili;

– quanto alla compatibilità del sistema con la Direttiva 1999/70/UE, un abuso derivante dall’utilizzo di una successione di contratti potrebbe verificarsi in caso di ripetuti conferimenti alla stessa persona di supplenze annuali per la copertura di posti effettivamente vacanti in organico di diritto che rimangono stabilmente scoperti a causa del mancato espletamento delle procedure concorsuali per le assunzioni in ruolo del personale docente; conclusione diversa si impone per le supplenze temporanee conferite per posti non vacanti disponibili annualmente in organico di fatto o per la sostituzione di insegnanti assenti aventi diritto alla conservazione del posto di lavoro, che presuppongono esigenze effettivamente contingenti e imprevedibili, tali da far escludere una condotta abusiva dell’Amministrazione;

– in quest’ultima tipologia di incarico rientrano tutte le supplenze conferite all’appellante per posti non vacanti disponibili in organico di fatto con scadenza al 30 giugno in diversi istituti scolastici o per sostituzione di personale di ruolo assente e con scadenza al termine dell’assenza e l’appellante non ha dimostrato – e neppure prospettato – che in tali istituti scolastici non esisteva un’effettiva esigenza di supplenze temporanee in attesa di rideterminazione degli organici o del rientro in servizio del personale assente, per cui non è configurabile il lamentato abuso;

– da ultimo, deve escludersi che l’appellante abbia percepito, prima dell’intervenuta immissione in ruolo, un trattamento retributivo inferiore a quello spettante all’insegnante a tempo indeterminato, in quanto nell’ordinamento il supplente ha diritto alla stessa retribuzione per il lavoro prestato (con esclusione degli intervalli di tempo non lavorati), agli scatti di anzianità “secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale” e al calcolo del servizio pre-ruolo.

5. Per la cassazione di tale sentenza ricorre S.M. con quattro motivi. Resiste il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca con controricorso. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

6. Con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione della Direttiva del Consiglio UE n. 70 del 1999 e dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato concluso il 18.3.1999, clausola 5, nonchè violazione della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 6 e comma 14 bis, aggiunto dal D.L. n. 134 del 2009, art. 1, conv. in L. n. 167 del 2009, L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 605, lett. c). Si deduce che la Corte di appello aveva errato nel limitare la configurabilità dell’abuso sanzionabile con il risarcimento del danno per incompatibilità con la Direttiva 1999/70/Ce all’ipotesi di ripetute supplenze annuali per la copertura di posti vacanti in organico di diritto.

7. Con il secondo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, commi 1, 2, 3 e 5, in relazione alla Direttiva n. 70/1999, clausola 5. Si sostiene che l’art. 36 citato, applicabile a tutto il pubblico impiego – e quindi anche al settore scolastico -, contempla come misura residuale il ricorso a tipologie contrattuali flessibili, riservate alle sole esigenze temporanee ed eccezionali; il sistema scolastico non collega, invece, il conferimento delle supplenze a compiti ed eventi specifici, non prevede il numero dei rinnovi, nè la durata massima dei contratti a termine successivi.

8. All’illegittimità dei contratti a termine conseguirebbe per la P.A., ai sensi della Direttiva 70/99/CE e dei D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 36, commi 1,2,3, e 5 e D.Lgs. n. 368 del 2001, l’obbligo di convertire il rapporto ovvero di risarcire i danni, del D.Lgs. n. 165, ex art. 36, senza che la conversione potrebbe ritenersi impedita dalla regola imposta dall’art. 97 Cost..

9. Con il terzo motivo si denuncia violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1, commi 1 e 2 e art. 4; Direttiva n. 70/99. Si sostiene che non gravava sull’appellante, ma sull’Istituto scolastico l’onere di dimostrare l’insussistenza della ragione temporanea, poichè per potere fornire tale prova occorre avere a disposizione i dati relativi agli organici, alle scoperture del personale e all’entità dei fabbisogni.

10. Con il quarto motivo si lamenta violazione D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, comma 1, L. n. 312 del 1980, art. 53, Direttiva n. 70/1999, clausola 4, principio di non discriminazione. Si sostiene che la Corte di appello aveva erroneamente affermato che il supplente ha visto riconosciuta dall’Amministrazione la stessa retribuzione del personale di ruolo, eccetto gli intervalli di tempo non lavorati, ivi compresi gli scatti di anzianità e il calcolo del servizio pre-ruolo. Al contrario, a norma del D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 485, comma 1, il docente precario ha diritto al riconoscimento del servizio pre-ruolo solo in misura parziale e non integrale, perdendo dopo i primi quattro anni 1/3 del servizio pre-ruolo. La L. n. 312 del 1980, art. 53, prevede che al personale non di ruolo, escluse in ogni caso le supplenze, sono attribuiti aumenti periodici per ogni biennio di servizio prestato a partire dal 1.6.77 in ragione del 2,50% calcolati sullo stipendio iniziale; gli scatti biennali non sono ma stati applicati ai docenti a tempo determinato, la norma non ha mai trovato applicazione ad eccezione dei docenti di religione. Il trattamento riservato ai docenti precari viola il principio di non discriminazione (clausola 4).

11. Reputa il Collegio che premessa dell’esame delle censure sia la ricostruzione critica del complesso quadro normativo nel quale si colloca la controversia in esame

12. La L. n. 124 del 1999, il D.Lgs. n. 368 del 2001 e la disciplina di reclutamento del personale scolastico, sino alla L. n. 107 del 2015: la “specialità del sistema”.

13. Il Collegio ribadisce, condividendolo, l’orientamento espresso da questa Corte con la sentenza 20 giugno 2012 n. 10127, secondo cui la disciplina del reclutamento del personale scolastico, docente ed ATA, costituisce un “corpus” normativo completo e speciale, sicchè, per il principio immanente all’ordinamento secondo il quale “lex posterior generalis non derogat priori speciali”, non è possibile far discendere dalla entrata in vigore del D.Lgs. n. 368 del 2001, l’abrogazione della normativa speciale che qui viene in rilievo, nelle parti incompatibili con la disciplina di carattere generale dettata per il contratto a tempo determinato.

14. La specialità del sistema sussiste anche rispetto alle forme di reclutamento del personale delle Amministrazioni pubbliche ed è stata espressamente riconosciuta dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70.

15. Va dunque rammentato che la L. n. 124 del 1999, per l’accesso in ruolo del personale docente, pur mantenendo il previgente sistema del doppio canale, in virtù del quale l’accesso ai ruoli doveva avvenire per il 50% dei posti mediante concorsi per titoli ed esame e per il restante 50% attingendo dalla graduatoria del concorso per soli titoli, ha trasformato le graduatorie dei concorsi per soli titoli in graduatorie permanenti, prevedendo la periodica integrazione delle stesse, mediante l’inserimento dei docenti risultati idonei all’esito dell’espletamento del concorso regionale, nonchè l’aggiornamento, egualmente periodico, delle posizioni degli aspiranti all’assunzione già inclusi in graduatoria (art. 401 del T.U. delle disposizioni legislative in materia di istruzione approvato con D.Lgs. n. 297 del 1994). Le operazioni di integrazione ed aggiornamento sono state disciplinate nel dettaglio con il D.M. 27 marzo 2000, n. 23.

16. La stessa legge, integrando l’art. 400 del T.U., ha previsto la cadenza triennale dei concorsi per titoli ed esami, da bandire su base regionale, subordinatamente “alla previsione del verificarsi nell’ambito della regione, nel triennio di riferimento, di un’effettiva disponibilità di cattedre o di posti di insegnamento”.

17. La legge ha, poi, modificato il regime delle supplenze, e le ha differenziate in tre tipologie (art. 4).

18. Le supplenze annuali (comma 1), cosiddette su “organico di diritto”, riguardano posti disponibili e vacanti, con scadenza al termine dell’anno scolastico (31 agosto): si tratta di posti che risultano effettivamente vacanti entro la data del 31 dicembre e che rimarranno scoperti per l’intero anno, perchè relativi a sedi disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da parte del personale di ruolo. La scopertura di questi posti si manifesta solo dopo l’esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; e, verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, mediante l’assegnazione delle supplenze.

19. Le supplenze temporanee cosiddette su “organico di fatto” (comma 2), con scadenza al 30 giugno, cioè, fino al termine dell’attività didattica, coprono posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico.

20. Le supplenze temporanee (comma 3), sono conferite per ogni altra necessità, come la sostituzione di personale assente o la copertura di posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31 dicembre, e destinate a terminare non appena venga meno l’esigenza per cui sono stati stipulati.

21. L’attribuzione del tipo di supplenza, annuale, temporanea fino al termine dell’attività didattica o temporanea per necessità contingenti, è condizionata dalla definizione delle dotazioni organiche e, dunque, dalla consistenza dei posti previsti nelle dotazioni organiche, con atto di macro-organizzazione di portata generale, dall’Amministrazione scolastica.

22. I commi da 6 a 8 dell’art. 4 stabiliscono, poi, i criteri ai quali dovranno attenersi le norme regolamentari, ed impongono l’utilizzazione delle graduatorie permanenti di cui all’art. 401 del T.U. per il conferimento delle supplenze annuali e di quelle temporanee “fino al termine delle attività didattiche”.

23. Un primo regolamento è stato adottato per il personale docente con D.M. 25 maggio 2000, n. 201, che, oltre a disciplinare in dettaglio le modalità di individuazione dell’aspirante all’assunzione e di stipulazione del contratto, ha individuato i termini finali delle supplenze (art. 1) ed ha stabilito i criteri di formazione delle graduatorie di circolo e di istituito (art. 5).

24. Il sistema non è mutato, nelle linee essenziali che qui interessano, con il D.M. 13 giugno 2007, n. 131, volto all’adeguamento delle norme regolamentari alla trasformazione, operata dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 605, delle graduatorie permanenti in graduatorie ad esaurimento. Con tale legge “al fine di dare adeguata soluzione al fenomeno del precariato storico e di evitarne la ricostituzione” (art. 1, comma 605, lett. c) è stato deliberato un piano triennale per l’assunzione di personale docente e ATA nel periodo 2007/2009 e, contestualmente, è stata prevista la anzidetta trasformazione delle graduatorie, che ha fatto salvi solo gli inserimenti nelle graduatorie da effettuare nel biennio 2007/2008.

25. Successive modifiche ed integrazioni al sistema delle graduatorie, ormai ad esaurimento, sono state poi effettuate dalla L. n. 169 del 2008, dalla L. n. 106 del 2011, di conversione del D.L. n. 70 del 2011, dalla L. n. 128 del 2013, di conversione del D.L. n. 104 del 2013, le quali hanno previsto anche la definizione di piani triennali per l’assunzione a tempo indeterminato per gli anni 20112013 (D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 17) e per gli anni 2014-2016 (D.L. n. 104 del 2013, art. 15).

26. Infine, la disciplina è stata ulteriormente modificata, questa volta in modo significativo, dalla L. 13 luglio 2015, n. 107 (vd. infra in questa sentenza) che, oltre a prevedere un piano straordinario di assunzioni del solo personale docente per l’anno scolastico 2015/2016 suddiviso in tre fasi (art. 1, commi 95 e segg.): ha sancito la definitiva perdita di efficacia delle graduatorie ad esaurimento effettivamente esaurite (art. 1, comma 105); ha ribadito la cadenza triennale dei concorsi, da indire su base regionale tenendo conto del fabbisogno espresso dalle istituzioni scolastiche nel piano dell’offerta formativa; ha previsto l’efficacia egualmente triennale delle graduatorie concorsuali (art. 1, comma 113); ha inserito un limite alla reiterazione delle supplenze, prevedendo che a decorrere dal 1 settembre 2016 i contratti a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili non possono superare la durata complessiva di trentasei mesi, anche non continuativi (art. 1, comma 131).

27. Il reclutamento del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (cd. ATA) è ispirato ai medesimi principi sopra sintetizzati, applicati dal T.U. e dalle norme regolamentari ai diversi profili di inquadramento.

28. La L. n. 297 del 1994, disciplina, agli artt. da 551 a 553, le assunzioni dei responsabili amministrativi (transitati, con decorrenza 1.9.2000, nella figura di “direttore dei servizi generali e amministrativi” ai sensi dell’art. 34 del CCNL 26 maggio 1999, Comparto scuola, cfr. Cass., n. 20883 del 2011), prevedendo che le stesse debbano avvenire secondo l’ordine delle graduatorie permanenti, formate ed aggiornate sulla base degli esiti dei concorsi per titoli ed esame da indire con frequenza triennale.

29. L’art. 554 detta la disciplina delle assunzioni del personale delle qualifiche inferiori (escluse quelle per le quali è consentita l’assunzione “tramite le liste di collocamento previste dalla legge), ed anche in tal caso prevede la formazione di graduatorie permanenti, nelle quali confluiscono i vincitori dei concorsi indetti su base provinciale con frequenza annuale.

30. In forza del richiamo contenuto della L. n. 124 del 1999, art. 4, nel comma 11, si applicano al personale ATA le medesime disposizioni che disciplinano il conferimento delle supplenze su cattedre e posti di insegnamento. Il relativo regolamento è stato adottato con D.M. 13 dicembre 2000, n. 430 (non applicabile ai responsabili amministrativi).

31. In sintesi, può dirsi che il sistema del cosiddetto doppio canale è sempre stato congegnato, per entrambe le categorie di personale, in modo tale da favorire e non scoraggiare la reiterazione dei contratti a tempo determinato, poichè l’utilizzazione delle graduatorie permanenti avrebbe dovuto consentire, nella logica del sistema così come delineato a livello normativo, il definitivo accesso ai ruoli.

32. Ebbene, l’analisi delle disposizioni di legge e regolamentari sopra richiamate conduce ad un primo evidente approdo, quello che evidenzia l’incompatibilità della disciplina speciale con la normativa di carattere generale dettata per il contratto a termine dal D.Lgs. n. 368 del 2001, quanto ai requisiti di forma ed al regime delle proroghe e dei rinnovi.

33. Il legislatore, infatti, con la L. n. 124 del 1999, ha tipizzato “ex ante” le ragioni sottese alle diverse tipologie di supplenze ed, inoltre, ha considerato, nella disciplina delle proroghe e dei rinnovi, oltre che le peculiarità del sistema del doppio canale, anche le esigenze di continuità didattica.

34. In ragione della specialità della regolamentazione dei rapporti di lavoro e delle forme di reclutamento nell’ambito della Scuola pubblica, il D.L. n. 134 del 2009, art. 1, convertito con L. n. 167 del 2009, ha poi inserito della L. n. 124 del 1999, art. 4, il comma 14 bis, prevedendo che i contratti stipulati per il conferimento delle supplenze annuali e temporanee “in quanto necessari per garantire la costante erogazione del servizio scolastico ed educativo, possono trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e sulla base delle graduatorie previste dalla presente legge e dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 605, lett. c) e successive modificazioni”.

35. Successivamente, con il D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, il legislatore ha aggiunto del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 10, il comma 4 bis, prevedendo espressamente la inapplicabilità del decreto 368 del 2001 al personale della scuola ed escludendo che potesse essere allo stesso esteso il limite fissato dall’art. 5, comma 4 bis.

36. E’ certo innegabile che detti interventi additivi, sicuramente non qualificabili come fonti di interpretazione autentica, non abbiano efficacia retroattiva; è nondimeno indiscutibile la potestà del legislatore di produrre norme aventi finalità chiarificatrici, idonee, sia pure senza vincolare per il passato, ad orientare l’interprete nella lettura di norme preesistenti, in applicazione del principio di unità ed organicità dell’ordinamento giuridico.

37. Ed infatti, dal D.L. n. 134 del 2009, art. 1, convertito con L. n. 167 del 2009 e dal D.L. n. 70 del 2011, art. 9, comma 18, disposizioni conformi al precetto contenuto nellart. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, perchè non interferiscono nella amministrazione della giustizia, ben possono trarsi elementi che confortano l’interpretazione delle previgenti disposizioni di legge (Cass. SSUU n. 18353/2014) in termini di inapplicabilità del D.Lgs. n. 368 del 2001, ai rapporti di lavoro stipulati con i docenti ed il personale ATA, in ragione di quanto sopra rilevato in ordine alla peculiarità del sistema di reclutamento proprio del settore della Scuola Pubblica. Inapplicabilità che era comunque evincibile dall’intera disciplina di settore, indipendentemente dagli interventi riformatori ai quali si è appena fatto richiamo, e dai quali non si ricava alcun elemento che consenta di affermare che, invece, nel passato la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 368 del 2001, trovasse applicazione ai rapporti a termine stipulati con i docenti ed il personale ATA.

38. E, d’altra parte, è proprio su questa premessa che la Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 207 del 2013, ha sottoposto alla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea, le questioni di interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE (vd. infra in questa sentenza).

39. Dall’esame delle censure formulate in ricorso con riguardo alla questione della legittimità dei termini apposti ai contratti dedotti in giudizio ed alla compatibilità della L. n. 124 del 1999, art. 4, con l’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1990/70/CE, vanno fatte subito discendere le considerazioni ed i rilievi di cui appresso, formulati al termine, ed a conclusione, di una complessa e non breve stagione di interventi dei giudici nazionali, della Corte Costituzionale, della Corte di Giustizia.

40. Il diritto interno e l’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE.

41. Le questioni di legittimità costituzionale e la questione pregiudiziale

42. Sul presupposto dell’inapplicabilità delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 368 del 2001, al settore scolastico e della conseguente inapplicabilità al settore pubblico della scuola delle norme limitative dettate al fine di dare attuazione alla direttiva europea, i Tribunali ordinari di Roma e di Lamezia Terme con ordinanze del 2012 hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, in relazione all’art. 117 Cost., ed alla clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva 1999/70/CE.

43. La Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 207 del 2013, ha sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, la questione di interpretazione della clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, n. 1999/70/CE.

44. La sentenza della CGUE 26 novembre 2014, Mascolo e altri, relativa alle cause riunite C22/13; C-61/13; C-62/13; C-63/13; C-418/13.

45. La Corte di giustizia con la sentenza del 26 novembre 2014, nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C-63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri, investita dai giudici del merito e dalla Corte Italiana, come ai punti 42 e 43 che precedono, ha deciso nel senso che “La clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura nell’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che osta a una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonchè di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi possibilità, per tali docenti e per detto personale, di ottenere il risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto rinnovo. Alla stregua della sentenza della CGUE la non conformità della normativa nazionale al diritto dell’Unione consegue dal fatto che tale normativa da un lato non consente di definire criteri obiettivi e trasparenti al fine di verificare se il rinnovo di tali contratti risponda effettivamente ad un’esigenza reale, sia idoneo a conseguire l’obiettivo perseguito e sia necessario a tal fine, e, dall’altro, non prevede nessun’altra misura diretta a prevenire e a sanzionare il ricorso abusivo ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato”.

46. La sentenza della Corte Costituzionale n. 187 del 2016.

47. Con la sentenza n. 187 del 2016 la Corte Costituzionale ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonchè di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo giustifichino”.

48. La Corte è pervenuta al predetto dispositivo riconoscendo il proprio obbligo di attenersi all’inequivocabile verdetto della Corte di Giustizia sulla non conformità alla clausola 5 comma 1 della Direttiva del 1999 delle disposizioni menzionate (punto 47), in tal modo dando seguito al fondamentale principio del primato del diritto comunitario, posto alla base della richiamata ordinanza n. 207 del 2013 della Corte Costituzionale e sempre riconosciuto dalle pronunzie di questa Corte.

49. Proprio con riguardo agli spazi di autonomia riconosciuti al diritto nazionale, la Corte Costituzionale ha ritenuto di dovere integrare il “dictum” del giudice comunitario ed ha esaminato la questione oggetto dei giudizi nei quali era stata sollevata la questione di costituzionalità, alla luce dello “ius superveniens”, costituito dalla L. n. 107 del 2015, adottata dal legislatore al fine di garantire la corretta applicazione dell’accordo quadro: e tale verifica, diversamente dalle ipotesi dei giudizi di costituzionalità “interni” nelle quali viene rimessa al giudice a quo la delibazione della portata della sopravvenienza, è stata dalla Corte Costituzionale reputata essere inclusa nella propria potestà decisoria.

50. La Corte ha quindi rammentato, nell’esercizio dell’inedito ruolo di giudice del rinvio pregiudiziale svolto, come sia indiscutibile che competa al giudice “comune”, chiamato ad applicare nel rapporto una sentenza di illegittimità costituzionale di accoglimento di questione afferente la norma applicabile, dare ingresso allo “jus superveniens” che sia intervenuto.

51. Dalla combinazione dei vari interventi, sia a regime che transitori, effettuati con la suddetta L. n. 107 del 2015, il Giudice delle leggi ha desunto l’esistenza, “in tutti i casi che vengono in rilievo”, di una delle misure rispondenti ai requisiti richiesti dalla Corte di giustizia, individuandole, quanto ai docenti, nelle procedure privilegiate di assunzione che attribuivano a tutto il personale interessato serie ed indiscutibili chances di immissione in ruolo.

52. Ha di contro ritenuto che, non essendo stato previsto per il personale ATA alcun piano straordinario di assunzione, dovesse trovare applicazione la misura ordinaria del risarcimento del danno, misura del resto prevista della L. n. 107 del 2015, art. 1, dal comma 132.

53. La Corte ha precisato, da ultimo, che grazie alla L. n. 107 del 2015, l’illecito di cui si è reso responsabile lo Stato italiano, a causa della violazione del diritto dell’UE, è stato “cancellato” dal legislatore italiano con la previsione di adeguati ristori al personale interessato; la Corte ha anche sottolineato che tale conclusione trovava indiretta quanto autorevole conferma nell’archiviazione, senza sanzioni, da parte della Commissione dell’UE della procedura di infrazione aperta nei confronti del nostro Paese per la violazione della normativa europea in oggetto, archiviazione disposta proprio con riferimento alla indicata normativa nazionale sopravvenuta.

54. Considerazioni sugli effetti delle sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia nel giudizio pendente innanzi alla Corte di Cassazione.

55. Dal dato per il quale la sentenza n. 187 del 2016 è una sentenza di accoglimento, discende che, in base all’art. 136 Cost., in combinato con la L. 11 marzo 1953, n. 87, art. 30, della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione nella parte in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di posti vacanti e disponibili di docenti nonchè di personale amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive che lo giustifichino.

56. La sentenza della Corte Costituzionale cancella la norma incostituzionale dall’ordinamento giuridico, con riferimento a tutti i rapporti non ancora esauriti.

57. La sentenza della Corte Costituzionale, per altro verso, non può essere risolutiva dei problemi concreti oggetto della fattispecie del presente giudizio: la stessa ordinanza di rinvio pregiudiziale n. 207 del 2013 riguardava non tanto la legge oggetto delle sollevate questioni di incostituzionalità, quanto piuttosto il sistema complessivo relativo all’assegnazione delle supplenze cd. annuali, sistema connotato dal fatto che negli anni dal 2000 al 2007 non era stata organizzata alcuna procedura concorsuale, pur prevista dalla legge del 1999, come successivamente integrata e modificata.

58. Tanto precisato, nel quadro normativo originato dalla questione della “doppia pregiudizialità”, ed all’esito del complesso itinerario svoltosi tra giudici del merito e Corte Costituzionale e tra questa e la Corte di Giustizia, la fattispecie oggetto del giudizio in esame deve essere risolta da questa Corte, nell’espletamento del suo ruolo di giudice della nomofilachia, con individuazione preliminare e generale, ai fini della decisione delle numerose controversie chiamate alla decisione, di canoni interpretativi ed applicativi delle norme interne non travolte dalla pronunzia di incostituzionalità, canoni idonei ad assicurare il continuum di compatibilità tra diritto nazionale (ordinario e costituzionale) e diritto eurounitario.

59. Naturalmente, la decisione della Corte Costituzionale, che nella sua interezza (il dispositivo rimanda esplicitamente alla motivazione) costituisce applicazione nel diritto interno della interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Accordo Quadro, si pone come momento necessario ed imprescindibile di ricostruzione, attraverso il parametro di cui all’art. 117 Cost., del diritto nazionale alla luce della fonte comunitaria costituita, per lo appunto, dall’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1990/70 CE, (C. Cost. Ord. 103/2008), non munita di forza immediatamente e da sè sola applicativa.

60. Con la precisazione, però, che il livello dell’interpretazione-ricostruzione del “continuum” diritto interno-diritto dell’Unione, demandato al Giudice nazionale e quindi a questa Corte di legittimità, si pone su un piano distinto e diverso da quello percorso dalla Corte costituzionale, riconducibile, invece, a quello dell’interpretazione del diritto nazionale rispetto al diritto dell’UE alla luce delle coordinate di ordine costituzionale.

61. La Corte di Giustizia ha, infatti, più volte affermato che sarebbe incompatibile con gli obblighi che derivano dalla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione di un ordinamento giuridico nazionale o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione, per il fatto di negare al giudice competente ad applicare questo diritto il potere di compiere, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme dell’Unione (sentenze Simmenthal, EU:C:1978:49, punto 22; Factortame e a., C-213/89, EU:C:1990:257, punto 20, nonchè kerberg Fransson, EU:C:2013:105, punto 46 e giurisprudenza ivi citata; A. contro B ed altri Causa C-112/2013 del 11.9.2014).

62. Condizioni per la configurabilità dell’abuso.

63. Come sopra rilevato la dichiarazione di illegittimità costituzionale, “in parte qua” e con effetto “ex tunc”, della L. n. 124 del 1999, art. 4, commi 1 e 11, comporta che la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della richiamata disposizione configura un illecito, rilevante sul piano del diritto comunitario e quindi sul diritto interno. Ed è sulle condizioni al ricorrere delle quali siffatto illecito può ritenersi rilevante che occorre svolgere riflessione, tanto con riguardo alla condizione del dispiegamento nel tempo dei rinnovi (punti da 64 a 66 che seguono) quanto in relazione alla condizione delle ragioni per le quali le supplenze vennero disposte (punti da 70 in poi per i docenti e da 93 in poi per i collaboratori). E, va subito precisato, con riguardo al profilo delle ragioni delle supplenze, che il Collegio intende muoversi nell’ottica di una individuazione della sola tipologia contrattuale alla quale hanno fatto riferimento la Corte di Giustizia e la Corte Costituzionale e che conduce ad escludere recisamente l’estensione alle supplenze su organico di fatto i principi affermati per l’ipotesi di cui all’art. 4, comma 1, fatto segno all’intervento rammentato in premessa.

64. Sulla prima condizione, ed in primo luogo, in assenza di disposizioni di legge che espressamente individuassero il tempo in cui il rinnovo dei contratti a termine potesse integrare la illegittima ed abusiva reiterazione delle assunzioni a termine, deve ritenersi idoneo parametro il termine triennale previsto per l’indizione delle procedure concorsuali per i docenti (art. 400 del T.U., come modificato dalla L. n. 124 del 1999, art. 1): esso infatti, trasposto in termini di rinnovi contrattuali, sarebbe stato idoneo a giustificare fino a tre contratti a termine, ciascuno di durata annuale ed è, quindi, desumibile in via interpretativa proprio dal sistema peculiare della scuola, ricevendo specifica conferma nel fatto che avranno cadenza triennale i futuri concorsi pubblici, come previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 113, che ha riformato l’art. 400 del T.U..

65. D’altra parte, ad attestare la esistenza di una ragionevolezza del parametro triennale può richiamarsi il fatto che uguale limite massimo di trentasei mesi è fissato per la durata del rapporto di lavoro a termine in ambito privato per lo svolgimento di mansioni equivalenti alle dipendenze del medesimo datore di lavoro (D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, comma 4-bis, introdotto dalla L. n. 247 del 2007 e da ultimo D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 19, comma 2): si intende affermare che la complessiva durata massima di trentasei mesi costituisce un parametro tendenziale del sistema delle assunzioni a tempo determinato che porta ad allineare, ferma la specialità del D.Lgs. n. 165 del 2001, il settore privato e il settore pubblico se pur esclusivamente in ordine al limite temporale oltre il quale è configurabile l’abuso (quanto al settore privato, cfr. da ultimo S.U. 11374/2016).

66. Va, in secondo luogo, precisato che non possono essere prese in considerazione per l’accertamento della vicenda di utilizzo abusivo degli incarichi a termine in discorso eventuali reiterazioni dei contratti a tempo determinato realizzate prima del 10.7.2001 (termine previsto dall’art. 2 della Direttiva 1999/70/CE per l’adozione da parte degli stati membri delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla Direttiva), non configurandosi abuso sintantochè il legislatore nazionale non sia fuoriuscito, con permanente inerzia, dal termine di adeguamento concesso dalla Direttiva cui era tenuto a dare attuazione.

67. Le ricadute sanzionatorie dell’illecita reiterazione dei contratti a tempo determinato aventi ad oggetto supplenze annuali (docenti ed ATA) su organico di diritto: le statuizioni della Corte di Giustizia ed i canoni desumibili.

68. Il quadro desumibile dalle decisioni della Corte è sintetizzabile nel principio per il quale nelle ipotesi in cui il diritto dell’Unione non preveda sanzioni specifiche, come nel caso dell’Accordo Quadro, e siano accertati abusi, spetta alle autorità nazionali adottare misure che devono rivestire un carattere non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo, per garantire la piena efficacia delle norme adottate in applicazione dell’accordo quadro. La misura sanzionatoria deve, infatti, presentare garanzie effettive ed equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente l’abuso e “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” (sentenza Mascolo cit. par. 77-79; sentenza 15.4.2008, C-268/06, Impact; sentenza 23.4.2009, cause riunite da C-378/07 a C-380/07, Angelidaki ed altri).

69. La sanzione della conversione dei rapporti a termine in rapporti a tempo indeterminato: esclusione.

70. Con riguardo alle conseguenze della accertata illegittimità dei rinnovi dei contratti a tempo determinato, aventi ad oggetto supplenze annuali su organico di diritto, occorre subito rammentare che, ai sensi dell’art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del D.Lgs. n. 165 del 2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione….

71. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, cui si è uniformata la costante giurisprudenza di questa Corte (“ex multis” Cass. 27481 del 2014), il concorso pubblico costituisce la modalità generale ed ordinaria di accesso nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, anche delle Regioni, pure se a statuto speciale (“ex multis” Corte Cost., sentenze nn. 7/2015; 211/2014, 134/2014; 137/2013, 107/2013, 72/2013; 7/2013; 62/2012; 310/2011, 299/2011; 267/2010; 189/2007).

72. L’eccezionale possibilità di derogare per legge al principio del concorso per il reclutamento del personale, che è prevista dall’art. 97 Cost., comma 4, è ammessa nei soli casi in cui sia maggiormente funzionale al buon andamento dell’amministrazione e corrispondente a straordinarie esigenze d’interesse pubblico, individuate dal legislatore in base ad una valutazione discrezionale, effettuata nei limiti della non manifesta irragionevolezza (“ex multis” Corte Cost., sentenze nn. 134/2014; 217/2012; 89/2003; 320/1997; 205/1996).

73. Nè sul carattere cogente di tali precetti può ritenersi far premio una pretesa esigenza di uniformità di trattamento rispetto alla disciplina dell’impiego privato, visto che ad essa disciplina il principio del concorso è del tutto estraneo (Corte cost., sentenza n. 89/2003) e che l’intero sistema di reclutamento obbedisce a ben diversi principi.

74. Vanno pervero richiamate le considerazioni svolte in precedenza ed al proposito sulla portata del D.L. 25 settembre 2009, n. 134, art. 1, comma 1, convertito dalla L. 24 novembre 2009, n. 167 e sul D.L. 13 maggio 2011, n. 70, art. 9, comma 18, convertito dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

75. Va anche ricordato che il divieto di conversione, nell’ambito dei rapporti di impiego pubblico, dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato è stato ritenuto, dalla CGUE, essere disposto conforme alla disciplina europea in materia di contratto di lavoro a termine contenuta nell’Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE (ex multis CGUE sentenze 7 settembre 2006, Marrosu e Sardino, C-53/04; 7 settembre 2006, Vassallo, C-180/04; 4 luglio 2006, Adeneler e altri, C-212/04; ordinanza 1 ottobre 2010, Affatato, C3/10; sentenza 3 luglio 2014, Fiamingo, C-362/13, C-363/13 e C-407/13 – riunite).

76. La L. n. 107 del 2015: pluralità di piani di impatto.

77. La L. n. 107 del 2015, come affermato dalla sentenza 187 della Corte Costituzionale, ha senz’altro cancellato l’illecito comunitario perchè, per il futuro, ha previsto le misure idonee ad evitare la irragionevole reiterazione senza limiti delle supplenze nella scuola (comma 131) nella quale la Corte di Giustizia ha ravvisato l’illecito stesso: ma la nuova legge certamente non ha eliminato, per il solo fatto di avere previsto procedimenti di stabilizzazione, i pregressi illeciti consistiti nella reiterazione di contratti a termine, per supplenze su organico di diritto ed al di fuori del quadro temporale minimo di cui ai punti da 64 a 68 che precedono, reiterazione realizzata nella vigenza della disciplina dichiarata incostituzionale ai sensi dell’art. 117 Cost.. E’ infatti solo la concreta utilizzazione di quei procedimenti che, come appresso illustrato, sarà idonea alla eliminazione in discorso.

78. Le due diverse tipologie dell’illecito, come sopra osservato devono essere tenute separate, secondo l’impostazione della stessa Corte Costituzionale, che nella sentenza 187 del 2016, muove proprio dalla premessa del carattere autonomo e distinto dell’ordinamento comunitario rispetto a quello interno.

79. Non vi è pertanto dubbio, con riguardo alle posizioni coinvolte nella disciplina del nuovo regime, che possa e debba attribuirsi rilievo alle disposizioni transitorie contenute nella L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, che hanno autorizzato il MIUR, per l’anno 2015/2016, ad attuare un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato di personale docente per le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, per la copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, rimasti vacanti e disponibili all’esito delle immissioni in ruolo effettuate per il medesimo anno scolastico ai sensi dell’art. 399 del T.U. di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, al termine delle quali sono soppresse le graduatorie dei concorsi per titoli ed esami banditi anteriormente al 2012.

80. Il comma 97 della Legge in esame stabilisce che si tratta di un concorso “riservato” ai soggetti iscritti, alla data di entrata in vigore della legge (a) nelle graduatorie del concorso pubblico per titoli ed esami a posti e cattedre bandito con decreto direttoriale del Miur n. 82/2012 e (b) nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente di cui alla L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 605, lett. c) e successive modificazioni (la disposizione è conforme all’art. 97 Cost., comma 4: “ex multis” Corte Cost., sentenze nn. 134/2014; 217/2012; 89/2003; 320/1997; 205/1996, dianzi richiamate).

81. Ebbene, ad avviso del Collegio, il rilievo che deve essere attribuito alle disposizioni transitorie contenute nella L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95, consegue dal fatto che l’ordinamento nazionale ha inteso in tal modo adottare una misura – al contempo puntualmente attuativa del dictum eurounitario ma espressiva dell’ampio margine di autonomia che tale dictum ha lasciato – idonea a sanare l’illecito, apprestando, con previsione rigorosa di tempi, la strada satisfattiva della immissione in ruolo.

82. Si tratta, al contempo, di una sanzione e, sotto il versante del beneficiario, di una riparazione in linea di principio la più ragionevole e soddisfacente tanto per lo Stato, che vede assicurata la indispensabile provvista di docenti stabili, quanto per il richiedente, in quanto gli attribuisce il bene della vita la cui certezza di acquisizione era stata lesa dalla condotta inadempiente realizzata dalla Amministrazione.

83. In siffatta prospettiva deve ritenersi che la “stabilizzazione” disposta dal legislatore del 2015 rappresenta una misura ben più satisfattiva di quella per equivalente, che sarebbe spettata al personale scolastico assunto con una serie ripetuta e non consentita di contratti a termine sulla scorta del “diritto vivente” costituito dai principi affermati dalle SSUU di questa Corte nella sentenza n. 5072/2016 (cfr. infra), principi ai quali il Collegio ritiene di dare continuità.

84. Ad un tempo,quindi, dal punto di vista del diritto dell’Unione, l’immissione in ruolo scelta dal legislatore del 2015 rappresenta una delle misure alternative, idonee a sanzionare ed a cancellare l’illecito comunitario, individuate dalla Corte di Giustizia nella sentenza Mascolo, che si è compendiato nella indebita reiterazione da parte della P.A. datrice di lavoro di contratti a tempo determinato.

85. Un’ulteriore, e di massimo rilievo, precisazione si impone per la situazione in cui versa il personale della scuola che abbia ottenuto l’immissione in ruolo avvalendosi del sistema di avanzamento reso possibile dalle previgenti regole sul reclutamento. Anche in questo caso l’immissione in ruolo rispetta i principi di equivalenza ed effettività, poichè il soggetto leso dall’abusivo ricorso ai contratti a termine ha, comunque, ottenuto, per il (tardivo, imprevedibile nè atteso) funzionamento del sistema di reiterate assunzioni, il medesimo “bene della vita” per il riconoscimento del quale ha agito in giudizio: ed in tal guisa l’abuso perpetrato e l’illecito commessi sono stati, rispettivamente, oggettivamente represso e tendenzialmente riparato.

86. Nè l’equivalenza degli effetti può in sede di legittimità essere messa in discussione sul rilievo che anche il ritardo nel conseguimento dell’immissione in ruolo è risarcibile, occorrendo che l’originaria formulazione della domanda nel giudizio di merito sia prospettata in questi termini.

87. Deve, al proposito, rammentarsi che rimane impregiudicata, in applicazione dei principi affermati dalle SSUU nella richiamata sentenza n. 5072 del 2016, la possibilità del docente che si ritenga leso dalla illegittima reiterazione di assunzioni a tempo determinato di allegare e provare danni ulteriori e diversi rispetto a quelli “risarciti” dalla immissione in ruolo, con la precisazione che l’onere della prova di siffatti danni ulteriori grava sul lavoratore, non operando il beneficio della prova agevolata e che detti ulteriori danni mai potrebbero identificarsi con quelli “..da mancata conversione e quindi da perdita del posto di lavoro” (così la ridetta decisione delle SS.UU.).

88. Sulla scorta delle considerazioni che precedono e in applicazione del generale canone ermeneutico, secondo cui sussiste l’obbligo degli Stati UE della interpretazione del diritto nazionale in modo conforme al diritto comunitario, come interpretato dalla CGUE (“ex plurimis” sentenze della CGUE 5 ottobre 2004, C-397/01-403/01; 22 maggio 2003, C-462/99; 15 maggio 2003, C-160/01; 13 novembre 1990, C-106/89), canone sistematicamente applicato da questa Corte di cassazione (“ex plurimis” Cass. 22 maggio 2015, n. 10612; Cass. SU 14 aprile 2011, n. 8486; Cass. SU 16 marzo 2009, n. 6316; Cass. 18 aprile 2014, n. 9082; Cass. 30 dicembre 2011, n. 30722; Cass. 16 settembre 2011, n. 19017; Cass. 1 settembre 2011, n. 17966; Cass. 9 agosto 2007, n. 17579; Cass. 19 aprile 2001, n. 5776; Cass. 26 luglio 2000, n. 9795; Cass. 10 marzo 1994, n. 2346; Cass. 13 maggio 1971, n. 1378), deve ritenersi che, nelle fattispecie di abuso realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. n. 107 del 2015, sia misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso stesso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” (sentenza Mascolo par. 77-79) la misura della stabilizzazione prevista nella citata Legge 107/2015 attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente e che, specularmente, pari idoneità a cancellare l’abuso e le sue conseguenze possano avere assunto le concrete misure di stabilizzazione occorse negli anni passati.

89. E tale idoneità – relativamente alla fascia di applicazione della nuova normativa – sussiste tanto nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo quanto nella ipotesi della certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto dalla L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 109.

90. Deve, si ripete, essere considerata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica, ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” anche la stabilizzazione, medio tempore assicurata ai docenti attraverso precedenti strumenti concorsuali o selettivi diversi da quelli contenuti nella citata L. n. 107 del 2015, stabilizzazioni nei fatti ampiamente realizzatesi per effetto delle immissioni avvenute negli anni passati e delle quali è ampio riscontro nella storia normativa degli ultimi dieci anni.

91. Al contrario la astratta “chance” di stabilizzazione, che può ravvisarsi nei casi in cui il conseguimento del posto di ruolo non è certo ovvero non è conseguibile in tempi ravvicinati, intendendo per tali tempi quelli compresi tra l’entrata in vigore della Legge 107/2015 ed il totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto della L. n. 107 del 2015, art. 1, dal comma 109, pur avendo avuto idoneità a cancellare l’illecito comunitario (escluso in sè dalla previsione generale del percorso normativo delineante serie opportunità di assunzione) non costituisce, nel diritto interno, misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica, ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, in quanto connotata da evidente aleatorità.

92. Con la conseguenza che anche in siffatte ipotesi, oltre che in quelle nelle quali l’interessato non è mai potuto accedere alla prospettiva di stabilizzazione, deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno in conformità a quanto previsto nell’Accordo Quadro, allegato alla Direttiva, nel significato attribuito nella sentenza Mascolo, secondo i principi affermati da questa Corte nella più volte citata sentenza a SSUU n. 5072 del 2016, ai quali il Collegio ritiene, come già osservato, di dare continuità.

93. L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 11, supplenze annuali del personale ATA su organico “di diritto”.

94. Per il personale ATA la L. n. 107 del 2015, come sopra evidenziato (punto 52 di questa sentenza) non ha introdotto alcun piano straordinario di assunzione.

95. Tuttavia, deve ritenersi, sulla scorta delle considerazioni svolte nei punti che precedono di questa sentenza, che nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine, stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 11, il conseguimento del posto di ruolo da parte di detto personale costituisca misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica, ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione, salvo, in ogni caso il diritto al risarcimento del danno ulteriore ai sensi dei principi affermati dalle SSUU di questa Corte nella sentenza 5072/2016 (punto 87 di questa sentenza).

96. Ove l’inserimento in ruolo non sia stato ottenuto deve ribadirsi che, nell’ipotesi di abusiva reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 11, deve essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno in conformità a quanto previsto nell’Accordo Quadro, allegato alla Direttiva, nel significato attribuito nella sentenza Mascolo, secondo i principi di “finalizzata ma chiara agevolazione probatoria” affermati da questa Corte nella sentenza a SSUU n. 5072/2016, ai quali il Collegio ritiene, come già più volte osservato, di dare continuità.

97. L. n. 124 del 1999, art. 4, commi c. 2 e 3, supplenze su organico di fatto.

98. Come evidenziato innanzi, la scopertura dei posti individuati dall’art. 4, comma 1, si manifesta solo dopo l’esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; solo allora, verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti – in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo – mediante l’assegnazione delle supplenze su organico di diritto, dette anche annuali.

99. Come sottolineato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze nn. 279/2012 e 200/2009 (in materia di revisione dell’organico del personale ATA), il comparto scolastico presenta profili di complessità, di flessibilità e di necessaria integrazione tra ragioni di unità ed uniformità nazionale ed esigenze locali, profili che concernono la razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso (al fine di garantire una maggiore flessibilità nell’impiego di docenti), la ridefinizione dei “curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola” (attraverso la razionalizzazione dei piani di studio e degli orari), la revisione dei criteri di formazione delle classi (al fine di adeguare il rapporto alunni/docente agli standards europei); la rimodulazione dell’organizzazione didattica delle scuole primarie, la revisione di criteri e parametri per la determinazione complessiva degli organici; la ridefinizione dell’assetto organizzativo-didattico dei centri di formazione per gli adulti.

100. La Corte di Giustizia nella sentenza Mascolo ha affermato (par. 91-95) che la sostituzione temporanea di un altro dipendente al fine di soddisfare esigenze provvisorie del datore di lavoro in termini di personale, al pari della necessità per lo Stato di organizzare il servizio scolastico in modo da garantire un adeguamento costante tra numero di docenti e numero degli scolari, in relazione a non preventivabili flussi migratori interni ed esterni ed alle scelte di indirizzi scolastici da parte degli scolari, possono, in linea di principio, costituire una “ragione obiettiva”, ai sensi della clausola 5, punto 1, lettera a), dell’Accordo quadro per il ricorso ad una successione di contratti di lavoro a tempo determinato al fine di rispondere adeguatamente alla domanda scolastica ed evitare allo Stato, datore di lavoro, di immettere in ruolo un numero di docenti significativamente superiore a quello effettivamente necessario.

101. Ha riconosciuto anche (par. 96) che quando uno Stato membro riservi nelle scuole dal medesimo gestite, l’accesso ai posti permanenti al personale vincitore di tali concorsi, tramite l’immissione in ruolo, può altresì oggettivamente giustificarsi che, in attesa dell’espletamento di detti concorsi, i posti da occupare siano coperti con una successione di contratti a tempo determinato.

102. Ne consegue, pertanto, che non può configurarsi, in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee, l’abuso, contrario alla Direttiva 1999/70/CE, salvo che non sia allegato e provato da parte del lavoratore che, nella concreta attribuzione delle supplenze della tipologia in esame, vi sia stato un uso improprio o distorto del potere di organizzazione del servizio scolastico, delegato dal legislatore al Ministero, e quindi prospettandosi non già la sola reiterazione ma le condizioni concrete della medesima (quali il susseguirsi delle assegnazioni presso lo stesso Istituto e con riguardo alla stessa cattedra).

103. Prospettazioni difensive ulteriori (questioni poste in sede di trattazione). Le considerazioni che precedono resistono a diverse prospettazioni difensive, che vanno esposte e valutate:

104. Dubbi di legittimità costituzionale E’ manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, nella requisitoria orale, da parte del Procuratore Generale, con riferimento alla diversità di trattamento riservata dalla Legge 107/2015 al personale tecnico ed amministrativo, al quale non è stato esteso il piano straordinario di assunzioni, riservato (art. 1, comma 95) al solo personale docente. Invero, rammentato che l’eventuale sussistenza di una ingiustificata diseguaglianza e/o discriminazione presuppone un giudizio comparativo tra situazioni fra loro confrontabili, e che ciò vale sia per quanto riguarda l’art. 3 Cost., sia per quel che concerne il principio fondamentale di non discriminazione del diritto UE (vedi, tra le tante: CGUE sentenza 12 giugno 2014, SCA Group Holding BV, C-39/13, C-40/13 e C-41/13 – riunite; sentenza 18 luglio 2013, FIFA, C-205/11 P), deve escludersi che il principio di uguaglianza imponesse al legislatore la completa uniformazione di trattamento tra personale docente e personale ATA, in relazione alle misure adottate a sanzione dell’illegittimo ricorso alla reiterazione dei contratti a tempo determinato. Come già rilevato dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. 322/2005), le indicate tipologie di personale versano in una situazione di stato giuridico che non ne consente l’assimilazione in un’unica categoria, con la conseguenza che non è irragionevole la previsione di una diversa disciplina in materia di reclutamento straordinario. Va osservato che il Titolo 1 della Parte 3 del D.Lgs. n. 297 del 1994 (artt. da 395 a 541) definisce in maniera specifica la funzione docente (intesa come esplicazione essenziale dell’attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità), rispetto alla funzione propria del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario, i cui compiti sono individuati nel titolo 2 (artt. da 543 a 581). E’ innegabile che anche il personale ATA, al pari del personale docente, svolge una funzione pur essa essenziale al funzionamento della Scuola pubblica, ma è altrettanto vero che si tratta di funzione diversa per ordinamento e per contenuto. Sicchè le due categorie di personale, che operano nel mondo della scuola (personale docente ed ATA), per non essere riconducibili ad una medesima disciplina di stato giuridico e di posizione ordinamentale e presentando sostanziali diversità di funzioni, giustificano la differenziata valutazione operata dal legislatore – con scelta a discrezionalità politica non irragionevole – che ha ritenuto di autorizzare il MIUR ad adottare solo per il personale docente il piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato previsto nella L. n. 107 del 2015, art. 1, comma 95. Nè la scelta in questione ha lasciato il personale ATA senza tutele, posto che non è esclusa la possibilità di immissione in ruolo prevista secondo il sistema previgente e che anche per detto personale opera il Fondo previsto dall’art. 1, comma 132, per i pagamenti in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto il risarcimento dei danni conseguenti alla reiterazione di contratti a termine per una durata complessiva superiore a trentasei mesi, anche non continuativi, su posti vacanti e disponibili.

105. Richiesta di rinvio pregiudiziale.

E’ opinione del Collegio che la assai recente sentenza della CGUE 14 settembre 2016, in cause riunite C 184/15 e C 197/15, non abbia certamente mutato la consolidata giurisprudenza di quella Corte: la Corte, dopo averla richiamata (vedi, in particolare, punto 40), ne ha fatto applicazione in un caso particolare nel quale al divieto di conversione si accompagnava l’assenza di altra misura effettiva per evitare e sanzionare gli abusi (vedi punto 53 e 54). Si tratta, quindi, di una fattispecie non paragonabile a quella di cui si discute nel presente giudizio, visto che nel nostro ordinamento non è in discussione l’esistenza di una misura effettiva per evitare e sanzionare gli abusi, segnatamente dopo la L. n. 107 del 2015, la cui applicazione va determinata tenendo conto della sentenza di accoglimento della Corte costituzionale.

106. Gli invocati del D.M. 25 maggio 2000, n. 201, art. 9, D.M. 13 dicembre 2000, art. 8 e del D.M. 13 giugno 2007, n. 131, art. 9, contengono solo una generale norma di rinvio alla disciplina di legge e di contratto, senza fare alcun richiamo espresso alla normativa dettata per il contratto a termine del settore privato.

107. Gli artt. 47 e 53 del CCNL 4.8.1995, 37 e 59 del CCNL 24.7.2003, di converso, escludono espressamente la conversione del rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato.

108. Gli artt. 40 e 60 del CCNL 29.11.2007, nel prevedere che il contratto può trasformarsi solo in forza di “specifiche disposizione normative”, non può che essere riferito alla disciplina di legge, sul punto non derogabile, in virtù del vincolo imposto dall’art. 97 Cost., dettata per il settore scolastico.

109. Quanto alla richiesta di parametrare il risarcimento del danno al valore del posto di lavoro a tempo indeterminato, come ipotizzato in ordinanza di rinvio pregiudiziale di un giudice del merito e in questa sede richiamata, essa è infondata, perchè un simile criterio di liquidazione del risarcimento comunque presuppone che si faccia riferimento ad un evento, la conversione del rapporto, la previsione della quale sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., per quanto si è detto.

110. Va quindi disattesa la richiesta di avvio, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, della procedura di rinvio pregiudiziale dinanzi alla CGUE, formulata sulla dedotta contrarietà con la clausola 5, punti 1 e 2, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE 1999, e della clausola 4 dello stesso Accordo quadro, e sull’ipotizzato contrasto del principio di uguaglianza e non discriminazione del diritto UE, del trattamento previsto nel nostro ordinamento rispettivamente per i contratti di lavoro a tempo determinato stipulati con la Pubblica Amministrazione, in particolare nel Comparto Scuola, e per i contratti a termine stipulati con gli enti pubblici economici e con i datori di lavoro privati, la dove il legislatore nazionale avrebbe escluso i primi dalla tutela rappresentata dalla costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di applicazione delle regole interne di recepimento della suindicata direttiva 1999/70/CE, emanate in attuazione dell’art. 117 Cost., comma 1, senza prevedere alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva neanche sotto il profilo del risarcimento del danno.

111. Va al riguardo osservato che:

112. rientra nella competenza dello Stato italiano determinare le modalità di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni, cosa che è stata fatta dal legislatore ordinario dando attuazione all’art. 97 Cost., comma 4, che sancisce il principio fondamentale secondo cui l’instaurazione del rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni avviene, di regola, mediante pubblico concorso;

113. Tale elemento è del tutto estraneo alla disciplina del lavoro svolto alle dipendenze di datori di lavoro privati e questo rappresenta uno dei fattori di maggiore diversificazione di tale rapporto rispetto al rapporto di lavoro (anche contrattualizzato) alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (Corte cost. sentenze n. 146 del 2008; n. 82 del 2003; n. 275 del 2001), sicchè la mancata previsione della stabilizzazione del rapporto di lavoro pubblico, per effetto della conversione dei rapporti a termine irregolari in rapporti a tempo indeterminato, non può dare luogo ad alcuna ingiustificata discriminazione, contrastante con il principio di eguaglianza (“ex plurimis” Corte Cost. n. 89 del 2003 e n. 146 del 2008);

114. l’eventuale sussistenza di un’ingiustificata diseguaglianza e/o discriminazione presuppone un giudizio comparativo tra situazioni fra loro confrontabili, ciò vale sia per quanto riguarda l’art. 3 Cost., sia per quel che concerne il principio fondamentale di non discriminazione del diritto UE (vedi, tra le tante: CGUE sentenza 12 giugno 2014, SCA Group Holding BV, C-39/13, C-40/13 e C-41/13 – riunite; sentenza 18 luglio 2013, FIFA, C-205/11 P);

115. la stessa CGUE, con giurisprudenza costante, ha precisato che la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro medesimo non sancisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere la trasformazione in contratti a tempo indeterminato dei contratti di lavoro a tempo determinato, così come non stabilisce le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi, lasciando agli Stati membri un certo margine di discrezionalità in materia (“ex plurimis” CGUE sentenze 7 settembre 2006, Marrosu e Sardino, C-53/04; 7 settembre 2006, Vassallo, C-180/04; 4 luglio 2006, Adeneler e altri, C-212/04; ordinanza 1 ottobre 2010, Affatato, C3/10; sentenza 3 luglio 2014, Fiamingo, C-362/13, C-363/13 e C-407/13 – riunite; sentenza 26 gennaio 2012, Kucuk, C-586/10);

116. la richiesta di avvio della procedura di rinvio pregiudiziale di cui si tratta non merita accoglimento neanche per la parte riguardante la mancata previsione di “alcuna sanzione effettiva, proporzionale, preventiva, dissuasiva sotto il profilo del risarcimento del danno”, in quanto la CGUE ha già ripetutamente esaminato tale questione e alle relative pronunce è stato dato seguito nella decisione che il Collegio assume nella presente controversia;

117. Sulla scorta delle osservazioni che precedono deve in conclusione ritenersi che:

118. A. “La disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico, contenuta nel D.Lgs. n. 297 del 1994, non è stata abrogata dal D.Lgs. n. 368 del 2001, essendone stata disposta la salvezza dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 70, comma 8, che ad essa attribuisce un connotato di specialità.

119. B. “Per effetto della dichiarazione di illegittimità costituzionale della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, commi 1 e 11, prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal 10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa superiore a trentasei mesi”.

120. C. Ai sensi dell’art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del D.Lgs. n. 165 del 2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle Pubbliche Amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime Pubbliche Amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

121. D. Nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi della L. 3 maggio 1999, n. 124, art. 4, comma 1, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, con il personale docente, per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata L. n. 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento, secondo quanto previsto della L. n. 107 del 2015, art. 1, dal comma 109.

122. E. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi – concorsuali.

123. F. Nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della L. 13 luglio 2015, n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU. di questa Corte nella sentenza n. 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratore, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza.

124. G. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi della L. n. 124 del 1999, art. 4, comma 1, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SS.UU. di questa Corte n. 5072 del 2016.

125. H. Nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratore di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.

126. Conseguenze di fattispecie.

127. Nel caso in esame, tutti i contratti sono stati stipulati in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto”, ossia per un’ipotesi in cui non è in sè configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva.

128. In questo caso, come correttamente ritenuto dalla Corte di appello di Cagliari, spettava al lavoratore allegare e provare circostanze concrete atte a dimostrare che negli Istituti in cui la prestazione era stata eseguita non sussisteva un’effettiva esigenza temporanea. La soluzione adottata dalla Corte territoriale è conforme ai principi di diritto sopra enunciati, dovendosi presumere l’insussistenza di un abuso, in caso di conferimento di supplenze su organico di fatto, in difetto della dimostrazione di un uso improprio o distorto del potere di macrorganizzazione delegato dal legislatore al Ministero in ordine alla ricognizione dei posti e delle concrete esigenze del servizio.

129. Sulla scorta delle considerazioni svolte vanno rigettati i primi tre motivi del ricorso.

130. Esame del quarto motivo di ricorso.

131. Nel ricorso per cassazione si lamenta l’erroneo mancato accoglimento della domanda consistente nel riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza dei rapporti a tempo determinato.

132. Il motivo è inammissibile.

133. Occorre distinguere la ricostruzione di carriera che si pretende costituire effetto riflesso della domanda di conversione dei contratti a termine in rapporto a tempo indeterminato, la quale – per tutte le ragioni sopra ampiamente svolte – resta assorbita nel rigetto di tale ordine di domande e la diversa pretesa avente ad oggetto la ricostruzione di carriera spettante al dipendente reiteratamente assunto a tempo determinato che assuma a proprio fondamento la violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro.

134. Il principio di non discriminazione, previsto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, va tenuto distinto dal divieto di abusare della reiterazione del contratto a termine, oggetto della disciplina dettata dalla clausola 5 dello stesso Accordo. Il rispetto del principio di non discriminazione opera su un piano diverso da quello della tutela contro gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti a termine, per cui una domanda fondata sulla violazione del primo è diversa ed autonoma da quella che assuma a proprio fondamento la violazione del secondo.

135. Ne consegue che una domanda incentrata sull’abuso nell’utilizzo dei contratti a termine non include la domanda relativa alla violazione del principio di non discriminazione, fondata su una diversa e autonoma causa petendi. La pretesa di considerare i contratti a termine in connessione tra loro e di sommare l’anzianità così maturata nei contratti precedenti, per ottenere, in quelli successivi, il riconoscimento di aumenti retributivi collegati all’anzianità, da un lato non postula l’impugnativa dell’illegittimità dei contratti a termine stipulati, ma dall’altro non può neppure ritenersi in questa ricompresa implicitamente.

136. La domanda introduttiva, come riportata nel ricorso per cassazione (v. pagg. 10 e 16), era stata formulata in termini di “danno risarcibile” individuato con riferimento ai periodi lavorati da considerarsi “soggetti non al regime (illegittimo) del contratto a tempo determinato di fatto applicato, ma a quello (legittimo) del contratto a tempo indeterminato”; la pretesa risarcitoria atteneva al danno “individuato calcolando la differenza tra quanto effettivamente percepito dal lavoratore e quanto lo stesso avrebbe percepito qualora fosse stato da subito inquadrato quale lavoratore a tempo indeterminato ossia con l’assunzione in ruolo…”. Dunque, la domanda di cui ora si lamenta il mancato accoglimento non risulta che fosse stata oggetto di proposizione in primo grado, nè la stessa è da ritenere inclusa – per quanto già detto – nel petitum originario.

137. L’argomentazione svolta nella sentenza impugnata, dalla quale parte ricorrente trae sostegno per la formulazione del quarto motivo, non costituisce l’illustrazione delle ragioni del rigetto di una domanda basata sulla violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo quadro – domanda non proposta nell’originario ricorso introduttivo e che pertanto non poteva costituire oggetto di alcuna statuizione da parte del giudice di merito -, ma mero obiter dictum, eccedente rispetto alle ragioni poste a fondamento del decisum. Tale passaggio argomentativo è altresì insuscettibile di formare giudicato esterno, poichè l’autorità del giudicato è circoscritta oggettivamente in conformità alla funzione della pronuncia giudiziale, diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande hinc et inde proposte; ogni affermazione eccedente le necessità logico-giuridiche della decisione e costituente solo un’argomentazione rafforzativa deve considerarsi un obiter dictum, come tale non vincolante (Cass. n. 4531/84, 4686/97, 9775/97, 10134/2004, 13824/2004).

138. In conclusione, il ricorso va respinto, dovendosi solo incidentalmente osservare che la ricorrente – come già esposto in narrativa – è stato immesso in ruolo (il 1 settembre 2009) in pendenza del giudizio di primo grado (iniziato con ricorso depositato il 21 luglio 2009).

139. Le spese del giudizio di legittimità sono compensate tra le parti, avuto riguardo alle modifiche del quadro normativo di riferimento ed alla questione della c.d. doppia pregiudiziale costituzionale e comunitaria, intervenute nel corso del giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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