Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2352 del 03/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/02/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 03/02/2021), n.2352

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18163-2018 proposto da:

C.M.C., elettivamente domiciliata presso la

cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA,

rappresentata e difesa dall’Avvocato PAOLO CENTOLA;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7653/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, SEZ. DISTACCATA di LATINA, depositata il

18/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/12/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA

LA TORRE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Maria Cristina Cerasoli ricorre per la cassazione della sentenza della CTR Lazio, che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate, in relazione ad avviso per l’anno di imposta 2008, col quale era stato accertato un maggior reddito sulla scorta di una ricostruzione di tipo induttivo, D.P.R. n.. 602 del 1973, ex art. 38, commi 4, 5 e 6, derivante dalla disponibilità di beni indice di maggiore capacità contributiva, tali da evidenziare un’incoerenza con il reddito dichiarato.

La CTP aveva accolto il ricorso della contribuente, sul rilievo dell’inesistenza in atti della delega del potere di firma del funzionario che aveva sottoscritto l’atto impositivo, ritenendo tardiva la costituzione dell’Ufficio e non ammettendo conseguentemente il deposito della delega di firma.

La CTR ha riformato la decisione di primo grado, anche nella parte in cui la CTP aveva ritenuto termine essenziale e non meramente ordinatorio quello di costituzione in giudizio del resistente e tardiva la produzione da parte dell’ufficio della delega del funzionario firmatario.

L’Agenzia delle entrate si costituisce con controricorso.

La ricorrente deposita memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con l’unico motivo si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4, 5, 6 e 7, art. 2697 c.c., artt. 115 e 116 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, e dei principi giurisprudenziali (di cui a Cass. n. 23554 del 20 dicembre 2012 e n. 5675 del 12 marzo 2014, nonchè n. 7339 del 10 aprile 2015). Si deduce la nullità della sentenza, che omette di prendere in esame la giustificazione della incongruenza fra tenore di vita e reddito determinato induttivamente, in relazione alla disponibilità di ingente liquidità idonea a giustificarla.

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. La CTR ha dichiarato l’infondatezza dei motivi dell’originario ricorso, tutti relativi a questioni diverse da quelle prospettate con l’indicato motivo (legittimità dell’accertamento in presenza di delega di firma tempestivamente prodotta dall’Ufficio; non obbligatorietà del contraddittorio endoprocedimentale; tutele di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, non applicabili agli accertamenti c.d. a tavolino; regolare notifica dell’atto impositivo).

Il motivo pertanto non coglie la ratio decidendi della sentenza, cui è del tutto estraneo il merito dell’accertamento.

2.2. La ricorrente, formulando come unico motivo di ricorso (ex art. 360, nn. 3 e 4), quello secondo cui il giudice di appello avrebbe omesso di prendere in esame e di valutare l’inesistenza della rilevata incongruenza tra tenore di vita e reddito determinato induttivamente, ha dedotto una circostanza di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata, che pur riportando nella parte in fatto i presupposti dell’atto impugnato, ha fondato la decisione di accoglimento dell’appello dell’Ufficio sulla questione preliminare della legittimità dell’accertamento, in quanto firmato da soggetto legittimato in base a regolare delega di firma, prodotta tempestivamente.

Va sul punto ribadito il principio consolidato secondo cui, ove una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità, ha l’onere, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente vi abbia provveduto, onde dare modo alla Corte di Cassazione di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (Cass. 2038/2019; Cass. 15430/2018).

2.3. Per di più, i requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza (Cass. 29093/2018).

2.4. Il motivo è inammissibile anche sotto altro profilo, in quanto, deducendosi, apparentemente, una violazione di norme di legge si mira, in realtà, alla rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. n. 8758/2017).

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 3.500,00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2021

 

 

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