Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23509 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/11/2011, (ud. 26/10/2011, dep. 10/11/2011), n.23509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Presidente –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria G.C. – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23303-2009 proposto da:

G.C. (OMISSIS), B.S.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CASETTA

MATTEI 239, presso lo studio dell’avvocato SERGIO TROPEA,

rappresentati e difesi dall’avvocato TARANTO VINCENZO giusta procura

a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/18/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di PALERMO, SEZIONE DISTACCATA di CATANIA del 15/05/08,

depositata il 25/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/10/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato Taranto Vincenzo difensore dei ricorrenti che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO che nulla

osserva.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

” G.C. ha impugnato un avviso di accertamento Irpef – Ilor – SSN per l’anno 1996 deducendo:

1) l’illegittimità dell’utilizzo dell’accertamento induttivo, in presenza di contabilità regolarmente tenuta;

2) diversi profili di erroneità dei dati posti a base del calcolo del reddito evaso effettuato dall’Ufficio; uno di tali profili, in particolare, concerneva l’eccessività della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio sul costo dei beni venduti (35%, a fronte dell’effettivo 27%) ai fini della determinazione del ricavo;

3) l’illegittimità della pretesa relativa all’ILOR. La Commissione Tributaria Provinciale di Catania accoglieva la doglianza del contribuente relativa all’erroneità della percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio per la determinazione del ricavo e annullava l’atto impositivo, argomentando che l’errore sulla determinazione di detta percentuale (che, secondo la Commissione Tributaria Provinciale, sarebbe stata del 27%, come dedotto dal contribuente, e non del 35%, come ritenuto dall’Ufficio) era tale da travolgere l’intero avviso di accertamento.

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, adita con l’appello dell’Ufficio, ha riformato la sentenza di primo grado rilevando che:

a) il primo giudice, avendo ritenuto esatta la percentuale di ricarico del 27% sul costo del venduto, non avrebbe dovuto limitarsi ad annullare l’avviso di accertamento, ma avrebbe dovuto rideterminare il ricavo ascrivibile al contribuente applicando tale percentuale e, quindi, riliquidare consequenzialmente l’imposta sul reddito.

b) Le altre doglianze proposte dal contribuente in relazione all’impugnato avviso di accertamento non potevano essere esaminate in secondo grado, perchè il contribuente, avendo risposto all’appello dell’Ufficio con controdeduzioni e non con appello incidentale, avrebbe “accettato tutto quanto risulta dalla sentenza appellata”.

La Commissione Tributaria Regionale ha quindi in definitiva riformato la sentenza di prime cure, confermando l’accertamento nell’importo risultante dall’applicazione della percentuale di ricarico accertata dalla Commissione Tributaria Provinciale.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il G., sulla scorta di tre motivi:

1) Violazione dell’art. 100 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54 e 56 (art. 360 c.p.c., n. 3), per aver erroneamente ritenuto rinunciate, per omessa presentazione di appello incidentale, le questioni non esaminate dalla Commissione Tributaria Provinciale e riproposte dal contribuente nelle controdeduzioni in appello.

2) Omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5) rappresentato dall’applicabilità nella specie dell’accertamento induttivo.

3) Violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39 (art. 360 c.p.c., n. 3).

Il primo mezzo di ricorso è manifestamente fondato e assorbe gli altri motivi.

La sentenza di prime cure, accogliendo la doglianza del contribuente in ordine alla percentuale di ricarico applicata dall’Ufficio ai fini della determinazione del ricavo, ha interamente annullato l’avviso di accertamento impugnato, omettendo di esaminare, in quanto assorbite, le altre doglianze proposte nel ricorso introduttivo in ordine alla legittimità dell’avviso di accertamento ed alla fondatezza della pretesa tributaria ivi contenuta. Il contribuente, resistendo all’appello dell’Ufficio, ha riproposto nelle controdeduzioni le doglianze non esaminate in primo grado. La Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto irrilevante tale riproposizione, assumendo che la mancata proposizione dell’appello incidentale da parte del contribuente avrebbe determinato la rinuncia a tali doglianze.

L’argomento della Commissione Tributaria Regionale è errato, perchè il contribuente, in quanto interamente vittorioso in primo grado, non aveva interesse (nè sarebbe stato legittimato), a proporre appello incidentale, ma, per evitare che le doglianze non esaminate in primo grado venissero considerate rinunciate D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 56, aveva soltanto l’onere di riproporle. Vedi Cass. 14196/2000:

“il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56, occupandosi delle deduzioni dell’appellato e dell’appellante incidentale, non pone deroghe al canone generale in base al quale anche l’impugnazione in generale postula una situazione di soccombenza, di modo che tale impugnazione incidentale non deve (e non può) essere avanzata dalla parte integralmente vittoriosa, quando intenda riproporre questioni assorbite dal giudice “a quo”, all’uopo richiedendosi solo la chiara manifestazione della volontà di reinserire le questioni medesime nel dibattito processuale riaperto dall’impugnazione dell’avversario”.

Conformi, 1161/03, 14086/10, 24021/10.

La Commissione Tributaria Regionale avrebbe dovunque dovuto esaminare le doglianze riproposte dal contribuente in grado di appello.

In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio con la declaratoria di manifesta fondatezza del primo motivo di ricorso, con assorbimento degli altri, e rinvio alla Commissione Tributaria Regionale per l’esame delle questioni non esaminate in primo grado e riproposte dal contribuente in grado di appello”;

che la relazione è stata comunicata al P.M. e notificata alle parti;

che la resistente Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni esposte nella relazione;

che solo il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis, comma 2;

che pertanto il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio delle parti alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in altra composizione, che esaminerà quelle doglianze avverso l’atto impositivo che – ritenute assorbite dalla Commissione Tributaria Provinciale – sono state riproposte dal contribuente in secondo grado.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in altra composizione, che provvederà anche alla regolazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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