Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23516 del 09/10/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 09/10/2017, (ud. 20/06/2017, dep.09/10/2017),  n. 23516

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13724/2012 proposto da:

F.F., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE DELLE MILIZIE 38, presso lo studio dell’avvocato MASSIMILIANO

SBERNINI, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCO GREGU, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134 presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 763/2011 della CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI, depositata il 28/12/2011 R.G.N.

271/10;

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato:

1. che la Corte di appello di Cagliari, in riforma della decisione di primo grado, ha respinto la domanda di F.F. intesa all’accertamento della nullità del termine apposto, ai sensi dell’art. 8 c.c.n.l. 26.11.1994, “per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie”,. al contratto stipulato con Poste Italiane s.p.a., per il periodo dal 5.7. al 30.9.2000;

1.1. che, in particolare, il giudice di appello, esclusa la risoluzione tacita del rapporto, dichiarato di non concordare con la decisione di prime cure secondo la quale l’art. 8 c.c.n.l. 1994 si inserisce nel sistema delineato dalla L. n. 230 del 1962, conseguendone la necessità di indicazione del nome del lavoratore sostituito, ha ritenuto, sulla base degli esiti della prova orale e sulla base della documentazione in atti (modello 70P), che la società Poste, sulla quale ricadeva il relativo onere, aveva dimostrato la effettività delle esigenze sostitutive, giustificatrici dell’apposizione del termine, finalizzate a consentire la fruizione delle ferie al personale a tempo indeterminato;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso F.F. sulla base di due motivi, ciascuno articolato in più profili;

3. che la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;

Considerato:

1. che con il primo motivo parte ricorrente ha dedotto nullità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2697,1419 e 2077 c.c., della L. n. 230 del 1962, della L.n. 56 del 1987, dell’art. 8 contratto di lavoro inter partes nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione ad un fatto decisivo della controversia. Ha censurato la decisione per avere il giudice di appello dichiarato di non concordare con l’assunto della sentenza di prime cure secondo la quale l’art. 8 c.c.n.l. 1994 si inserisce nel sistema della legge n. 230 del 1962, per cui, in assenza dell’indicazione del nominativo del lavoratore sostituito, l’apposizione del termine sarebbe illegittima;

2. che con il secondo motivo ha dedotto nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione degli artt. 2967,2722,2723, e 2725 c.c., nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione. Ha censurato la decisione per avere posto a fondamento del decisum gli esiti della prova orale laddove questa doveva ritenersi inammissibile alla stregua dell’art. 2725 c.c., a mente del quale “quando secondo la legge o la volontà delle parti, un contratto deve essere provato per iscritto, la prova per testimoni è ammessa soltanto nel caso indicato dal numero 3 dell’articolo precedente. La stessa regola si applica nei casi in cui la forma scritta è richiesta sotto pena di nullità”. Ha sostenuto la necessità dell’atto scritto con riferimento alle cause giustificanti l’apposizione del termine e la conseguente necessità dell’indicazione per iscritto del lavoratore sostituito e della causa della sostituzione e osservato che il modello 70P, ritenuto dal giudice di appello confermativo di quanto riferito dalla teste S., non era mai stato prodotto da alcuna delle parti in causa e quindi mai visionato dalla Corte;

3. che il primo motivo di ricorso è infondato alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis: Cass. ord. n. 362 del 2015, n. 206 del 2015; sent 13/11/2015 n. 23268, Cass. S.U. 2.3.2006 n. 4588), secondo la quale l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla L. n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali idonea garanzia per i lavoratori (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori risultandone, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti collettivi;

4. che è altresì infondato il secondo motivo avendo questa Corte chiarito che in tema di contratto a termine dei dipendenti postali, l’assunzione per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre” costituisce un’ipotesi di assunzione a termine prevista dall’art. 8 del c.c.n.l. del 26 novembre 1994 – in esecuzione della “delega in bianco”, a favore dei sindacati, di cui alla L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, – per la quale non è necessario nè indicare nominativamente i lavoratori sostituiti nè allegare e provare che altri lavoratori siano stati in concreto collocati in ferie (Cass. ord. n. 6097 del 2014, Cass. n. 4933 del 2007, Cass. n. 21092 del 2008);

5. che a tanto consegue il rigetto del ricorso;

6. che le spese del giudizio di legittimità sono regolate secondo soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 9 ottobre 2017

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