Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23504 del 26/08/2021

Cassazione civile sez. I, 26/08/2021, (ud. 08/06/2021, dep. 26/08/2021), n.23504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 19722/2016 proposto da:

Le Ginestre s.r.l., nella persona del legale rappresentate pro

tempore, rappresentata e difesa, in virtù di mandato speciale a

margine del ricorso per cassazione, dall’Avv. Bruno Grillo Brancati,

elettivamente domiciliata in Roma, alla via Pierluigi da Palestrina,

n. 63, presso lo studio dell’Avv. Mario Contaldi.

– ricorrente –

e

T.L., e T.F., rappresentati e difesi dall’avv.

Stefania Contaldi, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio

in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 63, come da procura alle

liti rilasciata con atto a rogito del Notaio Dott. D.A.,

Rep. n. (OMISSIS).

– ricorrenti –

contro

Società per la Gestione di attività – S.g.a. s.p.a., nella persona

legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.

Edoardo Sabbatino, e con lui elettivamente domiciliata in Roma, alla

via Arenula, n. 21, presso lo studio dell’Avv. Leopoldo Di Bonito,

giusta procura su foglio separato, costituente parte integrante del

controricorso.

– controricorrente –

e nei confronti di:

Intesa San Paolo s.p.a., (società incorporante San Paolo IMi s.p.a.,

costituita nel precedente grado di giudizio, con atto di fusione per

notaio M. di Torino, del (OMISSIS)), nella persona del legale

rappresentante pro tempore.

– intimata –

e

B.E., quale erede universale di T.A..

– intimata –

avverso la sentenza n. 3312/2015 della Corte di appello di NAPOLI,

pubblicata il 22 luglio 2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’8/06/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli, Sezione stralcio, con sentenza n. 2165/03 del 19 novembre 2003, riunendo il giudizio di accertamento promosso da T.F., in proprio e quale amministratore della società T. s.p.a. e da T.A. e T.L., e quello di opposizione a decreto ingiuntivo promosso dalla società T. s.p.a., aventi ad oggetto il contratto di conto corrente n. (OMISSIS), acceso il (OMISSIS), presso la filiale di (OMISSIS), aveva confermato il Decreto Ingiuntivo n. 4729 del 1995, emesso su istanza del Banco di Napoli s.p.a. il 24 luglio 1995, con il quale era stato ingiunto il pagamento della somma di vecchie Lire 1.630.462.495, oltre interessi legali al tasso del 18% dal 6 febbraio 1995, quale saldo contabile del predetto conto corrente, condannando la società T. s.p.a., nonché T.F., T.L. e T.A. al pagamento delle spese di giudizio.

2. Con sentenza del 22 luglio 2015, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha revocato il decreto ingiuntivo n. 4729/1995 emesso dal Presidente del Tribunale di Napoli il 24 luglio 1995 e ha condannato la società T. s.p.a., in solido con T.F. e T.L., quest’ultimo anche nella qualità di erede di T.A., al pagamento, in favore della S.G.A. s.p.a., della somma di Euro 580.623,92, oltre interessi legali dalla domanda al saldo.

3. La sentenza della Corte di Appello di Napoli è stata impugnata dalla società Le Ginestre s.r.l. (già T. s.p.a.) e da T.F. e T.L. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito la Società per la Gestione di Attività – S.g.a. s.p.a. con controricorso.

4. All’udienza del 13 dicembre 2019, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo per consentire alle parti ricorrenti di conferire procura speciale alle liti a nuovo difensore, essendo deceduti l’avvocato difensore e quello domiciliatario.

5. T.L. e T.F. hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con la quale si sono costituiti con un nuovo difensore.

6. La Società per la Gestione di attività – S.g.a. s.p.a. ha depositato note.

7. La Procura Generale ha depositato conclusioni scritte per l’accoglimento dei primi due motivi di ricorso e l’inammissibilità del terzo.

8. Il ricorso è stato esaminato in Camera di consiglio senza l’intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, secondo la disciplina dettata dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis, inserito dalla Legge di Conversione 18 dicembre 2020, n. 176.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento al punto della sentenza (pag. 15) nel quale la Corte aveva statuito la condanna della società correntista in solido con i fideiussori al pagamento dell’importo di cui al decreto ingiuntivo, sebbene non fosse stata mai formulata, nei giudizi riuniti, alcuna domanda di pagamento nei confronti dei fideiussori.

1.1 Il motivo dedotto, in relazione al vizio di ultrapetizione denunciato in questa sede, è fondato nei sensi di cui in motivazione.

1.2 Già dalla lettura della sentenza impugnata, alle pagine 4 e 5, emerge che:

nel giudizio di accertamento introdotto con atto di citazione notificato in data 1 dicembre 1993, T.F., in proprio e nella qualità di amministratore unico della T. s.p.a., T.A. e T.L. avevano chiesto la condanna della Banca al pagamento delle somme eventualmente risultanti a credito, oltre interessi legali e dichiararsi nulle e inefficaci o annullare le fideiussioni, mentre la Banca convenuta aveva domandato soltanto il rigetto della domanda degli attori;

nel procedimento monitorio, promosso su istanza del Banco di Napoli s.p.a., il pagamento della somma di vecchie Lire 1.630.462.495, oltre accessori, era stato ingiunto alla T. s.p.a.;

nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo introdotto con atto di citazione notificato il 20 ottobre 1995, la T. s.p.a. aveva chiesto dichiararsi la nullità del decreto ingiuntivo opposto, ribadendo le medesime eccezioni, deduzioni e domande già formulate con l’atto di citazione dell’1 dicembre 1993, mentre il Banco di Napoli s.p.a. aveva eccepito l’inammissibilità ed infondatezza dell’opposizione proposta, al più ricorrendo i presupposti per disporre la riunione dei giudizi, non spiegando, quindi, alcuna domanda riconvenzionale di condanna dei fideiussori.

1.3 Ciò posto, sussiste il vizio dedotto, avendo la Corte d’appello condannato la società correntista in solido con i fideiussori al pagamento dell’importo di cui al decreto ingiuntivo, pur non essendo stata mai formulata, nei giudizi riuniti, alcuna domanda di pagamento nei confronti dei fideiussori.

Deve, tuttavia, precisarsi che il vizio di ultrapetizione così accertato riguarda la sola condanna al pagamento dell’importo ingiunto e non anche il sottostante accertamento del saldo del conto corrente, accertamento che, per quanto rilevato, era stato richiesto da tutti gli attori nel giudizio di primo grado, ovvero sia dalla società debitrice principale, sia dai fideiussori e che, pertanto, fa stato anche nei confronti di questi ultimi.

In proposito, va rilevato che la Corte di appello, a pag. 15 della sentenza impugnata, ha disposto la condanna della società appellante al pagamento dell’importo di Euro 580.623,92, oltre interessi legali dalla domanda giudiziale al saldo, dando atto che i fideiussori T.F. e T.L., quest’ultimo anche come erede di T.A., pur avendo chiesto nelle conclusioni di appello, di dichiararsi nulle le fideiussioni, non avevano svolto alcun specifico motivo di censura avverso la sentenza di primo grado e che ciò comportava la formazione del giudicato sulla questione della validità delle fideiussioni.

1.4 Giova ricordare, comunque, in relazione al vizio dedotto, che il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del “petitum” e della “causa petendi”, sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (“petitum” o “causa petendi”), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum” immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum” mediato), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cass., 21 marzo 2019, n. 8048; Cass., 11 aprile 2018, n. 9002).

1.5 Ne’ vale opporre a tale principio la disposta riunione delle cause di accertamento e di opposizione al decreto ingiuntivo, poiché in disparte la circostanza che il provvedimento di riunione comunque non muta il thema decidendum, nel caso in esame, come si è detto, in ambedue i giudizi riuniti non è stata formulata alcuna domanda di condanna dei fideiussori.

2. Con il secondo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame della circostanza che il soggetto che si era costituito in appello quale erede universale di T.A. (quest’ultimo fideiussore costituito nel primo grado del giudizio) era B.E. e non T.L., nei cui confronti la Corte d’appello aveva emesso la statuizione di condanna anche per tale titolo.

2.1 Il motivo è fondato.

2.2 La Corte di appello, infatti, a pag. 15 della sentenza impugnata, ha disposto la condanna anche di T.L., quale erede universale di T.A., non tenendo in considerazione che B.E. aveva proposto appello quale erede universale di T.A., deceduto il (OMISSIS), in virtù di testamento pubblico ricevuto in data 3 luglio 2000 dal Not. P.P. e pubblicato per atto dello stesso Notaio in data 8 marzo 2002, Rep. (OMISSIS).

2.3 Sussiste, quindi, il vizio di omesso esame di fatto decisivo, avuto riguardo anche ai limiti dell’estensione del vizio di extrapetizione, come sopra individuato, non comprensivo dell’accertamento del saldo del conto corrente n. (OMISSIS), richiesto da tutti i ricorrenti nel giudizio di primo grado.

3. Con il terzo motivo si lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione o falsa applicazione dell’art. 2967 c.c., in relazione al punto della sentenza (pag. 15) nel quale la Corte di appello non aveva tenuto conto del fatto che nella relazione del consulente tecnico d’ufficio dell’8 giugno 2014, era stata accertata la carenza di prova in ordine alla pattuizione delle spese di tenuta conto addebitate, rinviandosi ad avvisi affissi nella filiale che non erano stati mai depositati.

3.1 Il motivo è inammissibile, poiché si tratta di censura formulata per la prima volta in questa sede.

3.2 Va precisato che si ha questione nuova, come tale preclusa nel giudizio di cassazione, ogni volta che la parte ricorrente ponga, a base della sua censura, la violazione di una norma di diritto non invocata davanti ai giudici di merito e si richiami, per sostenerne l’applicabilità, ad elementi di fatto non dedotti nelle precedenti fasi del giudizio (Cass. 30 marzo 2007, n. 7981; Cass., 27 novembre 1999, n. 13256; Cass., 13 febbraio 1996, n. 1084).

Il ricorrente, inoltre, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, ha l’onere di riportare, a pena d’inammissibilità, in ricorso gli esatti termini della questione posta al giudice di merito, essendo preclusa alle parti la prospettazione di nuovi questioni di diritto o nuovi temi di contestazione che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito (Cass., 12 settembre 2007, n. 19164; Cass., 9 luglio 2013, n. 17041, citata), onere che, nel caso in esame, non è stato assolto.

3.3 Ciò posto, nella decisione impugnata la questione prospettata in relazione alle spese di tenuta del conto corrente di cui si tratta non risulta in alcun modo esaminata, ragion per cui deve ritenersi che essa sia stata proposta per la prima volta in questa sede.

3.4 Senza prescindere dal rilevato profilo di inammissibilità, deve osservarsi che nel ricorso non sono state nemmeno specificate le modalità e i termini con cui le critiche svolte all’elaborato peritale sarebbero state avanzate nel corso del giudizio svoltosi davanti alla Corte di appello e ciò a fronte di quanto affermato dai giudici di merito, a pagina 15 della sentenza impugnata, che l’operato del consulente tecnico d’ufficio non risultava essere stato censurato dalle parti.

Mette conto di ribadire, sotto tale profilo, il principio costantemente affermato da questa Corte, secondo cui in tema di ricorso per cassazione, per infirmare, sotto il profilo della insufficienza argomentativa, la motivazione della sentenza che recepisca le conclusioni di una relazione di consulenza tecnica d’ufficio di cui il giudice dichiari di condividere il merito, è necessario che la parte alleghi di avere rivolto critiche alla consulenza stessa già dinanzi al giudice di merito e ne trascriva, poi, per autosufficienza, almeno i punti salienti onde consentirne la valutazione in termini di decisività e di rilevanza, atteso che, diversamente, una mera disamina dei vari passaggi dell’elaborato peritale, corredata da notazioni critiche, si risolverebbe nella prospettazione di un sindacato di merito inammissibile in sede di legittimità (Cass., 3 agosto 2017, n. 19427; Cass., 3 giugno 2016, n. 11482; Cass., 17 luglio 2014, 16368).

4. In conclusione, vanno accolti il primo motivo nei sensi di cui in motivazione e il secondo motivo di ricorso; va dichiarato inammissibile il terzo motivo; la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo, nei sensi di cui in motivazione e il secondo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il terzo; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 3, stante l’impedimento dell’estensore a causa della emergenza epidemiologica da COVID-19, sottoscrive il solo Presidente.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA