Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23521 del 20/09/2019

Cassazione civile sez. lav., 20/09/2019, (ud. 25/06/2019, dep. 20/09/2019), n.23521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10542-2015 proposto da:

B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE FORNACI

44, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO VERGANO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MASSIMO BENOIT

TORSEGNO;

– ricorrente –

contro

P.S., P.M.A., D.G.M.,

tutti in qualità di eredi di P.R. elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA BRITANNIA 54, presso lo studio

dell’avvocato ANDREA LIJOI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 441/2014 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 04/11/2014 R.G.N. 455/2014.

Fatto

RILEVATO

1. Che la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato B.R. al pagamento in favore di P.R. di somme a titolo di differenze retributive, per lavoro ordinario, straordinario festivo e notturno, 13Amensilità e tfr in ragione dell’accertata natura subordinata del rapporto inter partes nel periodo decorrente dal 1 gennaio 2003 al 30 novembre 2012;

1.1. che il giudice di appello, respinta la istanza di rimessione in termini avanzata dal B. in relazione alla mancata costituzione dello stesso nel giudizio di primo grado ed alla mancata presentazione a rendere l’interrogatorio formale, ha ritenuto inammissibili, in quanto tardive, le istanze istruttorie articolate dall’appellante intese alla dimostrazione della insussistenza della natura subordinata del dedotto rapporto;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso B.R. sulla base di cinque motivi; gli intimati, aventi causa dalla originaria ricorrente, hanno resistito con tempestivo controricorso; parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. Che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 43 c.c. e degli artt. 138,139 e 149 c.p.c.. Censura la sentenza impugnata per avere ritenuto valida ed efficace “per compiuta giacenza”, la notifica del ricorso di primo grado, effettuata a mezzo posta presso l’immobile di (OMISSIS), conferendo esclusivo rilievo alle risultanze anagrafiche relative al luogo di residenza del B. ed omettendo di verificare in concreto quale fosse, all’epoca, l’effettiva abitazione e dimora di fatto di esso B.. A tal fine rappresenta che, come esposto nella istanza di rimessione in termini, alla data in cui sarebbe avvenuta la notifica del ricorso di primo grado, egli non abitava più nell’immobile di (OMISSIS); tale immobile, infatti, in seguito all’incendio che nella notte del 22 novembre 2013 lo aveva colpito era stato sottoposto a sequestro e dichiarato inagibile con ordinanza sindacale del 28.11.2013; esso B., quindi, dapprima ricoverato in ospedale in conseguenza dell’incendio, una volta dimesso, era stato costretto a trasferirsi ad altro indirizzo di (OMISSIS), al quale, quindi, andavano effettuate le notifiche degli atti in oggetto;

2. che con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omesso esame ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per non avere la sentenza impugnata tenuto conto, al fine di valutare l’effettiva ricezione e /o la conoscenza da parte del B. dell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, delle deduzioni e produzioni svolte dall’attuale ricorrente in ordine alle proprie condizioni di salute ed ai ricoveri ospedalieri occorsi nonchè all’inagibilità dell’immobile di (OMISSIS) ed al trasferimento in (OMISSIS);

3. che con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nullità della sentenza e dell’intero procedimento a seguito della nullità della notifica del ricorso di primo grado; assume che la Corte d’appello avrebbe dovuto dichiarare la nullità del procedimento e della sentenza di primo grado non avendo esso esponente avuto notizia del procedimento;

4. che con il quarto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 354 c.p.c. in relazione all’art. 43 c.c. e degli artt. 138,139 e 149 c.p.c. per non avere l’impugnata sentenza disposto la remissione della causa al primo giudice a seguito della accertata nullità della notifica del ricorso introduttivo;

5. che con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 43 c.c. e degli artt. 138,139 e 149c.p.c. nonchè dell’art. 101c.p.c., dell’art. 111Cost. e dell’art. 6 CEDU per avere il giudice di appello respinto la istanza di rimessione in termini in base alla ritenuta correttezza della notifica del ricorso di primo grado, così impedendo al ricorrente di svolgere le proprie difese in violazione del principio del giusto processo e dell’effettività del contraddittorio;

6. che il primo motivo di ricorso è infondato;

6.1. che la sentenza impugnata ha ritenuto provata l’inagibilità dell’immobile coinvolto da incendio. Ha, quindi, osservato che, in sede di notifica, l’agente postale, dato atto dell’assenza del destinatario aveva immesso l’avviso nella cassetta depositando poi il plico presso l’ufficio postale. Ha ritenuto tali modalità di notifica significative in quanto non vi era alcuna segnalazione circa la esistenza di restrizioni di accesso all’immobile in particolare per quanto atteneva all’area in cui insisteva la cassetta postale giacchè nulla a riguardo risultava dalla relata apposta alla cartolina A.R.. Rilevato che, per come pacifico, il B. aveva spostato temporaneamente la sua dimora senza modificare con apposita dichiarazione agli uffici dell’anagrafe la modifica del luogo di residenza, ha ritenuto onere dello stesso onere in concreto non osservato – mantenersi informato circa la corrispondenza inviata al luogo di residenza; alcuna valenza risolutiva era da riconoscere la diffida sindacale ad utilizzare l’abitazione in quanto non comprensiva anche del divieto di recarsi presso l’immobile per ritirare la posta; a fronte delle specifiche contestazioni di controparte, l’appellante, del resto, non aveva ritenuto di controdedurre alcunchè, in particolare in ordine al fatto che all’epoca della notifica fosse giuridicamente lecito e materialmente possibile recarsi a ritirare la corrispondenza;

6.2. che le argomentazioni sopra riportate non si pongono in contrasto con i principi in tema di notifica degli atti processuali invocati dal ricorrente alla stregua dei quali, ai fini della determinazione del luogo di residenza o dimora del destinatario della notificazione, rileva esclusivamente il luogo ove questi dimora di fatto in modo abituale, rivestendo le risultanze anagrafiche mero valore presuntivo e potendo essere superate, in quanto tali, da una prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento, affidata all’apprezzamento del giudice di merito (Cass. 10170 del 2016);

6.3. che, infatti, la possibilità di superare la presunzione di residenza desumibile dalle risultanze anagrafiche non è prevista in relazione a qualsivoglia diverso luogo di dimora – anche temporanea – del destinatario, richiedendosi espressamente l’abitualità della stessa, concetto implicante un connotato di stabilità e durata, non allegato dall’odierno ricorrente in relazione al trasferimento presso l’abitazione di (OMISSIS);

6.4. che parte ricorrente non ha specificamente contrastato l’affermazione del giudice di appello secondo la quale il B. non aveva, in seconde cure, contestato la possibilità – materiale e giuridica – di accesso all’area dell’immobile nella quale si trovava la casella postale;

6.5. che, pertanto, non essendo la mancata costituzione nel giudizio di primo grado del B. (così come la mancata presentazione a rendere l’interrogatorio formale) stata determinata, alla luce dell’accertamento del giudice di seconde cure, da causa a questi non imputabile ai sensi dell’art. 294 c.p.c., correttamente è stata escluso la possibilità di rimessione in termini dello stesso (Cass. n. 10183 del 2014, Cass. n. 995 del 1972);

7. che il secondo motivo è inammissibile;

7.1. che, infatti, tale motivo non è articolato con modalità conformi all’attuale configurazione del vizio di motivazione ispirato all’esigenza di ridurre al minimo costituzionale il controllo sulla motivazione; alla luce del testo novellato dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 non possono, infatti, venire in rilievo la contraddittorietà o insufficienza di motivazione (concretamente denunziati dal ricorrente) ma solo l’omesso esame di un fatto storico di rilevanza decisiva oggetto di discussione tra le parti dedotto nei rigorosi termini chiariti dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Un. 8053 del 2014). Parte ricorrente sembra prospettare tale omissione con riferimento alla complessiva situazione personale del B. creatasi in seguito all’incendio che aveva colpito la sua casa di abitazione, alla conseguente necessità di ricovero ospedaliero ed alla complessiva situazione di salute ma tale situazione, in disparte ogni considerazione relativa alla decisività di tali circostanze, risulta comunque essere stata presa in considerazione considerata dal giudice di merito nella articolata argomentazione relativa alla notifica del ricorso introduttivo di talchè rispetto ad esse non appare neppure astrattamente prospettabile un omesso esame; in ogni caso, di tali circostanze non è illustrata la decisività al fine della configurazione della “causa non imputabile” richiesta dall’art. 294 c.p.c. per la rimessione in termini;

8. che l’esame del terzo e del quarto motivo è assorbito dal rigetto del primo motivo;

9. che il quinto motivo è da respingere sia per la genericità delle argomentazioni alla base della denunziata violazione delle norme costituzionali e comunitarie sia in quanto muovono dal presupposto della non imputabilità ad esso B. della mancata conoscenza del processo instaurato nei propri confronti, circostanza esclusa dalla ricostruzione fattuale del giudice di merito non incrinata dalle censure articolate da parte ricorrente;

10. che le questioni introdotte solo in sede di memoria ex art. 380 -bis.1. c.p.c., attinenti, in sintesi, alla completezza delle indicazioni apposte sull’avviso di ricevimento degli atti notificati, sono inammissibili in quanto, come chiarito da questa Corte, l’eventuale vizio del ricorso per cassazione non può essere sanato da integrazioni, aggiunte o chiarimenti contenuti nella memoria di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 2, la cui funzione – al pari della memoria prevista dall’art. 378 c.p.c., sussistendo identità di “ratio” è di illustrare e chiarire le ragioni giustificatrici dei motivi debitamente enunciati nel ricorso e non già di integrarli (Cass. n. 30760 del 2018, Cass. 17603 del 2011);

11. che a tanto consegue il rigetto del ricorso;

12. che le spese sono regolate secondo soccombenza;

13. che sussistono i presupposti per l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 25 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 settembre 2019

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