Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2351 del 03/02/2020

Cassazione civile sez. I, 03/02/2020, (ud. 02/10/2019, dep. 03/02/2020), n.2351

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23761/2018 proposto da:

O.U., elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico,

38, presso lo studio dell’avvocato Marco Lanzilao che lo rappresenta

e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica,

elettivamente domiciliato in Roma Via Dei Portoghesi, 12 presso

l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende ex

lege;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 382/2018 del TRIBUNALE di PERUGIA, depositato

il 28/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

02/10/2019 dal Cons. Dott. Laura Scalia.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. O.U. Samba ricorre in cassazione con quattro motivi avverso il decreto in epigrafe indicato con il quale il Tribunale di Perugia, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, rigettava l’impugnazione dal primo proposta avverso il provvedimento emesso dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Firenze che, non ritenendo la credibilità del racconto reso, gli aveva negato il riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria ed umanitaria nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

2. Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso deducendo l’inammissibilità del proposto mezzo.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge sostanziale e omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti integrato dalla condizione di pericolosità e la situazione di violenza generalizzata esistenti in Nigeria e l’omessa menzione e valutazione di fonte informativa.

In ordine alla protezione sussidiaria il Tribunale aveva respinto la domanda in ragione della non credibilità e della mancanza di riscontro delle circostanze narrate e ritenendo che le situazioni rappresentate sulla zona di appartenenza non fossero riconducibili a nessuna ipotesi di protezione internazionale. La Nigeria, paese di provenienza, era invece, come ritenuto dai giudici di merito nazionali e dalla stessa Corte di cassazione, un paese instabile, estremamente pericoloso, che non garantisce legalità e che si trova in condizioni di violenza generalizzata per la presenza di gruppi terroristici; il richiedente ove avesse fatto rientro nel proprio paese si sarebbe trovato esposto a gravi rischi per l’incolumità ed il Tribunale ritenendo il contrario non avrebbe preso in considerazione siffatta situazione ed avrebbe omesso di citare al riguardo alcuna fonte.

Il motivo è generico e non si confronta con la ratio decidendi dell’impugnato decreto.

Il Tribunale ha, in modo articolato, argomentato sulla non credibilità del racconto reso dal richiedente per gli indicatori di genuinità, scrutinandone i contenuti nel rispetto delle previsioni del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, segnalando la mancata individuazione della “società segreta” o del “culto” alla quale il richiedente avrebbe dovuto affiliarsi e l’incongruenza del racconto di chi lamenta l’imposta affiliazione non riuscendo poi a riferire, neppure, il nome e lo scopo dell’associazione.

Su siffatta premessa in ordine alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il Tribunale ha poi escluso che la zona della Nigeria, l’Edo State, di provenienza del ricorrente fosse interessata da attacchi terroristici, segnalando come le fonti portate dal medesimo richiedente, puntualmente segnalate, evidenziassero, invece, l’operatività del gruppo terroristico di (OMISSIS) nella diversa zona nord-orientale.

Rispetto a tale percorso motivatorio, il ricorso con il dedurre una condizione di violenza generalizzata della Nigeria non riesce a portare conducente critica non evidenziando quali fonti sosterrebbero una siffatta evidenza.

La contestazione inoltre sul giudizio di inattendibilità del racconto reso dinanzi alla competente Commissione territoriale soffre di una pluralità di ragioni di inammissibilità trattandosi invero di una violazione di legge manifestamente infondata e neppure definita in ricorso ed in ogni caso incapace di utile critica nella frattura che, nella prevalente giurisprudenza di questa Corte di legittimità, si lega al rapporto tra racconto reso dal richiedente protezione internazionale ed accordabilità della protezione sussidiaria per l’ipotesi del cd. rischio paese integrata dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), (Cass. 24/05/2019 n. 14283; Cass. 13/05/2018, n. 13858; Cass. 23/10/2017, n. 25083), per un indirizzo che comunque alleggerendo l’onere probatorio e la posizione in genere del richiedente – incombendo sull’autorità giudicante l’accertamento delle obiettive condizioni del paese di provenienza secondo fonti attuali ed aggiornate – non trova neppure ragione per essere utilmente dedotto.

2. Con il secondo mezzo il ricorrente denuncia violazione di legge sostanziale per l’omesso o errato esame delle dichiarazioni rese dal richiedente alla competente Commissione territoriale e delle allegazioni dal primo portate per la valutazione della sua personale condizione.

Il Tribunale avrebbe omesso di valutare l’esistenza nel paese di origine di un sistema generalizzato di violenza (Corte giustizia Egafagji) e l’incapacità dello stesso di fornire protezione al richiedete. La storia del ricorrente avrebbe comunque legittimato la concessione della protezione sussidiaria o umanitaria. I giudici di merito non avrebbero poi apprezzato l’integrazione dell’istante in Italia.

Il motivo si presta da una valutazione di certa inammissibilità.

Ferme le ragioni indicate in punto di errato o omesso esame della condizione oggettiva del cd. rischio paese per l’esistenza di un grado di violenza generalizzata che caratterizza un conflitto in corso e che determinerebbe un rischio concreto per la vita del richiedente strumentale al riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), il Tribunale ha svolto il richiesto accertamento escludendo l’indicata obiettiva situazione per richiamo a fonti dedotte dal medesimo ricorrente, nel motivo si assiste poi ad un affastellamento di posizioni deducendo il richiedente il rilievo di una storia personale, che in nessun modo definita nei suoi contenuti, viene invocata ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, sub specie di quella sussidiaria indistintamente richiamata per l’ipotesi del rischio generalizzato e della incapacità degli apparati dello Stato di provenienza (D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) e c)) di fornire protezione al richiedente, ed umanitaria.

La genericità della censura non è neppure capace di richiamare i passaggi della storia individuale rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione nelle forme invocate, destinate, loro stesse, a rimanere non definite nei loro elementi di struttura, il tutto, poi, per una censura che dimentica di attaccare la motivazione impugnata sortisce l’effetto di proporre direttamente dinanzi a questa Corte di legittimità un diretto ed inammissibile sindacato sul fatto.

Il richiamo poi al vizio di violazione di legge che consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa resta superato ed assorbito, nella fattispecie in esame, in quella che è un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che, esterna all’esatta interpretazione della norma, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, solo sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. 11/01/2016 n. 195; Cass. 13/10/2017 n. 24155).

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione di legge sostanziale quanto alla mancata concessione della protezione sussidiaria cui il ricorrente avrebbe avuto diritto per legge in ragione delle attuali condizioni socio-politiche del paese di origine; l’omesso esame di fonti informative e l’omessa applicazione dell’art. 10 Cost..

Il motivo è inammissibile perchè, generico, esso si risolve in un assertivo richiamo alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità in materia di protezione internazionale ed a fonti internazionali sulle condizioni della Nigeria in cui resta non definito l’estremo della “violenza generalizzata in una situazione di conflitto armato” e si realizza, anche, una sovrapposta indicazione delle condizioni di altra zona della Nigeria quale è il Delta del Niger, il tutto per una dedotta “complessità” delle criticità del Paese che si vorrebbero presupposto per il riconoscimento della protezione sussidiaria.

4. Con il quarto motivo si fa valere la violazione di legge sostanziale in cui sarebbe incorso il Tribunale per omessa ed errata applicazione della protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 286 cit., art. 19, sul principio di non respingimento.

La critica è ragione per cumulare contestazioni al mancato riconoscimento delle protezioni internazionali ed umanitarie per un argomentare ancora una volta ampio e generico che richiama i principi fissati da questa Corte di legittimità nella individuazione del portato delle relative norme di disciplina, ma che nulla riporta sulla situazione del richiedente.

Il Tribunale ha escluso la condizione di particolare vulnerabilità del richiedente e siffatto accertamento non viene scalfito dalla portata critica che per i contenuti di un “non motivo” (Cass. 24/09/2018 n. 22478) reitera la richiesta senza confrontarsi con la motivazione impugnata rispetto a cui deduce, infondatamente, una omessa valutazione.

5. Il ricorso è, in via conclusiva, inammissibile ed il ricorrente, soccombente, va condannato a rifondere all’amministrazione resistente le spese di lite che si liquidano in Euro 2.100,00 oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso e s.p.a.d..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’amministrazione resistente le spese di lite che liquidano in Euro 2.100,00 oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso e s.p.a.d..

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 2 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 febbraio 2020

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