Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23532 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. II, 09/10/2017, (ud. 13/04/2017, dep.09/10/2017),  n. 23532

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2520-2010 proposto da:

G.L., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

BRUNO BUOZZI 102, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSOB COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA (OMISSIS),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B.MARTINI 3, presso lo

studio dell’avvocato FABIO BIAGIANTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati ANTONELLA VALENTE, MARIA LETIZIA ERMETES;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

02/12/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/04/2017 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO FRANCESCO MAURO, che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

uditi gli Avvocati VALENTE Antonella e DINI Michela, difensori della

resistente che hanno chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso in opposizione proposto ai sensi del D.Lgs. n. 58 del 1998, artt. 187 septies e 195 (in prosieguo: T.U.F.) il sig. G.L. impugnava la Delib. della CONSOB n. 16114/2007 con la quale gli era stata inflitta la sanzione amministrativa di Euro 30.000 per avere procurato ritardo all’esercizio delle funzioni di vigilanza della Commissione, omettendo ingiustificatamente di presentarsi, in data 16 novembre 2005, all’audizione personale per cui era stato convocato quale persona informata dei fatti circa le ipotesi di aggiotaggio e manipolazione del mercato sul titolo (OMISSIS) nel periodo 31 marzo -19 agosto 2005.

Il sig. G. censurava l’illegittimità di tale delibera in quanto fondata su un atto di convocazione del 3 novembre 2005 a sua volta illegittimo, in quanto carente di motivazione; in tale atto, infatti, non si indicava in base a quali presupposti di fatto la CONSOB ritenesse che l’odierno ricorrente fosse persona informata dei fatti, ma si faceva unicamente riferimento alla base normativa del potere di disporre l’audizione (l’art. 187 octies, comma 3, lett. c, del T.U.F.).

Il sig. G. inoltre deduceva che, essendo l’illecito contestato ex art. 187 quinquiesdecies un illecito di evento, tale infrazione poteva ritenersi effettivamente commessa solo ove si fosse determinato in concreto un comprovato ritardo dell’attività ispettiva della commissione.

Col ricorso in opposizione si censurava altresì la tardività della delibera irrogativa della sanzione, per essere stata la stessa notificata solo in seguito allo spirare del termine di 90 giorni previsto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14.

La corte d’appello di Roma rigettava la proposta opposizione, affermando che:

sufficiente doveva ritenersi la motivazione della originaria convocazione, anche se basata solo sull’indicazione della fonte normativa e dell’oggetto della convocazione;

comprovato doveva ritenersi il ritardo nell’attività ispettiva, in quanto, in mancanza del contributo del signor G., la commissione era stata costretta a reperire informazioni presso la (OMISSIS), avvalendosi della (OMISSIS);

fuor di luogo doveva ritenersi la doglianza dell’opponete secondo cui il provvedimento sanzionatorio sarebbe stato notificato oltre il termine di 90 giorni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14 della, riguardando tale termine la notifica dell’atto di contestazione e non la notifica dell’atto di irrogazione della sanzione.

congruo, infine, doveva ritenersi l’importo della sanzione comminata, in considerazione del suo massimo edittale e della gravità dell’infrazione.

Per la cassazione di tale pronuncia ricorre il Sig. G. articolando due motivi di censura.

La CONSOB ha depositato controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 13.4.17, per la quale solo la controricorrente ha depositato memoria illustrativa e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Col primo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell’art. 187 octies, comma 3, lett. c) T.U.F. in cui la corte di appello sarebbe incorsa non rilevando la nullità, per insufficiente motivazione, dell’atto di convocazione del sig. G. all’audizione presso la CONSOB; atto presupposto al provvedimento che aveva sanzionato il ricorrente per non essersi presentato alla suddetta audizione.

Nel motivo si sottolinea la mancata esplicitazione, nella lettera di convocazione all’audizione, delle ragioni di fatto per le quali il ricorrente era stato ritenuto “persona informata sui fatti” e si argomenta come tale esplicitazione fosse doverosa, giacchè agli atti di convocazione ex art. 187 octies, comma 3, lett. c) T.U.F., in quanto atti amministrativi, si applicano i principi generali fissati dalla L. n. 241 del 1990.

Il motivo va disatteso perchè la sentenza gravata non ha disconosciuto la necessità della motivazione degli atti di convocazione all’audizione ex art. 187 octies, comma 3, lett. c) T.U.F. (e, quindi, non è incorsa nella denunciata violazione di tale disposizione, nè nella lamentata violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3), ma ha ritenuto che la convocazione a cui il sig. G. non ha ottemperato fosse sufficientemente motivata. Basta, al riguardo, leggere l’ultimo capoverso di pag. 2 della sentenza: “considerato che – contrariamente a quanto sostenuto dall’opponente – la convocazione era motivata con riferimento sia alla fonte normativa della disposta audizione (art. 187, comma 3, T.U.F.) sia alle ragioni della convocazione stessa, quale “persona che può essere informata sui fatti… di aggiotaggio e manipolazione del mercato sul titolo (OMISSIS) ord., nel periodo 31 marzo – 19 agosto 2005”. Con tale affermazione la corte d’appello ha espresso un giudizio di fatto, che non può essere sindacato in sede di legittimità se non sotto i profili, non proposti dal ricorrente, del vizio motivazionale ex art. 360 c.p.c., n. 5 (nel presente procedimento applicabile nel testo anteriore alle modifiche recate dal D.L. n. 83 del 2012) o del vizio di violazione di legge con riferimento alle disposizioni che regolano l’interpretazione dei contratti (applicabili anche all’interpretazione degli atti amministrativi).

Al riguardo va ricordato, per un verso, il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui l’interpretazione di un atto amministrativo non normativo, risolvendosi nell’accertamento della volontà della P.A., ovverosia di una realtà fenomenica e obiettiva, è riservata al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se sorretta da motivazione adeguata e immune dalla violazione delle regole di ermeneusi contrattuale (tra le tante, Cass. 17367/10); per altro verso, il costante orientamento secondo cui il giudizio sull’adeguatezza della motivazione degli atti amministrativi di imposizione tributaria compete al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se non mediante la denuncia di specifici errori di diritto in cui tale giudice sia incorso (tra le tante, Cass. 9582/13; il principio è stato elaborato in materia tributaria ma opera in tutti i casi in cui il giudice ordinario sia chiamato a valutare la legittimità di un atto amministrativo sotto il profilo dell’adeguatezza della relativa motivazione).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 in cui la corte territoriale sarebbe incorsa rigettando l’eccezione con cui egli, in relazione a tale disposizione, aveva dedotto la tardività della notifica della contestazione.

Il ricorrente ribadisce in questa sede l’assunto, già speso davanti alla corte d’appello, secondo cui il termine di 90 giorni di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 14,comma 2 della riguarderebbe l’atto di irrogazione delle sanzioni, da identificarsi, secondo l’argomentazione svolta nel mezzo di gravame (si veda in particolare pag. 21, ultimo cvp, del ricorso) con l’atto di contestazione.

L’assunto del ricorrente è manifestamente infondato, perchè urta contro la chiara lettera della L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2, che parla di “estremi della violazione”. E’ infatti palese, secondo il significato proprio delle parole (art. 12 preleggi), che l’atto con cui vengono contestati gli estremi di una violazione non può identificarsi con l’atto con cui per tale violazione viene irrogata una sanzione.

Il riferimento del ricorrente al disposto della L. n. 689 del 1981, art. 16 è poi del tutto inconcludente, giacchè tale ultima disposizione fa riferimento alle sanzioni edittali e, pertanto, la sua applicazione non presuppone che in relazione alla violazione contestata sia già stata concretamente irrogata una sanzione, ma presuppone esattamente il contrario.

In definitiva il ricorso va rigettato in relazione ad entrambi i motivi in cui esso si articola.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente a rifondere alla contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 3.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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