Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23531 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/10/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 27/10/2020), n.23531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. LO SARDO Giuseppe – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4431/2016 proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del Ministro p.t., e Segreteria della Commissione Tributaria

Regionale per la Campania (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

Direttore pro tempore, rappresentati e difesi ope legis

dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: (OMISSIS)), nei cui

uffici domicilia in Roma, alla Via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrenti –

contro

Equitalia Sud s.p.a.;

– intimata –

– avverso la sentenza n. 10370/52/2015 emessa dalla CTR Campania in

data 18/11/2015 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del

05/03/2020 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero Dott. Tommaso

Basile nel senso dell’accoglimento del ricorso;

udite le conclusioni rassegnate dal difensore dei ricorrenti, Avv.

Gianluigi Diodato.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con atto notificato il 23.3.2015 Equitalia Sud Spa proponeva appello avverso la sentenza n. 22202/08/14, depositata dalla CTP di Napoli in data 24.9.2014, con cui era stato dichiarato inammissibile il ricorso avverso l’invito al pagamento prot. n. (OMISSIS) del (OMISSIS), inoltrato dal Funzionario delegato della Commissione Tributaria Regionale di Napoli, della somma di Euro 1.500,00 a titolo di contributo unificato in relazione ad un giudizio tributario da quest’ultimo promosso con atto di appello iscritto in data 15.6.2012, ritenendo tale atto non impugnabile.

L’appellante insisteva sull’ammissibilità del ricorso di primo grado, in quanto proposto avverso un atto impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 542 del 1992, art. 19 e, nel merito, chiedeva che, in riforma della sentenza di primo grado, venisse dichiarata la illegittimità dell’operato dell’ufficio stante l’applicabilità del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, anche ai giudizi tributari.

L’Ufficio appellato in sede di controdeduzioni insisteva per la conferma della decisione impugnata, con vittoria di spese, riportandosi alle difese già espresse in primo grado.

Con sentenza del 18.11.2015 la CTR Campania accoglieva l’appello, annullando, per l’effetto, il provvedimento impugnato, sulla base delle seguenti considerazioni:

1) l’avviso di pagamento era impugnabile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, contenendo una chiara e manifestata pretesa tributaria, con contestuale minaccia di riscossione coattiva nell’ipotesi di mancato pagamento;

2) premesso che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, è applicabile non solo nell’ambito dei procedimenti esecutivi, e relativi incidenti di cognizione, attratti alla giurisdizione del giudice ordinario, ma anche nell’ambito della giurisdizione tributaria, in presenza di tutte quelle attività che conseguono all’attività di riscossione, era indubbio che, per eseguire coattivamente il titolo esecutivo, il concessionario (sino alle modifiche introdotte dal D.L. n. 78 del 2010, conv. in L. n. 122 del 2010) doveva predisporre e notificare al contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 25 e 26, la cartella esattoriale, atto assimilabile ad un precetto avente ad oggetto l’intimazione di pagamento delle somme corrispondenti alla relativa pretesa impositiva;

3) l’attività di predisposizione della cartella di pagamento, e la sua notifica, costituivano un’attività propedeutica alla riscossione coattiva, quale necessario antecedente strumentale, inserito nella sequela procedimentale finalizzata all’esazione coattiva del credito, e le eventuali impugnazioni della cartella di pagamento e della relativa pretesa impositiva instauravano innanzi ai giudice tributario procedimenti contenziosi del tutto assimilabili alle opposizioni all’esecuzione o agli atti esecutivi;

4) nulla ostava, da un punto di vista sia letterale che sistematico, ad una interpretazione dell’art. 48 nel senso di ritenere che la prenotazione a debito, assicurata al concessionario in relazione agli atti giudiziari occasionati o conseguenti al procedimento di riscossione coattiva, fosse riferibile a tutti i giudizi connessi o che comunque trovassero origine, occasione, necessità o siano in qualunque modo riconducibili e attinenti all’attività di recupero istituzionalmente affidata all’agente;

5) del resto, nei giudizi tributari il Concessionario assume la posizione di parte necessaria ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art., quale ente strumentale alla difesa della pretesa impositiva dell’Agenzia;

6) l’Agente della riscossione, inoltre, è chiamato per legge a portare avanti e difendere in giudizio, per conto dell’ente impositore, la pretesa avanzata contro il contribuente.

Per la cassazione della sentenza hanno proposto ricorso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Segreteria della Commissione Tributaria Regionale per la Campania, sulla base di un unico motivo.

Equitalia Sud s.p.a. non ha svolto difese.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con l’unico motivo i ricorrenti deducono la violazione degli artt. 48 D.P.R. n. 602 del 1973 e 157 D.P.R. n. 115 del 2002, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR ritenuto estensibile anche ai giudizi tributari vertenti sull’an della pretesa impositiva vantata dall’Agenzia delle Entrate la prenotazione a debito del contributo unificato che sarebbe stato dovuto dalla concessionaria, nonostante il detto giudizio non fosse relativo all’attività di riscossione coattiva.

1.1. Il motivo è fondato.

Sul piano normativo, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, comma 1, prevede che “Le tasse e i diritti per atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva sono ridotti alla metà e prenotati a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente, quando questa non sia il concessionario.”.

Ancora, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 157 (intitolato “Spese processuali della procedura esecutiva attivata dal concessionario per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo”) stabilisce:

1. “In applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 48, per la procedura esecutiva relativa, a tutte le entrate iscritte a ruolo, il concessionario annota come prenotati a debito il contributo unificato, le spese per le notificazioni a richiesta d’ufficio e i diritti di copia”.

2. “L’ufficio presso cui pende il processo attesta, all’esito del processo e su richiesta del concessionario, la rispondenza delle spese annotate alle norme di legge”.

Da ultimo, il successivo art. 158 (rubricato “Spese nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito e recupero delle stesse”) prevede:

1. “Nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica, sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione:

a) il contributo unificato nel processo civile e amministrativo; (…)”.

3. “Le spese prenotate a debito e anticipate dall’erario sono recuperate dall’amministrazione, insieme alle altre spese anticipate, in caso di condanna dell’altra parte alla rifusione delle spese in proprio favore”.

Senza tralasciare che, in base allo stesso D.P.R., art. 3, lett. q), “amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito è l’amministrazione dello Stato, o altra amministrazione pubblica, ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico; (…)”.

1.2. Questa Corte di recente (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8958 del 29/03/2019), nell’analizzare il motivo di doglianza di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. con il quale erano state dedotte l’erronea statuizione in ordine alla condanna al versamento del contributo unificato, ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater e la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, per non aver la CTR considerato che il legislatore avrebbe espressamente escluso il concessionario dal versamento del contributo unificato, ha affermato che l’art. 48 menzionato è dettato con specifico riferimento al recupero delle tasse e dei diritti per atti giudiziari nei procedimenti di riscossione coattiva delle imposte sul reddito, e non introduce una deroga generale in favore del concessionario alla disciplina in tema di contributo unificato stabilita dal D.P.R. n. 115 del 2002.

Questo approccio deve essere condiviso, sia pure con le opportune precisazioni.

Non è revocabile in dubbio che il giudizio di impugnazione di una cartella di pagamento pendente dinanzi al giudice tributario non rientri tra i procedimenti esecutivi volti al recupero di crediti erariali.

Il primo problema da analizzare è se lo stesso (o, più precisamente, il giudizio di cognizione innanzi al giudice tributario nel quale Equitalia s.p.a. difende la pretesa impositiva in vista di una futura ed eventuale esecuzione) rientri tra gli atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione coattiva, come stabilito dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, comma 1.

In particolare, premesso che nel caso di specie si è al cospetto di una impugnazione della cartella di pagamento (equiparabile, quest’ultima, all’atto di precetto) e, dunque, di un atto che costituisce l’immediato e necessario antecedente del procedimento di riscossione coattiva (o, a dirla diversamente, di un atto strumentale all’eventuale futura esecuzione), si tratta di verificare se l’attività svolta dal concessionario in un giudizio tributario al fine di difendere la pretesa impositiva sia occasionata o provocata dal detto procedimento.

E’ chiaro che a differenti conclusioni dovrebbe pervenirsi nel caso in cui Equitalia Sud s.p.a., in veste di ricorrente, adisse il giudice tributario per l’annullamento dell’atto impositivo opposto, invocando l’applicazione della disciplina della prenotazione a debito sulla scorta del reticolo normativo sopra indicato. In questo caso, infatti, l’attività Equitalia s.p.a. si porrebbe agli antipodi della tipica attività del concessionario, volta all’acquisizione, anche forzosa, di entrate all’Erario. Pertanto, venuta meno la ratio sottesa alle funzioni particolari in vista del cui soddisfacimento è prevista la procedura della prenotazione a debito, Equitalia s.p.a., come qualunque contribuente, sarebbe gravata dall’obbligo del contributo unificato. Così come è chiaro che le considerazioni che precedono non potrebbero estendersi all’attività di riscossione di ruoli predisposti da soggetti estranei all’Amministrazione finanziaria, quali enti previdenziali, enti locali o Camere di Commercio.

E’ chiaro che, se si intendesse l’espressione “procedura esecutiva” contenuta nel D.P.R. n. 115 del 2002, art. 157, come sinonimo di esecuzione forzata, sarebbe difficile estenderla ai giudizi di cognizione prodromici alla futura eventuale esecuzione. Tuttavia, il richiamo operato dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, comma 1, al “procedimento di riscossione coattiva” induce a ricomprendervi altresì le attività preliminari e propedeutiche all’esecuzione vera e propria.

Che vi sia una differenza, quanto al contributo unificato, tra la procedura esecutiva di cui all’art. 157 ed il procedimento di riscossione coattiva di cui all’art. 48 è reso evidente dalla stessa formulazione della prima disposizione. Invero, l’art. 157 TUSG, nel limitare l’applicabilità della prenotazione a debito del contributo unificato alla sola procedura esecutiva di tutte le entrate iscritte a ruolo, dispone che il concessionario (e non la cancelleria) annota come prenotati a debito il contributo unificato, le spese per le notifiche a richiesta d’ufficio e i diritti di copia. La particolarità è, dunque, da ritrovarsi nella circostanza che, pur essendo prevista la prenotazione a debito del contributo unificato, la effettiva annotazione è posta dalla norma direttamente a carico del concessionario, il quale recupererà tali spese unitamente al credito principale (art. 234 TUSG) per il quale si procede.

La riscossione coattiva si realizza mediante una sequenza di atti che, pur se autonomamente impugnabili per vizi propri, trovano il loro presupposto nel medesimo atto impositivo, a tal punto che la cassazione della pronuncia di annullamento della pretesa impositiva determina un effetto espansivo cd. esterno ex art. 336 c.p.c., comma 2, nel giudizio di impugnazione del correlato atto di riscossione (nella specie, cartella di pagamento; cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 21801 del 29/08/2019).

In particolare, nel sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo, disciplinato dal D.P.R. n. 602 del 1973, la notificazione della cartella di pagamento costituisce atto preliminare indefettibile per l’effettuazione di un pignoramento da parte dell’agente della riscossione, atteso che la cartella di pagamento, a mente del D.P.R. cit., art. 25, assolve uno actu le funzioni svolte nella espropriazione forzata codicistica, ex art. 479 c.p.c., dalla notificazione del titolo esecutivo e del precetto nella espropriazione forzata codicistica (Sez. 3, Sentenza n. 3021 del 08/02/2018). Precisamente, nel sistema della riscossione a mezzo ruolo la cartella di pagamento si risolve, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2, nell’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo, così come il precetto contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo (da ultimo, Cass. 27/11/2015, n. 24235; in precedenza, Cass., 04/05/2012, n. 6721). La notificazione della cartella configura, poi, attività prodromica necessaria al pignoramento eseguito (in una delle varie modalità stabilite dalla legislazione speciale) dall’agente della riscossione: in tal senso, univocamente depone il disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, laddove prevede che “il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento”.

La cartella di pagamento costituisce, dunque, atto preliminare indefettibile solo di una delle due possibili declinazioni dell’azione esecutiva: condiziona cioè esclusivamente l’effettuazione di un pignoramento da parte dell’agente della riscossione.

Dal punto di vista teleologico, la necessità della prodromica intimazione risponde ad una duplice ratio: per un verso, offrire all’intimato debitore la possibilità dell’adempimento spontaneo dell’obbligazione nascente dal titolo, evitando così gli effetti limitativi della disponibilità dei beni correlati al minacciato pignoramento; per altro verso, consentire (ed anzi provocare) l’esperimento, in via preventiva rispetto all’espropriazione, dei rimedi oppositivi (ex art. 615 o 617 c.p.c.), al fine (anche) di ottenere provvedimenti – di natura cautelare – aventi contenuto lato sensu inibitorio dell’effettuazione del pignoramento, impedendo quindi, per altra strada, l’apposizione del relativo vincolo. Tant’è che il giudice adito con l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. avverso l’atto di pignoramento può pronunciare la nullità dell’atto consequenziale solo se la notificazione della cartella di pagamento o dell’intimazione ad adempiere sia stata totalmente omessa ovvero sia giuridicamente inesistente, mentre laddove la notificazione della cartella di pagamento sia solo nulla deve procedere a verificare l’eventuale ricorrenza della sanatoria della nullità per raggiungimento dello scopo, come avviene per la nullità della notificazione del titolo esecutivo e/o del precetto (Sez. 3, Sentenza n. 24235 del 27/11/2015).

1.3. Tuttavia, come reso palese dall’inequivoco tenore del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 158, il contributo unificato nel processo civile ed amministrativo è prenotato a debito (se a suo carico) solo nel processo “in cui è parte l’amministrazione pubblica”.

E la definizione di quest’ultima, quale soggetto ammesso alla prenotazione a debito, è ricavabile in via esclusiva dall’art. 3, lett. q), dello stesso D.P.R. n., a mente del quale, come visto nell’esordio, “amministrazione pubblica ammessa alla prenotazione a debito è l’amministrazione dello Stato, o altra amministrazione pubblica, ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico; (…)”.

Orbene, il concessionario per la riscossione non può essere equiparato all’amministrazione dello Stato (a differenza, ad esempio, dell’Agenzia delle Entrate nell’attività di riscossione delle entrate, appunto, statali), atteso che per l’inquadramento tra le altre amministrazioni pubbliche ammesse alla prenotazione a debito di imposte o di spese a suo carico occorre un previo intervento legislativo (al pari di quanto è accaduto per le Agenzie fiscali con D.L. n. 16 del 2012, conv. in L. n. 44 del 2012), nel caso di specie mancante.

Depone nello stesso senso il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 11 (intitolato “Prenotazione a debito del contributo unificato”), a mente del quale “Il contributo unificato è prenotato a debito nei confronti dell’amministrazione pubblica ammessa da norme di legge alla prenotazione a debito di altre imposte e spese a suo carico, nei confronti della parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato e, nell’ipotesi di cui all’art. 12, comma 2, nei confronti della parte obbligata al risarcimento del danno.” (la sottolineatura è dello scrivente).

E’ in quest’ottica che la circolare n. 1/DF del Ministero delle Finanze del 21.9.2011, al punto 7, ha previsto che, in base all’art. 3 T.U.S.G., comma 1, lett. q), “Sono Amministrazioni dello Stato i Ministeri centrali e i loro Uffici periferici; agli stessi sono equiparati le Agenzie fiscali (Entrate, Dogane e Territorio) di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999, cui è demandata la gestione di tributi erariali”.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, pur dovendosi operare una distinzione, sul piano oggettivo, tra la procedura esecutiva attivata per la riscossione delle entrate iscritte a ruolo ed il procedimento di riscossione coattiva, non può prescindersi, sul piano soggettivo, dalla necessità che si sia al cospetto di un’amministrazione dello Stato o di altra amministrazione pubblica ammesse da norme di legge alla prenotazione a debito.

Nel solco di tale impostazione, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 8958 del 29/03/2019 ha di recente affermato, sia pure in tema di raddoppio del contributo unificato, che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nella parte in cui prevede, nell’ipotesi di integrale infondatezza o inammissibilità dell’impugnazione, che la parte che l’ha proposta sia tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, si applica anche al concessionario per la riscossione nei procedimenti in tema di contributi previdenziali, poichè l’esonero previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 48, è dettato con specifico riferimento al recupero delle tasse e dei diritti per atti giudiziari nei procedimenti di riscossione coattiva delle imposte sul reddito e non introduce una deroga di carattere generale in favore del concessionario alla disciplina in tema di contributo unificato.

1.4. Nè si perverrebbe ad una conclusione difforme evidenziando che, qualora il debitore abbia impugnato la cartella di pagamento, emessa dall’Agente della riscossione, per motivi che attengono a vizi della cartella medesima, compreso il vizio di motivazione, l’impugnazione deve essere rivolta nei confronti dell’Agente della riscossione, il quale, ove assuma che il vizio sia imputabile all’ente impositore, può estendere il giudizio a quest’ultimo.

Invero, nella controversia con cui il debitore contesti l’esecuzione esattoriale, in suo danno minacciata o posta in essere, non integra ragione di esclusione della condanna alle spese di lite nei confronti dell’agente della riscossione, nè – di per sè sola considerata – di loro compensazione, la circostanza che l’illegittimità dell’azione esecutiva sia da ascrivere al creditore interessato, restando peraltro ferme, da un lato, la facoltà dell’agente della riscossione di chiedere all’ente impositore la manleva dall’eventuale condanna alle spese in favore del debitore vittorioso e, dall’altro, la possibilità, per il giudice, di condannare al loro pagamento il solo ente creditore interessato o impositore, quando questo è presente in giudizio, compensandole nei rapporti tra il debitore vittorioso e l’agente della riscossione, purchè sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., diversi ed ulteriori rispetto alla sola circostanza che l’opposizione sia stata accolta per ragioni riferibili all’ente creditore (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3105 del 06/02/2017; conf. Sez. 3, Sentenza n. 15390 del 13/06/2018).

Anche qualora il contribuente impugni una cartella esattoriale emessa dall’agente della riscossione deducendo la mancata notifica dei prodromici atti impositivi, potendo in siffatta evenienza egli agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, non è configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo, soprattutto, rimessa all’agente della riscossione la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore (Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017).

2. In definitiva, il ricorso merita accoglimento. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di rigettare l’originario ricorso proposto da Equitalia Sud s.p.a..

La mancanza di precedente specifici di questa Corte sulla questione esaminata giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto da Equitalia Sud s.p.a.; compensa per intero le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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