Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23533 del 10/11/2011
Cassazione civile sez. trib., 10/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 10/11/2011), n.23533
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –
Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 26231-2009 proposto da:
FINDER TRE SRL (OMISSIS), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILVIO PELLICO
24, presso lo studio dell’avvocato CARELLO CESARE ROMANO, che la
rappresenta e difende unitamente all’avvocato BOLOGNI VITTORIO giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope
legis;
– controracorrente –
avverso la sentenza n. 72/33/2007 della COMMISSIONE TRIBUTARIA
REGIONALE di FIRENZE del 18/10/07, depositata il 06/10/2008;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
26/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;
è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte, ritenuto che è stata depositata in cancelleria la seguente relazione a sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Il 6 ottobre 2008 la CTR- Toscana ha accolto l’appello dell’Agenzia delle entrate nei confronti di Finder Tre s.r.l., confermando l’avviso di accertamento notificato alla contribuente per recupero a tassazione IRPEF, IVA, IRAP 1998 e 1999. La soc. ha proposto ricorso per cassazione; l’amministrazione si è costituita eccependo l’inammissibilità del ricorso.
L’eccezione è manifestamente fondata.
Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia violazione è falsa applicazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 30 e dell’art. 2129 c.c.. Il mezzo è palesemente inammissibile.
E’ del tutto preliminare il rilievo che il ricorso è irrimediabilmente viziato dall’assoluta inosservanza dell’art. 366 bis c.p.c (vigente per le sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006 e abrogato per le sentenze pubblicate dal 4 luglio 2009), nella parte in cui prevede che, nei casi previsti dall’art. 360, n. 3 e n. 4 “l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto”.
Nel ricorso in esame, non solo manca del tutto la prescritta formulazione conclusiva, ma manca persino graficamente qualsivoglia riferimento ad un quesito di diritto vero e proprio. E’, infatti, inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto, tale da circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla parte (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7258 del 26/03/2007). Nè il quesito di diritto può essere desunto dal contenuto del motivo, poichè, in un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ., consiste proprio nell’imposizione, al patrocinante che redige il motivo, di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio della funzione nomofilattica della Corte di legittimità (Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 20409 del 24/07/2008). Inoltre, il quesito di diritto va formulato anche quando la censura sia affidata ad un unico motivo, come nella specie, trattandosi di obbligo del tutto indipendente dal dato formale dell’unicità o pluralità di motivi, poichè in un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ. consiste proprio, come si è detto, nell’imposizione di una sintesi originale ed autosufficiente della violazione stessa (Cass. Sez. U, n. 19444 del 10/09/2009). Conseguentemente il ricorso può essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 1″.
Rilevato che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alle parti costituite; osservato che, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i motivi in fatto e in diritto della relazione, il Collegio ritiene che ricorra l’ipotesi della manifesta inammissibilità del ricorso per cassazione;
considerato, infine, che le spese di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 1.200 per onorario, oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011