Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2353 del 01/02/2011

Cassazione civile sez. lav., 01/02/2011, (ud. 25/11/2010, dep. 01/02/2011), n.2353

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 22035-2008 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A. AUBRY

3, presso lo studio dell’avvocato BOCCADAMO GIORGIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato BARBATO VINCENZO, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE PER L’ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE TRE MADONNE

8, presso lo studio dell’avvocato MARAZZA MAURIZIO e DE FEO DOMENICO,

che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5221/2007 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 10/09/2007 R.G.N. 3607/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/11/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO LAMORGESE;

udito l’Avvocato DE FEO DOMENICO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Licenziato con lettera del 13 marzo 1991 dalla società Autostrade, alle dipendenze della quale lavorava con le mansioni di esattore al casello (OMISSIS) dell’autostrada (OMISSIS), C.G. impugnava il licenziamento, e la domanda, rigettata in primo grado, era accolta dal Tribunale di Salerno, che con sentenza del 26 febbraio 1997, in riforma della decisione di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento.

Riteneva il Tribunale priva di dimostrazione la responsabilità dell’appellante in ordine all’addebito a costui contestato dall’azienda e d consistito nella doppia utilizzazione di due biglietti verificatasi presso il predetto casello, durante il turno di lavoro dallo stesso espletato, e ciò perchè il C. era stato sostituito da altri dipendenti non solo durante le pause contrattuali della durata di almeno venti minuti, per le quali era imposto l’obbligo di annotazione della sostituzione, ma anche durante quelle di durata inferiore, cosiddette fisiologiche, non annotate secondo la prassi tollerata dalla società; infatti, le illecite utilizzazioni erano comprese in archi temporali tali da poter coincidere con le pause brevi, risultanti dai rapporti di servizio, senza precisazione però dei relativi orari.

La sentenza, su ricorso dell’azienda, era cassata da questa Corte con la pronuncia del 29 maggio 1999 n. 5291, che demandava al giudice di rinvio, designato nel Tribunale di Torre Annunziata, una nuova indagine sulla sussistenza dell’inadempimento del lavoratore e sulla giustificazione del licenziamento.

Quest’ultimo Tribunale, premessi l’accertamento della doppia utilizzazione dei biglietti autostradale e la tabulazione manuale di quei biglietti già convalidati durante il turno del C., negò la responsabilità di costui in ordine agli addebiti mossi dall’azienda, avendo ritenuto la mancanza di prova del dolo del dipendente nella mancata annotazione degli orari delle pause, dolo considerato elemento necessario per la configurabilità dell’inadempimento del dipendente.

Anche tale decisione era annullata da questa Corte con la sentenza n. 9733 del 23 marzo 2005, e la Corte di appello di Napoli giudice di rinvio, con pronuncia depositata il 10 settembre 2007, rigettava l’appello del lavoratore.

Richiamato lo schema logico della prima decisione di annullamento, e cioè che l’esattore è responsabile primario della regolarità delle operazioni compiute presso la cassa affidata a lui affidata, salvo che, in caso di illecito, altri si fosse trovato al suo posto, e che in tale prospettiva l’annotazione delle sostituzioni con gli orari costituiva un onere per l’esattore, prevista nel suo esclusivo interesse, al fine di essere esonerato dalle conseguenze di eventuali irregolarità, il giudice del rinvio ha sottolineato come dalle risultanze di causa non emergevano elementi a supporto dell’assunto del dipendente, secondo cui gli illeciti contestatigli si erano verificati durante le sue brevi assenze dal posto di lavoro, per pause fisiologiche. Il giudice del rinvio ha ritenuto inammissibile, in quanto censura nuova sollevata per la prima volta in sede di rinvio, la contestazione mossa alle annotazioni sui biglietti di pedaggio autostradale, perchè eseguite con grafia diversa. Il medesimo giudice ha perciò infermato la responsabilità del C. per gli illeciti in questione, pacificamente avvenuti durante il turno di servizio da lui espletato, ed ha quindi evidenziato la gravità dei comportamenti allo stesso addebitati, tale da ledere in maniera irreversibile il vincolo fiduciario che deve sussistere fra il dipendente e il datore di lavoro.

Per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli il C. ha proposto ricorso con tre motivi.

La società ha resistito con controricorso, ed ha poi depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo denuncia, unitamente a vizio di motivazione, violazione dell’art. 2697 cod. civ.. Premesso l’accertamento, attraverso le risultanze processuali, non solo dell’esistenza dell’obbligo contrattuale a carico degli esattori, di indicare nei rapporti di servizio anche le pause brevi, ma anche della sua costante inottemperanza, si censura la sentenza impugnata per non avere considerato che la società, tollerando tale situazione di inadempimento “aveva accettato di subirne le conseguenze in termini di rischio, essendosi posta in condizione di non poter accertare gli autori di eventuali illeciti”, per cui non vi era prova che tali fatti contestati al C. fossero dallo stesso commessi.

Al termine del motivo è enunciato il seguente quesito di diritto:

“Sulla base delle innanzi esposte considerazioni, dica l’adita Cassazione se nel caso di specie vi sia violazione o falsa applicazione ovvero erronea interpretazione dei fatti rilevanti che portano ad una diversa valutazione e quindi ad una diversa definizione della controversia.

Dica ancora l’adita Cassazione se non vi è stata contraddittorietà della motivazione e quindi violazione dell’art. 2697 c.c., nel momento in cui sia i testi sia la stessa società resistente, datrice di lavoro, hanno dichiarato unanimemente ed univocamente che le annotazioni sui rapporti di servizio costituivano un obbligo per chi sostituiva e per chi era sostituito”.

Il motivo è inammissibile. Si deve infatti rilevare che in relazione alla dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ. il ricorrente, limitandosi a richiamare nella intestazione del motivo l’indicazione della norma asseritamente violata, non spiega quale l’errore di diritto compiuto dal giudice del merito in ordine al riparto degli oneri probatori posti dalla medesima norma.

Nè è formulato per la suddetta violazione di legge il quesito di diritto, prescritto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. (qui applicabile, trattandosi di impugnazione avverso sentenza pubblicata dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 che ha introdotto quella norma, e anteriormente alla L. 18 giugno 2009, n. 69 che l’ha abrogata, ma non con efficacia retroattiva) nei casi di ricorso previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4.

Infatti, nella seconda proposizione come innanzi trascritta il ricorrente, dopo avere sostenuto la “contraddittorietà della motivazione e quindi violazione dell’art. 2697 c.c.” non riporta quale la regola di diritto erroneamente applicata dal giudice di rinvio e quale, secondo la sua prospettazione, la diversa regola da applicare, così come richiede la consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice con riferimento alla esposizione e al contenuto del quesito di diritto, affinchè risulti adempiuto l’onere imposto dal ripetuto art. 366 bis (v. Cass. sez. unite 14 febbraio 2008 n. 3519, 2 aprile 2008 n. 8466, 18 luglio 2008 n. 19811).

Neppure con riferimento alla parte del motivo concernente un vizio riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è soddisfatta la prescrizione imposta dal medesimo art. 366 bis cod. proc. civ., secondo cui in tal caso l’illustrazione del motivo, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (v. fra le numerose altre Cass. 25 febbraio 2009 n. 4556).

Del resto, la sentenza rescindente, richiamando quanto evidenziato in proposito dalla precedente pronuncia di cassazione (la n. 5291/99), aveva puntualizzato che la tolleranza da parte dell’azienda in ordine alla mancata annotazione nel rapporto di servizio delle ed. pause fisiologiche brevi, non comportava l’impossibilità di individuare gli autori di eventuali illeciti e la sussistenza dell’inadempimento contestato al C..

E la decisione qui impugnata ha poi evidenziato, con ragionamento immune da errori logico-giuridici, che individuando il badge di identificazione nel C. l’autore delle operazioni di doppia convalida del biglietto autostradale, e non risultando nel rapporto di servizio le indicazioni degli orari delle sostituzioni, gli addebiti in questione non potevano che imputarsi al C., quale responsabile diretto del servizio di esazione espletato. In mancanza di altri elementi, ha ancora precisato la Corte territoriale, il predetto lavoratore per escludere la sua responsabilità avrebbe dovuto provare la riconducibilità delle operazioni contestate ad altra persona attraverso l’annotazione del nominativo del sostituto e del corrispondente orario della sostituzione.

Il secondo motivo denuncia vizio di motivazione e “insussistenza della violazione dell’art. 345 cod. proc. civ.” Si assume che erroneamente la Corte di appello di Napoli ha affermato l’inammissibilità della dedotta diversità della grafia delle annotazioni apposte sui biglietti di pedaggio autostradale, convalidati due volte, avendola ritenuta questione nuova, sollevata per la prima volta nel giudizio di rinvio, mentre, invece era stata già formulata con l’atto di appello dinanzi al Tribunale di Salerno.

La diversità della grafia è determinante, ad avviso del ricorrente, per escludere la sua responsabilità in ordine agli illeciti in questione, e soprattutto per evidenziare la tolleranza dell’azienda per l’inadempimento all’obbligo delle annotazioni delle pause.

Il motivo non può essere accolto. Innanzitutto, la deduzione svolta dal ricorrente, laddove assume che la diversità della grafia, era stata già evidenziata nel primo giudizio di appello, non vale ad escludere la preclusione della questione, in quanto in tal modo il medesimo ricorrente ha ammesso che essa non era stata tempestivamente allegata nel ricorso introduttivo del giudizio, così come richiede l’art. 414 n. 4 cod. proc. civ., e non potendo essere introdotti in appello nuove prove in appello, a norma dell’art. 437 cod. proc. civ. Del resto, non emerge dalle deduzioni del ricorrente l’acquisizione dei suddetti documenti agli atti di causa.

Ma va pure osservato che la circostanza della tolleranza da parte dell’azienda in ordine alla mancata annotazione delle sostituzioni brevi dell’esattore durante i turni di servizio, alla cui dimostrazione, secondo l’assunto del ricorrente, tendeva l’allegazione della diversità della grafia rilevabile sui biglietti autostradali, è stata giudicata dalla sentenza impugnata priva di rilevanza, ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’esattore. Inoltre, la Corte territoriale ha escluso con valutazione, non adeguatamente censurata, l’utilità di consulenza grafica, osservando che da una siffatta indagine, proprio per i caratteri in stampatello della annotazione “T.R.” riportata sui biglietti autostradali convalidati due volte, non potevano ricavarsi utili elementi per escludere la riferibilità dell’annotazione al C..

Il terzo motivo, nel denunciare vizio di motivazione, censura la sentenza impugnata per avere ritenuto che per le pause ed.

fisiologiche o brevi, a differenza di quelle contrattuali, non vi era un obbligo, ma soltanto un onere di annotazione per il lavoratore che si faceva sostituire, nel suo interesse, altrimenti rimanendo responsabile degli eventuali ammanchi di cassa che si fossero verificati. nel corso dei brevi allontanamenti dal posto di lavoro.

Inspiegabilmente, il giudice del rinvio ha concluso che i fatti contestati erano accaduti durante quelle brevi pause, pur in mancanza di qualsiasi elemento di prova circa la fruizione nelle date in cui si era verificata l’illecita doppia convalida dei biglietti autostradali, delle pause contrattuali e brevi.

Anche questa censura è priva di fondamento, dovendosi rilevare che l’affermazione di responsabilità del C. per i fatti addebitati, deriva dalla incontroversa circostanza del loro accadimento nel suo turno di lavoro, ed in mancanza di qualsiasi annotazione dell’assenza dal posto dallo stesso occupato al casello autostradale. Conclusione questa, cui è pervenuta la sentenza impugnata seguendo lo schema logico indicato nelle sentenze rescindenti citate.

Il ricorso va dunque rigettato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della società resistente, delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 42,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) per onorari, oltre spese generali, i.v.a. e c.p.a..

Così deciso in Roma, il 25 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2011

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