Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23524 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. lav., 18/11/2016, (ud. 18/07/2016, dep. 18/11/2016), n.23524

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25688/2010 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

avvocati CLEMENTINA PULLI, MAURO RICCI e ALESSANDRO RICCIO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.S., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

SALARIA 221, presso lo studio dell’avvocato SANDRA AROMOLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO GIUSEPPE BONANNO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 604/2009 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 03/11/2009, R.G. N. 729/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/07/2016 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato CLEMENTINA PULLI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 14/10 – 3/11/2009 la Corte d’appello di Caltanisetta ha rigettato l’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza del Tribunale di Enna che aveva riconosciuto ad A.S. il diritto all’assegno mensile di invalidità a decorrere dall’1/2/2004.

La Corte di merito ha osservato che nella fattispecie non trovava applicazione la causa di decadenza di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, convertito nella L. n. 326 del 2003, in quanto l’assistita aveva ricevuto comunicazione del provvedimento di rigetto della domanda amministrativa in data 4/8/2004, allorquando non era ancora in vigore la predetta norma. Inoltre, la stessa Corte ha ritenuto che sussistevano i requisiti di legge per il riconoscimento della provvidenza richiesta.

Per la cassazione della sentenza ricorre l’Inps con un solo motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Resiste con controricorso la A.. Rimane solo intimato il Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un solo motivo l’Inps denunzia la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 3, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326 e del .L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23, comma 2, convertito in L. 27 febbraio 2007, n. 47, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3.

L’Inps rileva che il D.L. n. 269 del 2003, art. 42, non prevede alcuna disciplina transitoria, ma si limita a comminare la decadenza qualora la domanda giudiziale sia stata proposta dopo sei mesi dalla comunicazione del rigetto dell’istanza. Pertanto, secondo la presente tesi difensiva, la norma in esame non contempla le ipotesi in cui la domanda amministrativa sia stata presentata prima del 31.12.1994 (data di abrogazione delle disposizioni in materia di ricorso amministrativo avverso i verbali di accertamento negativi), nè i casi in cui sia stato presentato ricorso amministrativo o che quest’ultimo si sia già concluso, per cui la domanda giudiziale che segue alla fase amministrativa deve ritenersi assoggettata alla decadenza semestrale. Da ciò discenderebbe, secondo l’ente previdenziale, che la norma di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42, ha introdotto un nuovo termine decadenziale che si applica anche ai rapporti non esauriti, per cui, calando tali principi nella fattispecie, avrebbe errato la Corte territoriale a ritenere insussistente l’eccepita decadenza, posto che era incontestato che la data della visita collegiale della A. risaliva al 4.8.2004, che quella del ricorso amministrativo era del 17.9.2004 e che quella di deposito del ricorso giudiziario era del 14.9.2005.

Il motivo è infondato.

Invero, come questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. Sez. Lav. n. 9647 del 13/6/2012), “in tema di azione giudiziale per le prestazioni d’invalidità civile, il D.L. n. 269 del 2003, art. 42, comma 3, conv. in L. n. 326 del 2003, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dal D.L. n. 355 del 2003, art. 23, comma 2, conv. in L. n. 47 del 2004, ha introdotto una decadenza prima inesistente, fissando il termine di sei mesi dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento emanato in sede amministrativa. Ne consegue che detto termine di decadenza si applica solo se il provvedimento amministrativo sia stato comunicato all’interessato dopo il 31 dicembre 2004, dovendosi ritenere, da un lato, che non rilevi l’art. 252 disp. att. c.c. – norma di principio, che tuttavia concerne il diverso fenomeno dell’abbreviazione del termine di decadenza già esistente – e dall’altro che la comunicazione, integrando il fatto che comporta la decorrenza della decadenza di nuova istituzione, non possa situarsi al di fuori dell’area temporale di operatività della norma che l’ha introdotta.”

Tale indirizzo ha poi trovato conferma nella sentenza n. 11484 del 3/6/2015 di questa stessa Corte, ove si è affermato che “in tema di azione giudiziale per le prestazioni d’invalidità civile, la decadenza introdotta dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 3, convertito con la L. 24 novembre 2003, n. 326, la cui efficacia è stata differita al 31 dicembre 2004 dal D.L. 24 dicembre 2003, n. 355, art. 23, comma 2, convertito con la L. 27 febbraio 2004, n. 47, si applica solo ai provvedimenti amministrativi comunicati a decorrere dal 1 gennaio 2005 e, pertanto, non nell’ipotesi in cui il ricorso amministrativo (avverso un provvedimento amministrativo di rigetto) sia stato proposto prima del 31 dicembre 2004, dovendosi in tal caso applicare la previgente disciplina di cui al D.P.R. 24 settembre 1994, n. 698”. Orbene, la stessa difesa dell’ente previdenziale dichiara che la data del verbale di visita medica collegiale era del (OMISSIS) e che il ricorso amministrativo fu presentato il 17.9.2004, per cui è pacifico che la A. ebbe comunicazione dell’esito negativo della domanda amministrativa prima del 1 dicembre 2005, data a partire dalla quale operava il nuovo termine decadenziale di sei mesi introdotto dalle citate disposizioni di legge. Pertanto, la decisione della Corte territoriale, che ha escluso che A.S. dovesse soggiacere a tale nuovo termine di decadenza per l’esercizio dell’azione giudiziale, è in linea coi precedenti di legittimità sopra richiamati e non merita le censure mosse col presente ricorso.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo, con loro attribuzione all’avv. Bonanno, dichiaratosi antistatario.

Non va, invece, adottata alcuna statuizione sulle spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze che è rimasto solo intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di Euro 2600,00, di cui Euro 2500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione all’avv. Bonanno. Nulla per le spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Così deciso in Roma, il 18 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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