Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23533 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/10/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 27/10/2020), n.23533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28903-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.G.;

– intimato –

Nonchè da:

G.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA VITE

32, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO DA RIVA GRECHI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente incidentale –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 89/2013 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di

BRESCIA, depositata il 03/06/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. FRACANZANI MARCELLO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il contribuente esercita la professione di avvocato ed era attinto da avviso di accertamento per gli anni di imposta 2002-2006 con ripresa a tassazione a fini Irpef, Irap ed Iva per fatture per operazioni ritenute inesistenti, riconducili a società del gruppo Mythos che in quegli anni aveva attivato circa milleduecento società di consulenza, tutte aventi sede nel medesimo luogo e nessuna dotata di dipendenti o di struttura propria.

Il giudice di primo grado apprezzava le ragioni del contribuente, segnatamente ritenendo prescritto il potere accertativo per gli anni 2002-2004, mentre per gli anni 2005 e 2006 il contribuente avrebbe dato prova dell’effettiva esistenza delle prestazioni.

L’appello dell’Ufficio era accolto sotto il profilo del termine prescrizionale, argomentando la CTR che indipendentemente dalla comunicazione al P.M. della notizia di reato, il profilo penale produce il raddoppiamento del termine per il recupero a tassazione: in questo modo veniva dichiarata legittima la ripresa relativa agli anni 20022004; altresì, ai fini Irpef ed Irap venivano ritenuti indetraibili i costi delle fatture perchè eccessivamente generiche, carenti dei requisiti di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, tali da non poter desumersi coerenza ed inerenza dei costi. Per contro, riteneva soggettivamente (e non oggettivamente) inesistenti le prestazioni, sicchè affermava deducibile l’Iva, richiamando a sostegno l’orientamento della Corte di Giustizia Europea.

Ricorre per Cassazione l’Ufficio con due motivi, cui replica con tempestivo controricorso la parte contribuente, svolgendo altresì ricorso incidentale affidato a tre motivi.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Vengono proposti due motivi col ricorso principale.

1. Con il primo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21, laddove la CTR avrebbe riconosciuto il carattere di inesistenza oggettiva della prestazione, per cui non poteva poi ritenere deducibile l’Iva come se l’operazione fosse soggettivamente inesistente, atteso che l’assenza dell’operazione economica comporta anche l’impossibilità soggettiva di avvalersene. La gravata sentenza -segnatamente a pag. 4, sesto capoverso e seguenti – correttamente accerta che la genericità delle fatture conduce a dubitare dell’esistenza stessa della prestazione, con onere della prova a carico del contribuente circa realtà e consistenza dell’operazione economica, prova non fornita dall’onerato. Per contro, non può essere condiviso il passaggio laddove a pag. 5 argomenta che -su richiesta del Sostituto Procuratore- il Tribunale di Milano ha assolto il contribuente da ogni addebito, sicchè egli non ha partecipato alla “frode carosello” organizzata dal Gruppo Mythos, ma ne è stato un utilizzatore finale, sicchè la fattispecie sarebbe da iscrivere nell’inesistenza soggettiva che consente la detrazione dell’Iva, secondo l’insegnamento del giudice comunitario.

Il fatto che il contribuente non sia un concorrente nelle frodi fiscali organizzate dal gruppo Mythos, ma ne sia solo l’utilizzatore finale, non significa che l’operazione economica sottostante diventi reale, bensì che il contribuente da “esterno” ha utilizzato le fatture relative a prestazioni oggettivamente inesistenti emesse dal gruppo Mythos. In questo senso è pacifico che l’inesistenza oggettiva escluda la deducibilità Iva (oltre che delle imposte dirette) ed infatti quesdta Corte, anche di recente, ha ribadito che in tema d’IVA, l’Amministrazione finanziaria, che contesti al contribuente l’indebita detrazione relativamente ad operazioni oggettivamente inesistenti, ha l’onere di provare che l’operazione non è mai stata posta in essere, indicandone i relativi elementi, anche in forma indiziaria o presuntiva (come nel caso in esame, con presunzione non vinta dal contribuente), ma non anche quello di dimostrare la mala fede del contribuente, atteso che, una volta accertata l’assenza dell’operazione, non è configurabile la buona fede di quest’ultimo, che sa certamente se ed in quale misura ha effettivamente ricevuto il bene o la prestazione per la quale ha versato il corrispettivo. (Sez.

6 – 5, Ordinanza n. 18118 del 14/09/2016, Rv. 641109 – 01).

Il motivo è dunque fondato e merita accoglimento.

2. Con il secondo motivo si prospetta censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 19 e 21 e degli artt. n. 2697, 2727 e 2729 c.c., ove il patrono erariale in via subordinata, ove fosse riconosciuta la sola inesistenza soggettiva, ricorda esservi orientamento di questa Corte più rigoroso che afferma l’indetraibilità dell’Iva anche in questi casi.

Il motivo è espressamente posto in via gradata e resta assorbito dall’accoglimento del precedente.

Occorre ora passare all’esame del ricorso incidentale, ove vengono posti tre motivi di gravame.

3. Con il primo motivo di gravame incidentale si prospetta censura ex art. c.p.c., nn. 3 e 5 per violazione della L. n. 289 del 2002, art. 7 e 9 e conseguente illegittimità dell’accertamento relativo all’anno 2002 per intervenuto condono, con omessa pronuncia sul punto, laddove la CTR pur dando atto nella parte narrativa che il contribuente aveva aderito al condono di cui alla citata L. n. 289 del 2002, nella parte motiva non ne trae la debita conclusione, occupandosi solo della tempestività della ripresa a tassazione in ragione del raddoppiamento del termine in presenza di notizia di reato. Il motivo assolve all’onere di autosufficienza e, d’altro canto, la stessa CTR dà atto della istanza di condono, a pag. 3, terzo capoverso, poi non decidendo di conseguenza. Il motivo è fondato, la sentenza dev’essere cassata ed il giudice del rinvio dovrà tener presenti i limiti alla applicabilità condono in materia Iva stabiliti da Corte giustizia U.E. con sentenza 17 luglio 2008 C 132/06.

4. Con il secondo motivo del ricorso incidentale si profila vizio ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3 e del D.P.R. n. 633 del 1972 art. 57, comma 3, nella sostanza lamentando non sussistano i presupposti per il raddoppio dei termini prescrizionali per gli anni relativi agli anni 2002-2004, in quanto le fatture contestate sarebbero state emesse unicamente dalla Murena s.a.s., non appartenente al gruppo Mythos, quindi estranee alla frode carosello per cui sono stati condannati in primo grado i relativi amministratori. Il motivo mira a sostituire l’apprezzamento di merito svolto dal giudice di secondo grado con altro proposto dal contribuente. La sentenza gravata è chiara nell’individuare la Consortium come fornitrice delle prestazioni ed il legame di tale società con la Mythos, a sua volte penalmente coinvolta. Trattasi di circostanza di fatto inammissibile in questa sede. Ove peraltro si tratti della rilevanza penale delle circostanze indicate e la non definitività della condanna solo di alcuni degli agenti, occorre ricordare che il testo delle citate disposizioni, nel testo vigente all’epoca dei fatti, prevedevano il raddoppio dei termini in presenza della sola violazione tributaria che comporti l’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 331 c.p.p., in disparte restando l’esito della denuncia e dell’eventuale relativo processo.

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

5. Con il terzo motivo del ricorso incidentale si solleva censura ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 53 e 109, nonchè del D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, convertito con modifiche dalla L. n. 44 del 2012 e dell’art. 53 Cost., segnatamente laddove la CTR ha ritenuto non deducibili i costi non ritenendo sufficiente l’esibizione della fattura, proprio perchè è tesa a dissimulare l’inesistenza dell’operazione. Trattandosi di elemento riduttivo dell’obbligazione tributaria, spetta al contribuente darne la prova sia dell’esistenza, che della effettiva consistenza, che dell’inerenza. Con apprezzamento di merito non suscettibile di sindacato in questa sede, la CTR ha ritenuto che le fatture prodotte non fossero dotate degli elementi costitutivi essenziali legislativamente previsti per poter essere valutate nella loro inerenza e coerenza. Non di meno, la parte contribuente lamenta che non siano state prese in considerazione le diverse allegazioni pur prodotte, relative al “prodotto” delle consulenze

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fatturate. La censura si iscrive nell’ambito dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato, ove non è deducibile l’omesso esame di elementi istruttori una volta che il fatto storico (prova della esistenza operazioni) sia stato preso in considerazione, come affermato da questa Corte per cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. Cass. S.U. n. 19881/2014).

Il motivo è dunque infondato e va disatteso.

In definitiva, il ricorso principale dev’essere accolto per le ragioni di cui al primo motivo e il ricorso incidentale parimenti accolto per le ragioni attinte dal primo motivo di doglianza.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, accoglie il primo motivo del ricorso incidentale, rigettati il secondo ed il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla CTR per la Lombardia – Sezione staccata di Brescia, cui demanda anche la regolazione delle spese dle presente grado di giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

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