Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23515 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. II, 18/11/2016, (ud. 08/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.G., rappresentato e difeso, in forza di procura speciale

a margine del ricorso, dagli Avv. Cesare Glendi e Luigi Manzi, con

domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via Federico

Confalonieri, n. 5;

– ricorrente –

contro

G.M., C.G. e L.G., rappresentati

e difesi, in forza di procura speciale a margine del controricorso,

dagli Avv. Gallingani Francesco e Alberto Michele Palunibo, con

domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via Federico

Cesi, n. 30;

– controricorrenti –

e contro

D.M., in proprio e quale erede di G.C.;

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova n. 573/11

pubblicata in data 6 giugno 2011;

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’8

settembre 2016 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

uditi gli Avv. Di Mattia Salvatore, per delega dell’Avv. Luigi Manzi,

e Alberto Michele Palumbo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per

l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con ricorso ex art. 1168 c.c., depositato il 10 settembre 1998, G.C. e D.M. chiedevano di essere reintegrate nel possesso del passaggio carrabile, esercitato attraverso un tratto di strada che collega la pubblica via con la loro proprietà, sita in (OMISSIS), lamentando l’avvenuta installazione, da parte del convenuto G.G., di una catena con lucchetto all’imbocco della detta strada privata, in corrispondenza della strada pubblica, che impediva l’accesso e il transito in precedenza esercitato per raggiungere la propria abitazione.

Con separato ricorso ex art. 1168 c.c. in data 6 giugno 1999, G.M., L.G. e C.G., anch’essi abitanti in (OMISSIS), chiedevano di essere reintegrati nel possesso del passaggio carrabile attraverso tale strada privata, in relazione allo stesso impedimento all’accesso alla strada che si asseriva posto in essere da G.G.. Il convenuto si costituiva, chiedendo il rigetto delle domande. Eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva e quello di legittimazione attiva dei ricorrenti e la decadenza dell’azione per decorso del termine annuale. Opponeva l’insussistenza di una situazione possessoria in capo ai ricorrenti sulla base della tolleranza allo sporadico passaggio, da parte degli stessi, sulla strada per cui è causa. In esito alla fase interdittale i ricorrenti venivano reintegrati nel possesso del passaggio carrabile lungo la strada in questione. Le ordinanze di reintegra nel possesso in data 23 marzo 1999 e 14 agosto 1999 venivano confermate, in esito al successivo giudizio di merito, con sentenza 30 marzo 2004 del Tribunale di Genova.

2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 6 giugno 2011, la Corte d’appello di Genova ha respinto il gravame di G.G., confermando integralmente l’impugnata pronuncia. La Corte d’appello ha rilevato che dalla compiuta istruttoria risulta che tutti gli appellati sono transitati sulla strada in questione per recarsi presso le abitazioni di G.M. e di G.C., site in fondo a detta strada, sicchè “può ritenersi che essi esercitassero su tale strada un potere di fatto manifestantesi in un’attività corrispondente al diritto di servitù di transito sulla stessa”, con conseguente loro legittimazione a promuovere il giudizio di reintegrazione.

Dalle risultanze di causa emerge altresì – ha affermato la Corte territoriale che G.G., trasferitosi nell’agosto 1998 in via (OMISSIS), asfaltò la strada e pose una catena chiusa con un nuovo lucchetto. E poichè, come osservato dal Tribunale, il predetto è l’unico soggetto titolare di un interesse concreto a proibire il passaggio degli appellati sulla strada, egli ben può essere considerato autore morale dello spoglio, e quindi legittimato passivo all’azione di reintegrazione. In ordine alla eccepita decadenza, la Corte di Genova ha ritenuto il ricorso tempestivo, sul rilievo che dalla compiuta istruttoria è emerso che prima dell’agosto 1998 vi era, all’imboccatura della strada, un paletto con una catena che solitamente veniva lasciata aperta, avvolta intorno al paletto, sicchè, fino ad allora, gli appellati erano transitati liberamente sulla strada, mentre, da tale data, la strada era rimasta chiusa da una nuova catena con un nuovo lucchetto. La Corte d’appello ha altresì escluso che in atti vi sia prova dell’addotta tolleranza, affermando che alla configurabilità di tale ipotesi osta la frequenza, regolarità e normalità del precedente passaggio degli appellati sulla strada in questione.

3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello G.G. ha proposto ricorso, con atto notificato il 26 luglio 2012, sulla base di tre motivi.

Hanno resistito, con controricorso, G.M., C.G. e L.G.. Non ha svolto attività difensiva in questa sede D.M., intimata sia in proprio sia quale erede di G.C.. In prossimità dell’udienza hanno depositato memorie il ricorrente G.G. e i controricorrenti G.M., C.G. e L.G..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo (violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 324 c.p.c. e artt. 2909 e 1168 c.c.) il ricorrente premette: che accanto alla lite possessoria, oggetto del presente giudizio, instaurata da G.C. e D.M. e da G.M., L.G. e C.G. contro G.G., vi è stata, ed è tuttora pendente (davanti alla Corte di cassazione), la lite petitoria (negatoria servitutis sulla strada di cui è causa) promossa da Gi.Ge. originariamente nei confronti di D.M., G.M., B.L., B.G., G.M. e C.G. ed ora rimasta circoscritta tra i soli Gi.Ge., G.M. e C.G.; che nell’ambito della lite petitoria il Tribunale di Genova (sentenza 5 aprile 2005) ha accertato l’inesistenza di qualsiasi servitù di passaggio sul fondo di Gi.Ge. a favore di G.M., D.M. e C.G.; che D.M. rinunciava all’appello e la Corte di Genova, con sentenza parziale n. 655 del 2007, dichiarava l’estinzione del giudizio di appello limitatamente al rapporto tra Gi.Ge. e D.M.; che nel prosieguo del giudizio d’appello sulla negatoria servitutis veniva pronunciata sentenza definitiva n. 1312 del 2009, con la quale veniva soltanto parzialmente accolto l’appello di G.M., disconoscendosi invece l’esistenza di qualsiasi diritto di servitù di passaggio a favore di C.G. sul terreno e sulla strada di cui trattasi; che mentre Gi.Ge. avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione per la parte relativa alla costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia a favore della sola G.M., C.G. non ha proposto alcun ricorso per cassazione, per cui la sentenza è passata in giudicato. Dopo avere precisato che tutto ciò è stato oggetto di espressa eccezione nell’ambito del presente giudizio possessorio, il ricorrente si duole che la Corte di Genova abbia omesso qualsiasi pronuncia in proposito, contravvenendo in tal modo al dovere decisorio che su di essa incombeva. Ad avviso del ricorrente, inoltre, i giudicati formatisi a carico di D.M. e di C.G. hanno accertato che costoro non hanno alcun diritto di passaggio sulla stessa strada oggetto tanto della causa petitoria quanto della causa possessoria. Essendosi ormai definitivamente accertato che essi non hanno alcun diritto di passaggio, ne deriva che costoro non sono neppure titolari di un diritto possessorio corrispondente al negato diritto di servitù sul terreno di cui trattasi, venendo necessariamente a difettare ogni loro legittimazione all’esercizio dell’azione possessoria.

1.1. – Il motivo è infondato. L’autorità del giudicato sostanziale opera soltanto entro i rigorosi limiti degli elementi costitutivi dell’azione e presuppone che tra la precedente causa e quella in atto vi sia, tra l’altro, identità di soggetti (Cass., Sez. 2, 27 agosto 2002, n. 12564; Cass., Sez. Lav., 10 giugno 2005, n. 12271). Tale identità soggettiva difetta nella specie: la negatoria servitutis è stata promossa dal proprietario del fondo preteso servente, Gi.Ge., il quale non è parte della presente causa possessoria, essendo questa stata instaurata nei confronti di altro soggetto, G.G., a nulla valendo che questi, nel costituirsi in giudizio, abbia eccepito il difetto della propria legittimazione passiva, in quanto non proprietario della strada di cui è causa e non autore dello spoglio. Essendo infondata l’eccezione di giudicato esterno qui riproposta, è da escludere che rilevi la mancata pronuncia della Corte d’appello sulla identica eccezione sollevata in quella sede dall’appellante.

2. – Con il secondo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c. e art. 2697 c.c., comma 1 in punto di legittimazione attiva, dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost., comma 2, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il ricorrente ricorda che soltanto il possessore è attivamente legittimato all’azione di spoglio e che l’onere della prova di questa situazione spetta a chi agisce in giudizio. La sentenza impugnata non si sarebbe attenuta a questo principio, avendo indicato quale dato probatorio decisivo emergente dalla compiuta istruttoria unicamente quello che tutti gli appellati sono transitati sulla strada in questione per recarsi presso le abitazioni di G.M. e di G.C., site in fondo a detta strada, laddove gli artt. 1168 e 2697 c.c. impongono che venga provato da parte di chi propone l’azione di reintegra, non un mero transito, bensì una situazione di possesso consistente in un potere di fatto corrispondente all’esercizio di un diritto di passaggio, il che non sarebbe certamente dato dal solo fatto provato del transito sulla strada. In ogni caso, ad avviso del ricorrente sussisterebbe il vizio di motivazione, sotto un duplice profilo. In primo luogo la sentenza mostrerebbe soltanto una motivazione apparente o apodittica, priva dell’esplicitazione di un iter logico-giuridico in grado di giustificare il passaggio dalle premesse alla conclusione. In via gradata, il ricorrente lamenta omessa o insufficiente motivazione, rilevando che la sentenza avrebbe trascurato ogni richiamo alle risultanze istruttorie, da cui emergerebbe che Gi.Ge. aveva, oltre alla proprietà, il pieno ed esclusivo possesso della strada, lui solo permettendo, di volta in volta, a qualcuno dei ricorrenti, che glielo richiedeva, di passare per la strada stessa. Inoltre, la Corte d’appello avrebbe confermato la sentenza di primo grado anche riguardo a D.M., benchè lo stesso difensore della D., in comparsa conclusionale, avesse dato espressamente atto che la stessa aveva, nelle more del giudizio, alienato il bene a terzi e rinunciato alla domanda, non avendo più interesse alla causa.

2.1. – Il motivo è fondato, nei termini e nei limiti di seguito precisati. Quanto alla posizione di D.M., non è di ostacolo alla configurabilità della legittimazione ad agire in possessorio il fatto che ella fosse soltanto nuda proprietaria del fondo dominante e che l’usufrutto appartenesse alla madre G.C.. Infatti, secondo la giurisprudenza della Corte (Sez. 2, 15 marzo 1980, n. 1735; Sez. 2, 20 marzo 2012, n. 4448), la tutela possessoria compete anche a chi eserciti il possesso, corrispondente alla nuda proprietà, non direttamente ma mediante altra persona, ancorchè questa, quale usufruttuaria, possegga il medesimo bene anche nell’interesse proprio. Il motivo coglie invece nel segno là dove lamenta che la Corte d’appello non abbia valutato la dichiarazione, fatta dal difensore della Delfino in sede di comparsa conclusionale in appello e ribadita nelle note di replica, di un sopravvenuto difetto di interesse della propria assistita alla causa possessoria, avendo ella alienato il fondo dominante dopo il decesso della di lei madre. In ordine, poi, alla domanda avanzata da L.G. e da C.G., la Corte di Genova, al fine di riconoscere in loro favore la tutela possessoria del possesso ad immagine di servitù di passaggio, ha considerato che gli stessi, figlia e genero di G.M., sono transitati sulla strada in questione per recarsi presso l’abitazione di G.M.. Ora, è bensì esatto che, per la tutela possessoria della servitù di passaggio, è sufficiente la prova dell’effettuazione del transito sul bene altrui (Sez. 2, 23 gennaio 2012, n. 879): ma purchè il passaggio sul fondo servente si ponga in relazione alla qualità di proprietario o di possessore del fondo dominante, ossia venga effettuato dal proprietario o possessore di un fondo ed a beneficio di questo (Sez. H, 26 agosto 1986, n. 5206; Sez. 2, 30 aprile 1988, n. 3285). Sotto questo profilo la sentenza della Corte di Genova evidenzia un’insufficienza di motivazione, non indicando quali elementi di prova siano stati presi in esame per ritenere dimostrato l’esercizio, da parte di costoro, di un potere sulla casa di abitazione di G.M. sita in fondo alla strada (fondo dominante), manifestatosi in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Sugli altri aspetti oggetto del motivo di ricorso (prova della legittimazione attiva degli altri ricorrenti; esclusione che il transito sia stato esercitato in via di mera tolleranza per mera concessione di G.G.), la sentenza impugnata resiste alle censure che sono state articolate. Il giudice di appello, con motivazione del tutto adeguata ed immune da vizi logici, ha rilevato che la prova dell’esercizio di questa servitù (transito per recarsi alle abitazioni di G.M. e di G.C.) è rimasta accertata per effetto delle plurime e convergenti risultanze della compiuta istruttoria. E va qui ribadito che il vizio di omessa od insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, nel testo ratione temporis applicabile, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

3. – Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1168 c.c. e art. 2697 c.c., comma 1, in punto di legittimazione passiva, dell’art. 132 c.p.c., n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 111 Cost., comma 2, nonchè omessa o insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ad avviso del ricorrente, la sola adesione di carattere morale all’azione dello spogliatore non sarebbe sufficiente ai fini della legittimazione passiva. Inoltre, la Corte territoriale avrebbe apoditticamente affermato che sarebbe stata fornita la prova del fatto posto a fondamento del decidere, omettendo di evidenziare il contenuto della risultanze probatorie alle quali le parti si sono richiamate e senza spiegare le ragioni della loro decisività. La Corte territoriale si sarebbe limitata ad affermazioni totalmente avulse dalle risultanze in atti, da cui emerge che l’asfaltatura della strada e la chiusura della stessa fu fatta solo ed esclusivamente da Gi.Ge., l’unico soggetto titolare di un interesse concreto a proibire il passaggio sulla strada. Il giudice del merito non avrebbe in alcun modo rispettato l’obbligo su di esso gravante di rendere ragione del percorso logico seguito per addivenire alla decisione adottata.

3.1. – Il motivo è infondato.

La legittimazione passiva nell’azione di reintegrazione compete tanto agli autori morali dello spoglio, quanto agli autori materiali che abbiano agito per conto e nell’interesse dei primi nella consapevolezza dell’illiceità del fatto. E’ autore morale anche il soggetto che si giovi dell’atto lesivo del possesso. A tali principi, costanti nella giurisprudenza della Corte (Sez. 2, 26 aprile 1994, n. 3941; Sez. 2, 11 settembre 2000, n. 11916; Sez. 6-2, 5 aprile 2011, n. 7748), si è attenuta la sentenza impugnata, la quale con motivazione stringente e basata sulle risultanze della compiuta istruttoria – ha rilevato che fu proprio G.G., trasferitosi nell’agosto 1998 in via (OMISSIS), ad asfaltare la strada e a porre una catena chiusa con un nuovo lucchetto, pervenendo alla conclusione, logica e priva di mende giuridiche, che il predetto è l’unico soggetto titolare di un interesse concreto a proibire il passaggio di G.M. e degli altri litisconsorti sulla strada.

La sentenza impugnata si sottrae, pertanto, alle censure veicolate con il motivo di ricorso, il quale si risolve nella prospettazione di un dissenso di merito rispetto agli apprezzamenti di fatto compiuti dalla Corte d’appello e nel tentativo di sollecitare una nuova valutazione delle risultanze probatorie.

4. – Il primo ed il terzo motivo sono rigettati.

Il secondo motivo è accolto in parte. La sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta. La causa deve essere rinviata ad altra sezione della Corte d’appello di Genova. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo ed il terzo motivo di ricorso ed accoglie nei termini e nei limiti di cui in motivazione il secondo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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