Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23501 del 26/08/2021

Cassazione civile sez. I, 26/08/2021, (ud. 27/05/2021, dep. 26/08/2021), n.23501

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 13341/2016 proposto da:

Comune di Palermo, nella persona del Sindaco pro tempore,

rappresentato e difeso dall’Avv. Benedetto Raimondo, giusta procura

speciale alle liti conferita in calce al ricorso per cassazione.

– ricorrente –

contro

T.M.P., T.R., T.E., e

T.A., rappresentati e difesi, giusta procura a margine del

controricorso, dall’Avv. Antonino Paleologo, elettivamente

domiciliati in Roma, via Trionfale, n. 21, presso lo studio

dell’Avv. Federica Casagni.

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di appello di PALERMO n. 8/2016,

depositata il 13 gennaio 2016, non notificata;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/05/2021 dal Consigliere Dott. Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Palermo, in accoglimento dell’appello proposto da T.M.P., T.A., T.E. e T.R. ed in riforma della sentenza del Tribunale di Palermo n. 3844/09 del 17 agosto 2009, ha annullato l’accordo intercorso tra le parti in ordine alla misura dell’indennità di espropriazione, relativa all’appezzamento di terreno sito a (OMISSIS), esteso mq. 10069, contrassegnato al NCT dalla particella (OMISSIS) del foglio (OMISSIS) e ha condannato il Comune di Palermo al pagamento delle spese processuali del primo e del secondo grado di giudizio.

2. I giudici di secondo grado hanno affermato che sussistevano, nel caso in esame, le condizioni per ritenere l’accordo intercorso tra le parti sulla quantificazione dell’indennità di espropriazione viziato da errore e, perciò, annullabile ai sensi degli artt. 1427 c.c. e segg.; che l’errore sulla classificazione urbanistica dei terreni oggetto di procedura ablativa doveva ricondursi allo schema delle qualità dei terreni stessi e avente natura essenziale nel procedimento volitivo che aveva indotto gli appellanti ad accettare l’indennità offerta dal Comune, avuto riguardo a quanto certificato dalla nota del Settore Urbanistica prot. 57952 del 23 febbraio 2006, allegata in copia alla dichiarazione di accettazione informazione ricevuta circa la classificazione urbanistica dei terreni, con in più la specificazione che l’indennità non doveva essere assoggettata alla ritenuta del 20% perché il terreno non ricadeva in zona omogenea F; che il Comune aveva deciso di trattare la questione con la dovuta attenzione al momento del pagamento, giungendo alla conclusione che il contenuto della nota n. 93/07 inviata ai T. era erronea; che non erano condivisibili le considerazioni svolte dal Tribunale sulla “dubbiezza della lite” e appariva giusto liquidare le spese di entrambi gradi di giudizio in favore della parte vittoriosa.

3. Il Comune di Palermo ha impugnato la sentenza della Corte d’appello di Palermo con ricorso per cassazione affidato a due motivi.

4. T.M.P., T.R., T.E. e T.A. hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. In via preliminare deve essere respinta l’eccezione di nullità della procura rilasciata dal Comune di Palermo al proprio difensore in quanto sottoscritta dal vicesindaco.

Deve essere, infatti, confermato l’indirizzo di questa Corte secondo il quale “In tema di rappresentanza processuale del Comune, la causa d’impedimento del sindaco a firmare direttamente la procura alle liti si presume esistente, in virtù della presunzione di legittimità degli atti amministrativi, restando a carico dell’interessato l’onere di dedurre e di provare l’insussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi; pertanto, è valida la procura conferita dal vice-sindaco, sebbene in essa sia stata omessa l’indicazione delle ragioni di assenza o impedimento del sindaco” (Cass., 10 giugno 2016, n. 11962; Cass., 18 novembre 2010, n. 23261).

2. Con il primo motivo il Comune ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 22 e dell’art. 37, anche in combinato disposto, del D.P.R. n. 327 del 2001, in tema di offerta dell’indennità determinata in via d’urgenza e sua condivisione da parte degli espropriati; degli artt. 1427,1428,1429 e 1431 c.c., in materia di annullamento del contratto per vizi del consenso (nella specie conseguente ad un errore); dell’art. 1363 c.c., in tema di interpretazione del contratto. Si duole il Comune ricorrente che la Corte di appello non abbia considerato che l’accordo sull’indennità aveva natura negoziale pubblica, dove ogni considerazione di natura esclusivamente fiscale era estranea all’accordo stesso e che l’errore non era essenziale, anche alla luce del fatto che gli stessi avevano conseguito il pagamento dell’intero importo senza la decurtazione del 40% prescritta del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37.

3. Con il secondo motivo il Comune ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c..

3.1 L’esame delle censure porta all’accoglimento del primo motivo, con l’assorbimento del secondo.

3.2 Giova precisare, innanzi tutto, che la presente controversia è regolamentata dal D.P.R. n. 327 del 2001, ovvero il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, che ha coordinato e razionalizzato i principi in materia espropriativa e che ha previsto al D.P.R. n. 327 del 2001, art. 22, rubricato “Determinazione urgente dell’indennità provvisoria”, che “Qualora l’avvio dei lavori rivesta carattere di urgenza, tale da non consentire l’applicazione delle disposizioni dell’art. 20, il decreto di esproprio può essere emanato ed eseguito in base alla determinazione urgente della indennità di espropriazione, senza particolari indagini o formalità; nel decreto si dà atto della determinazione urgente dell’indennità e si invita il proprietario, nei trenta giorni successivi alla immissione in possesso, a comunicare se la condivide”.

L’espropriato, se non condivide la determinazione della misura della indennità di espropriazione, entro il termine previsto dal comma 1, può chiedere la nomina dei tecnici, ai sensi dell’art. 21 e, se non condivide la relazione finale, può proporre l’opposizione alla stima.

L’autorità espropriativa, per converso, ricevuta dall’espropriato la comunicazione di cui al comma 1 e la documentazione comprovante la piena e libera disponibilità del bene, dispone il pagamento dell’indennità di espropriazione nel termine di sessanta giorni; mentre, in assenza della istanza del proprietario, chiede la determinazione dell’indennità alla commissione provinciale prevista dall’art. 41, che provvede entro il termine di trenta giorni, e dà comunicazione della medesima determinazione al proprietario, con avviso notificato con le forme degli atti processuali civili.

Infine, a norma dell’art. 26, comma 5, del D.P.R. citato, “Qualora manchino diritti dei terzi sul bene, il proprietario può in qualunque momento percepire la somma depositata, con riserva di chiedere in sede giurisdizionale l’importo effettivamente spettante”.

3.3 Nel caso in esame, il decreto di esproprio è stato emesso, ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 22, con D.D. 20 marzo 2007, n. 93, notificata agli espropriati il 26 marzo 2007, e l’indennità è stata determinata in complessivi Euro 625.904,28 e, in caso di condivisione in Euro 1.043173,80, ovvero Euro 260.793,45 per ciascuno dei comproprietari, odierni ricorrenti, che, con nota del 12 giugno 2007, dichiaravano di accettare l’indennità offerta con provvedimento n. 93 del 20 marzo 2007.

Con successiva D.D. 4 luglio 2007, n. 197, l’indennità veniva liquidata, applicando la ritenuta del 20%, prevista dall’art. 35 T.U. Espropriazioni (di analogo tenore rispetto della L. n. 414 del 1991, precedente art. 11) sull’importo dell’indennità di espropriazione calcolata per le aree ricadenti in zona destinata a parcheggio, ritenute dall’Ufficio non assimilabili alle zone ricadenti in zona “F”.

3.4 Ciò posto, deve osservarsi che questa Corte ha più volte precisato che l’inserimento di atti negoziali (un accordo, o una convenzione, o un concordato) nell’ambito di un procedimento autoritativo, da considerare veri e propri contratti, ancorché ad oggetto pubblico siccome contrassegnati dall’intervento dell’Amministrazione quale titolare di poteri pubblicistici, non solo viene tradizionalmente ammesso nell’ambito del procedimento ablativo, ma è stato espressamente previsto dalle stesse norme dettate sin dalla L. n. 2359 del 1865, il cui art. 26, consente all’espropriante e all’espropriato di accordarsi amichevolmente sull’ammontare dell’indennità (Cass., 9 ottobre 2019, n. 25386).

La natura negoziale deriva dall’inserimento dell’accettazione nel procedimento ablatorio, essendo le relative pattuizioni integrative del procedimento stesso e condizionate alla sua conclusione ovvero alla stipulazione della cessione volontaria o all’emanazione del decreto di esproprio.

Ancora la natura pubblica assume rilievo perché l’accordo è inserito nella procedura espropriativa ed è successivo all’offerta di un’indennità provvisoria, determinata alla stregua dei criteri inderogabili di liquidazione previsti dal legislatore, cosicché l’ammontare del corrispettivo deve essere correlato in modo vincolante a tali parametri, non essendo consentito alle parti discostarsene (Cass., 11 giugno 2018, n. 15159).

3.5 Peraltro, questa Corte ha ritenuto inconferente, ai fini dell’accertamento della natura di un suolo, per la determinazione dell’indennità di esproprio, il richiamo alla L. n. 413 del 1991, art. 11 (ora art. 35 T.U. espropriazioni) – che reca esclusivamente la disciplina della tassazione, delle plusvalenze conseguenti alla percezione, da parte di soggetti che non esercitano imprese commerciali, di indennità di esproprio o di somme percepite a seguito di cessioni volontaria nel corso di procedimenti espropriativi – perché la disposizione concerne esclusivamente la disciplina fiscale alla quale sono assoggettate le somme percepite all’esito del procedimento espropriativo, in relazione alla quale il legislatore ha ritenuto di stabilire quale criterio dell’imposizione quello dell’inserimento di un immobile in una delle zone omogenee menzionate (zone di tipo A, B, C, D), mentre la regola indennitaria è stata successivamente, autonomamente ed espressamente stabilita da un’altra norma, la L. n. 359 del 1992, art. 5 bis; né assume rilevanza, in sede di determinazione indennitaria, esaminare l’incidenza della L. n. 413 del 1991, art. 11, sui profili tributari, in ordine all’esistenza o meno di plusvalenze, tenendo peraltro conto che la norma consente al contribuente di optare, in sede di dichiarazione dei redditi, per la tassazione ordinaria, in base alla quale l’ammontare dell’imposta dovuta è determinato in base alla sola plusvalenza (Cass., 23 settembre 2005, n. 18680).

3.6 E’ utile precisare che questa Corte, nella vigenza della normativa precedente, aveva affermato che:

– l’accettazione dell’indennità costituisce una dichiarazione negoziale, il cui incontro con l’offerta formulata dall’espropriante dà luogo ad un accordo, qualificabile come negozio di diritto pubblico, che s’inserisce nel procedimento ablatorio come atto integrativo del procedimento stesso (Cass., 20 marzo 2009, n. 6867; Cass., 27 novembre 2003, n. 18110);

– l’interpretazione di tale accordo, al pari di quella degli altri atti negoziali, è sottoposta alle comuni regole di ermeneutica contrattuale, e, mirando all’accertamento della volontà delle parti, si configura come un’indagine di fatto, riservata al giudice di merito, il cui risultato è pertanto censurabile in sede di legittimità esclusivamente per violazione delle predette regole ovvero per incongruenza o illogicità della motivazione (Cass., 27 dicembre 1999, n. 14587);

– in quanto parte di uno schema negoziale precostituito, che s’innesta a sua volta su una sequenza procedimentale rigidamente disciplinata dalla legge in funzione della realizzazione di finalità pubblicistiche, l’accettazione dell’indennità non tollera l’apposizione di termini o condizioni, intrinsecamente incompatibili non solo con la portata vincolante che l’accordo riveste nei rapporti tra l’espropriante e l’espropriato, sia pure condizionatamente all’emissione del decreto di espropriazione, ma anche con la sollecita conclusione del procedimento ablatorio, che rappresenta l’obiettivo essenziale della determinazione consensuale dell’indennità (Cass., 3 maggio 2017, n. 10715);

– in tema di determinazione consensuale dell’indennità di espropriazione, all’espropriato è accordata una facoltà di scelta tra l’accettazione dell’indennità offerta e la contestazione giudiziaria della stessa, ma non gli è consentito d’invocare il pagamento dell’acconto e di rifiutare o contestare l’indennizzo offerto dall’espropriante, risultando tale facoltà incompatibile con la scelta compiuta, la quale, presupponendo necessariamente l’accettazione dell’importo offerto dall’espropriante, comporta l’automatica definizione del subprocedimento avviato con la notificazione dell’offerta e preclude, pertanto, la formulazione di eventuali contestazioni o di espressa riserva di agire successivamente per la determinazione dell’indennità, (Cass., 26 ottobre 2018, n. 27303; Cass., 14 giugno 2019, n. 16022).

3.7 Da tale principi conseguiva che l’espropriato aveva una facoltà di scelta tra l’accettazione delle indennità offerte, che gli consentiva anche di ottenere immediatamente l’acconto previsto dalla L. n. 94 del 1982, art. 5 e di evitarne il deposito presso la Cassa depositi e prestiti, e la contestazione giudiziaria delle stesse (Cass., 29 luglio 2005, n. 15950; Cass., 27 settembre 2002, n. 14009) e che il pagamento dell’acconto poteva essere invocato soltanto se le indennità fossero divenute incontestabili per l’intervenuto accordo tra le parti in ordine al loro ammontare e ciò conformemente all’intento acceleratorio perseguito dal legislatore rispetto alla determinazione definitiva dell’indennità (cfr. Cass., Sez. Un., 25/11/2009, n. 24761; Cass., Sez. I, 28/08/2001, n. 11292; 7/02/1995, n. 1402);

3.8 In definitiva, l’espropriando poteva effettuare una scelta rimessa alla sua discrezionalità, in base a un soggettivo calcolo di convenienza e previa valutazione dei rischi e dei vantaggi collegati a ciascuna opzione, ma non gli era consentito d’invocare il pagamento dell’acconto e, nel contempo, rifiutare o contestare l’indennizzo offerto dall’espropriante, pur se non corrispondente a quello dovuto per legge oppure determinato in violazione di disposizioni che disciplinavano il procedimento ablatorio.

3.9 Per converso, nella normativa vigente, mentre da un lato rileva l’espressa previsione dell’irrevocabilità dell’accettazione contenuta nel D.P.R. n. 327 del 2001, art. 20, comma 5 (“5. Nei trenta giorni successivi alla notificazione, il proprietario può comunicare all’autorità espropriante che condivide la determinazione della indennità di espropriazione. La relativa dichiarazione è irrevocabile”); dall’altro l’art. 26, comma 5, configura la facoltà (“il proprietario può”) dell’espropriando di percepire la somma depositata (non accettata), con riserva di chiedere l’importo effettivamente spettante in sede giurisdizionale.

3.10 In applicazione dei principi normativi e giurisprudenziali richiamati, consegue che gli espropriati, se non condividono la determinazione della misura della indennità di espropriazione, possono chiedere la nomina dei tecnici, ai sensi dell’art. 21 e, se non condividono la relazione finale, possono proporre l’opposizione alla stima, senza necessità di dovere attendere la determinazione definitiva della stessa (Cass., 6 marzo 2017, n. 5518); mentre, nell’ipotesi di accettazione del pagamento dell’indennità, essi devono formulare espressa riserva di agire in sede giurisdizionale, evenienze entrambe che, nel caso in esame, non si sono verificate.

Di contro, tenuto conto delle vicende del procedimento ablativo, il consolidamento dell’accordo in forza del decreto di esproprio emesso e dell’accettazione dell’indennità senza riserva (a cui ha fatto seguito l’incameramento delle somme liquidate dall’Ente territoriale) ha cristallizzato la manifestazione di volontà degli espropriati, con conseguente preclusione della facoltà di chiedere la determinazione giudiziale delle indennità e, comunque, di indennità diverse da quelle concordate, a nulla rilevando la postilla inserita nelle note del 12 giugno 2006, incidente, per quanto già detto, su profili di tassazione, che non rientrano nella disponibilità delle parti, essendo i presupposti impositivi stabiliti per legge.

E quant’anche si volesse ricondurre tale profilo alla determinazione dell’indennità di espropriazione riguardante i terreni espropriati e, quindi, all’individuazione del valore venale degli stessi, in ragione della loro natura edificabile o meno, già si è detto che i rimedi dovevano essere ricondotti all’interno del procedimento ablatorio, essendo le relative pattuizioni integrative del procedimento stesso.

3.11 Mette conto rilevare che la domanda formulata in primo grado dagli espropriati è stata quella di “annullare l’accordo intercorso tra gli attori ed il Comune di Palermo in ordine alla misura dell’indennità di espropriazione urgente relativa agli immobili oggetto del presente giudizio ed esattamente indicati in narrativa” (pag. 5 della sentenza impugnata), né risultano altre domande dirette alla determinazione dell’indennità di espropriazione.

3.12 Poiché la Corte territoriale non si è attenuta ai suesposti principi, il ricorso merita accoglimento.

4. In conclusione, va accolto il primo motivo, assorbito il secondo; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 maggio 2021.

Depositato in Cancelleria il 26 agosto 2021

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