Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23523 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/10/2020, (ud. 04/03/2020, dep. 27/10/2020), n.23523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27296-2018 proposto da:

C STEINWEG GMT SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA DEI SANTI APOSTOLI 66,

presso lo studio dell’avvocato ED ASSOCIATI STUDIO ZUNARELLI,

rappresentato e difeso dagli avvocati ALBERTO PASINO, MASSIMO

CAMPAILLA, giusta procura in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2018 della COMM. TRIB. REG. di TRIESTE,

depositata il 15/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/03/2020 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per il ricorrente l’Avvocato CELLAMARE per delega dell’Avvocato

CAMPAILLA che si riporta agli scritti.

 

Fatto

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE.

p. 1. La C. Steinweg – GMT srl propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 34 del 15 febbraio 2018, con la quale la commissione tributaria regionale del Friuli Venezia Giulia, a conferma della prima decisione, ha ritenuto inammissibile l’impugnazione da essa proposta contro l’avviso di accertamento ed attribuzione di rendita catastale notificato all’Autorità Portuale di Trieste in relazione ad un fabbricato appartenente al demanio marittimo e da essa destinato ad uso magazzino in forza di concessione demaniale. Avviso – trasmessole dall’autorità portuale di Trieste a mezzo di lettera raccomandata – con il quale l’amministrazione finanziaria aveva variato la categoria dell’immobile in questione da E1 (servizi per attività di trasporto marittimo) a D8 (fabbricati ad uso commerciale).

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato il difetto di legittimazione attiva della società, dal momento che quest’ultima non era stata destinataria dell’atto di accertamento (notificato soltanto all’autorità portuale di Trieste), e che non sussistevano i presupposti di legge per la sostituzione processuale di quest’ultima ex art. 81 c.p.c..

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso la C. Steinweg – GMT srl lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma1, n. 4 – violazione dell’art. 112 c.p.c.. Per non essersi la Commissione Tributaria Regionale pronunciata sull’eccezione per la quale il mancato riconoscimento, in capo al concessionario demaniale dell’area portuale (c.d. “terminalista”), della legittimazione attiva ad impugnare il classamento catastale determinava menomazione del diritto di difesa ex art. 24 Cost. e art. 6 CEDU.

Con il secondo motivo di ricorso si lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame” circa un fatto decisivo per il giudizio, appunto costituito dalla sussistenza della legittimazione attiva della società concessionaria.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., n. 3 violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 13 CEDU, 6 p.p. 1 e 2TFUE, 41 e 47 Carta Diritti Fondamentali UE; dal momento che il mancato riconoscimento della legittimazione attiva in capo al concessionario impediva a questi di esplicare ogni difesa in ordine ad un atto (classamento catastale) che costituiva il presupposto di un’imposizione tributaria in ordine alla quale esso era invece passivamente legittimato.

Con il quarto motivo di ricorso si lamenta analoga violazione, anche con riguardo al D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, sotto il profilo della lesione del diritto di difesa in ordine alla pacifica assoggettabilità del concessionario ad Ici.

p. 2.2 I quattro motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche poste – sono infondati.

La natura prettamente impugnatoria e decadenziale del contenzioso tributario (la cui disciplina è estesa, D.Lgs. n. 546 del 1992 ex artt. 19 e 2, a quello catastale) esclude che il relativo giudizio possa essere introdotto da soggetti diversi da quelli nei cui confronti l’atto impositivo si rivolge, ed ai quali è stato pertanto notificato.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, disciplina (comma 1 e 2) l’ipotesi del litisconsorzio necessario e della integrazione del contraddittorio nel caso in cui l’atto impositivo, impugnato da taluno soltanto dei destinatari, riguardi inscindibilmente più soggetti nei cui confronti la pronuncia debba essere necessariamente rivolta.

Il comma 3 della disposizione in esame estende la partecipazione al giudizio, oltre che ai soggetti i quali, assieme al ricorrente, siano anch’essi destinatari dell’atto impugnato, pure a coloro che (per quanto non destinatari dell’atto) risultino tuttavia ‘parti del rapporto tributario controversò.

Detta estensione opera però, appunto, mediante il conferimento ai soggetti non destinatari dell’atto non di una autonoma e generale legittimazione attiva ad impugnarlo (legitimatio ad causam), ma solo di un titolo di partecipazione limitato all’intervento dipendente in adesione alla domanda assunta dall’impugnante legittimato.

Si è in proposito affermato che (Cass. n. 9567/13): “nel processo tributario, il soggetto potenzialmente inciso dal tributo, perchè possibile destinatario di rivalsa per traslazione a suo carico dell’imposta cui altri sia tenuto e che trovi la propria determinazione nel corso del giudizio, può proporre intervento adesivo dipendente, limitandosi a chiedere l’accoglimento della domanda già proposta dal contribuente, senza ampliare in alcun modo il “thema decidendum” con autonomi motivi di ricorso”; e, inoltre, che (Cass. n. 32188/19): “Nel processo tributario, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, comma 3, possono intervenire volontariamente o essere chiamati in giudizio solo i soggetti che, insieme al ricorrente, siano destinatari dell’atto impugnato o siano parti nel rapporto controverso”.

Ha stabilito Cass. n. 255/12 che: “nel processo tributario, in base all’interpretazione costituzionalmente orientata del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 14, comma 3, è ammissibile l’intervento adesivo dipendente dei terzi che, pur non essendo destinatari dell’atto impositivo impugnato, potrebbero essere chiamati ad adempiere l’obbligazione tributaria, in quanto la legge li riconosce solidalmente responsabili perchè, pur non avendo realizzato un fatto indice di capacità contributiva, la loro posizione è collegata con il fatto imponibile o con il contribuente, sulla base di un rapporto a cui il fisco resta estraneo (con conseguente ritenuta ammissibilità dell’intervento, spiegato direttamente nel giudizio di appello, dell’acquirente del ramo d’azienda destinataria dell’avviso opposto, responsabile solidale, fatto salvo il beneficio di escussione del cedente, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472 ex art. 14, per il pagamento dell’imposta e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuta la cessione e nei due precedenti)”.

La pronuncia in esame, in particolare, ha recepito una interpretazione ampia del citato art. 14, così da consentire l’intervento anche da parte di soggetti che non siano destinatari dell’atto i quali, tuttavia, risultino, non titolari di utilità di mero fatto, bensì “portatori di un interesse giuridicamente rilevante e qualificato, determinato dalla sussistenza di un rapporto giuridico sostanziale fra adiuvante e adiuvato e dalla necessità di impedire che nella propria sfera giuridica possano ripercuotersi le conseguenze dannose derivanti dagli effetti riflessi o indiretti del giudicato”.

La su riportata interpretazione costituzionalmente orientata del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, deve dunque indurre ad ampliare le categorie sia del soggetto “destinatario dell’atto”, “fino a comprendere in esso non solo il destinatario stricto iure ma anche il destinatario potenziale e mediato”, sia della “titolarità del rapporto controverso”, “fino a comprendere in esso anche la titolarità di un rapporto dipendente o connesso rispetto a quello costituito dall’atto impugnato”.

E tuttavia questo indirizzo interpretativo pone esso stesso un limite alla propria portata estensiva, richiedendo – da un lato – che il soggetto non destinatario dell’atto impugnato possa essere successivamente chiamato ad adempiere all’obbligo tributario in luogo di altri, ad esempio a titolo di responsabilità solidale di imposta tra soci di società personale, oppure di responsabilità dipendente di imposta tra cedente e cessionario di azienda o ramo aziendale (D.Lgs. n. 472 del 1997 cit.); e – dall’altro – che la partecipazione al processo tributario avvenga appunto entro i ristretti limiti dell’intervento (neppure principale ma) adesivo dipendente, con conseguente preclusione alla formulazione di domande autonome ed all’ampliamento dell’oggetto del giudizio, così come già fissato dall’impugnante-destinatario dell’atto.

Orbene, queste considerazioni di carattere generale trovano ulteriore conferma nella specificità della materia catastale e dell’imposizione Ici/Imu ad essa correlata.

In questo ambito, l’avviso di accertamento catastale non ha natura impositiva ma puramente dichiarativa della categoria e della rendita attribuibili all’immobile. Il che esclude che dalla sua sola adozione e notificazione possa direttamente scaturire un obbligo tributario; a fortiori in capo ad un soggetto che non ne sia stato neppure destinatario, ed in un contesto nel quale divergono anche le sfere delle stesse potestà amministrative coinvolte, facenti capo allo Stato per il classamento, ed al Comune per il tributo.

L’obbligo tributario scaturisce invece, in capo al soggetto che risulti ex lege a tale titolo passivamente legittimato, a seguito e per effetto della notificazione di un atto diverso e propriamente impositivo, contenente tutti gli elementi costitutivi della pretesa tributaria.

Si è sul punto affermato (Cass. 807/18) che “in tema di ICI, l’Agenzia del territorio è tenuta a notificare l’atto di attribuzione o di modifica della rendita catastale al concessionario dell’area, ove risulti tra gli intestatari catastali del bene”; ciò in applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, secondo il quale gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati, emessi successivamente al 1 gennaio 2000 (come nella specie), “sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 21 e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui allo stesso D.Lgs., art. 2, comma 3. Dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati”.

Questa decisione (successivamente ribadita da Cass. n. 14025/19) ha subordinato la legittimità dell’avviso di accertamento Ici alla avvenuta notificazione dell’atto di classamento al concessionario dell’area demaniale marittima, in quanto intestatario catastale. Ciò perchè deve ritenersi sussistente in capo all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di notifica dell’attribuzione o modifica di rendita a chi, come nella fattispecie il concessionario dell’area demaniale marittima, sia soggetto passivo dell’imposta ICI e figuri tra gli intestatari catastali, in ossequio agli obblighi d’informazione gravanti sull’Amministrazione secondo il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 6.

Questa conclusione risulta riconosciuta dalla stessa amministrazione finanziaria (Circolare Agenzia Territorio n. 4 del 2007), secondo cui per gli immobili costruiti nelle aree di proprietà demaniale dal concessionario, l’obbligo della dichiarazione catastale è a carico del medesimo, sicchè a quest’ultimo soggetto è da inoltrare l’atto che accerti l’inadempienza dell’accatastamento medesimo.

Da qui l’esigenza che la risultanza catastale rappresenti fedelmente la situazione giuridica dell’immobile demaniale, anche nel risvolto soggettivo costituito dalla sua titolarità concessoria, posto che “in tanto è possibile ipotizzare in capo all’Amministrazione finanziaria l’obbligo di notifica dell’attribuzione o modifica di rendita a chi, come, nella fattispecie, il concessionario dell’area demaniale marittima, sia soggetto passivo dell’imposta ICI, tributo comunale, in ossequio agli obblighi d’informazione gravanti sull’Amministrazione secondo il disposto della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 1, quale richiamato dalla Circolare del Ministero delle Finanze 13 marzo 2001, n. 4, in quanto tra gli intestatari catastali figurino i concessionari (cfr. al riguardo nota prot. 27191 del 3 maggio 2011 della Direzione Centrale Catasto e Cartografia dell’Agenzia del Territorio)” (Cass. n. 7867/16).

Il complesso di questa disciplina esclude dunque che il disconoscimento in capo al concessionario demaniale della legittimazione attiva ad impugnare l’atto di classamento comporti la paventata menomazione del diritto di difesa, ex art. 24 Cost. e art. 6 Cedu, in ordine alla imposizione Ici che su tale classamento si basi (che è poi, esattamente, la fattispecie sostanziale sulla quale la società ricorrente ha fondato la tesi della propria asserita legittimazione attiva); dal momento che l’obbligo tributario in capo al concessionario titolare di partita, così come sancito dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 3, comma 2, scaturisce dalla previa notificazione ad esso dell’avviso di accertamento catastale, solo a quel punto autonomamente impugnabile D.Lgs. n. 546 del 1992 ex art. 19.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese di lite, stante il sopravvenire in corso di causa del su richiamato indirizzo interpretativo di legittimità, vengono compensate.

P.Q.M.

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– compensa le spese;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello spettante per il ricorso principale, ove dovuto.

Si dà atto che il presente provvedimento è sottoscritto dal solo presidente del collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 2020, art. 1, comma 1, lett. a).

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 4 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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