Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23497 del 18/11/2016


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Cassazione civile sez. trib., 18/11/2016, (ud. 15/09/2016, dep. 18/11/2016), n.23497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26460/2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

M.E.P.;

– intimato –

avverso la decisione n. 1328/2010 della COMM. TRIBUTARIA CENTRALE di

BARI, depositata il 30/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/09/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con avviso di accertamento del 1985, l’allora Ufficio Imposte di Lecce ha rettificato ai fini Irpef il reddito dichiarato dai coniugi M. e P. quali coltivatori diretti, per l’anno di imposta 1979.

L’Ufficio ha disatteso la dichiarazione dei redditi, in ragione di un accertamento sintetico basato sull’ammontare delle spese effettuate e dei risparmi realizzati.

I contribuenti hanno impugnato l’avviso di accertamento, con ricorso dapprima rigettato dalla Commissione provinciale poi accolto da quella regionale e dalla Commissione Tributaria Centrale.

Quest’ultima ha tra l’altro ritenuto che, nei confronti dell’imprenditore agricolo, il reddito tassabile è quello figurativo, risultante dalle risultanze catastali e non quello effettivamente, ricavato dall’attività, con la conseguenza che all’Ufficio è precluso procedere ad accertamento sintetico ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia, con un solo motivo di censura, mentre non si sono costituiti i contribuenti.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, nonchè dell’art. 2697 c.c..

La Commissione Tributaria Centrale ha deciso sulla base dell’affermazione che la tassazione dei redditi dell’attività agricola avviene esclusivamente sulla base del reddito catastale, a prescindere dal reddito effettivamente prodotto. E che è onere del Fisco dimostrare l’esistenza di altre attività, oltre a quella agricola, da cui siano derivati redditi non dichiarati.

Secondo l’Agenzia ricorrente, invece, è il contrario. Il Fisco può procedere ad accertamento sintetico ai sensi dell’art. 38 cit., ricostruendo un reddito diverso da quello dichiarato, ed è invece onere del coltivatore dimostrare che il reddito maggiore deriva pur sempre dallo sfruttamento del terreno e non già da fonti di guadagno diverse.

Il motivo è fondato.

E giurisprudenza di questa Corte, da cui non v’è motivo di discostarsi. che ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 38 e del D.M. 21 luglio 1983, l’Amministrazione delle finanze può legittimamente procedere con metodo sintetico alla rettifica della dichiarazione dei redditi di un coltivatore diretto, comprensiva soltanto del reddito agrario e dominicale – determinati in base agli estimi catastali – del fondo da lui condotto, quando da elementi estranei alla configurazione reddituale prospettata dal contribuente (consistenti negli indici di spesa più vari), si possa fondatamente presumere che ulteriori redditi concorrano a formare l’imponibile complessivo, incombendo, in tal caso, al contribuente, a norma dell’art. 38 cit., comma 6, l’onere di dedurre e provare che i redditi effettivi frutto della sua attività agricola sono sufficienti a giustificare il suo tenore di vita, ovvero che egli possiede altre fonti di reddito non tassabili o separatamente tassate (sez. 5 n. 19557 del 2014: Sez. 5 n. 10747 del 2014).

Ciò in quanto la citata disposizione speciale si configura non già come l’unica regola alla cui stregua censire la redditualità generale del soggetto che invece ne fruisce nella più circoscritta area di determinazione dei soli redditi, appunto agrari e dominicali, per i quali le risultanze catastali debbono operare come parametri. In tutte le altre ipotesi in cui un qualunque indice di spesa, come pacificamente riscontrato nella fattispecie di causa avendo riguardo all’acquisto di un immobile, rinvii ad una capacità patrimoniale non coordinabile con il reddito denunciato, trova applicazione il citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 3: opera cioè la presunzione ivi statuita innanzitutto in relazione all’ammontare del reddito induttivamente ricavato, ben potendosi affermare che, a fronte di una divergenza in diminuzione del reddito dichiarato rispetto a quello necessario per fronteggiare la spesa o l’incremento patrimoniale, si riversa sul contribuente l’onere di provare “che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile” (Sez. 5 n. 19568 del 2014).

Il ricorso va pertanto accolto e le spese relative al giudizio di legittimità, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Condanna i contribuenti in solido al pagamento delle spese di giudizio di legittimità, che liquida in complessive 3500,00 Euro, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 18 novembre 2016

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