Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23497 del 10/11/2011

Cassazione civile sez. I, 10/11/2011, (ud. 14/10/2011, dep. 10/11/2011), n.23497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.D. (c.f. (OMISSIS)), P.B. (C.F.

(OMISSIS)), T.C. (C.F. (OMISSIS)),

A.F. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11, presso l’avvocato

FONTANELLI ALDO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MICCOLI MICHELE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMITATO REGIONALE CALABRIA DELLA F.I.G.C.-L.N.D. (P.I.

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA I. GOIRAN 23, presso

l’avvocato ISABELLA CARLO, che lo rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 830/2005 del GIUDICE DI PACE di CATANZARO,

depositata il 10/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte osservato e ritenuto:

con sentenza del 3-10.05.2005, il Giudice di pace di Catanzaro respingeva l’opposizione proposta da M.D., B. P., T.C. e A.F. contro il decreto ingiuntivo emesso dal medesimo giudice in data 28.1.2004, con il quale era stato ingiunto agli opponenti di pagare al Comitato Regionale Calabria F.I.G.C. L.N.D. la somma di Euro 295,15 oltre interessi, il Giudice di Pace riteneva:

a. che fosse infondata l’eccezione di incompetenza territoriale;

b. che fosse, altresì, infondata l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dell’opposto, in quanto dalla documentazione allegata al fascicolo di parte ingiungente emergeva che il consiglio direttivo aveva autorizzato l’avvio delle azioni giudiziarie per il recupero dei crediti e, pertanto, al Prof. Co., che rivestiva la carica di Presidente, competeva, ai sensi dell’art. 41 c.c., comma 2, la legittimazione processuale a rappresentare il Comitato per le azioni intraprese e, che la responsabilità degli opponenti, nei confronti dei quali era stata avviata, nella loro qualità di soci della A.C. Sbarre, la procedura monitoria per il recupero dei crediti vantati dall’opposta, aveva carattere accessorio ( e non sussidiario) e da ciò discendeva che l’obbligazione solidale posta a loro carico dall’art. 41 citato era configurabile come una sorta di garanzia ex lege, che non consentiva loro di godere del benefico della preventiva escussione del fondo comune;

d. che non apparisse condivisibile neppure l’eccezione della c.d.

“clausola compromissoria”; pur essendo vero che il codice sportivo prevedeva l’obbligo del ricorso all’Organo di disciplina interno per la definizione delle controversie di natura economica tra gli affiliati, nella fattispecie, l’operatività della clausola di cui all’art. 40 del codice di giustizia sportivo, che affidava alla “commissione vertenze economiche” il compito di definire mediante un negozio di accertamento le controversie di natura economica tra le società, non poteva trovare applicazione, non facendo più parte la A.C. Pro Sbarre dell’ordinamento sportivo per avvenuta cessazione dell’attività;

e. che per analoghe considerazioni, non apparisse applicabile, quanto alla eccepita prescrizione, il termine breve previsto dall’art. 13 delle norme ordinarie interne dalla F.I.G.C, sempre sul presupposto che alla giustizia sportiva, intesa quale giustizia interna, tipica dell’attività sportiva, erano soggetti “solo” coloro che praticavano tale attività e continuavano ad essere associati alla Federazione Italiana Giuoco Calcio;

f. che andava precisato, altresì, che le disposizioni contenute nelle c.d. “carte federali” della Federazione Italiana Gioco Calcio(F.I.G.C) erano a carattere regolamentare, e nel prevedere un articolato sistema interno per la soluzione delle controversie, anche di carattere economico, tra soggetti “inquadrati” nella stessa Federazione, non importavano alcuna deroga alle norme statuali sulla giurisdizione del G.O., configurandosi solo, per gli associati la fattispecie tipica dell’arbitrato irrituale;

g. che in ordine, infine, alla eccepita insussistenza del credito, rivenendo lo stesso da sanzioni pecuniarie comminate dalla giustizia sportiva per fatti non previsti come illeciti dall’ordinamento giuridico, andava osservato che il rapporto obbligatorio tra le parti era insorto in conseguenza dell’avvenuta violazione di un regolamento interno, che in quanto, a suo tempo, accettato dagli opponenti era per essi, e rimaneva, alla stressa stregua di un contratto, pienamente vincolante e, quindi, tutelabile anche in sede giudiziaria.

– avverso questa sentenza il M., il P., la T. e l’ A. hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e notificato il 19.09.2005 al Comitato Regionale Calabria della F.I.G.C. L.N.D., che ha resistito con controricorso notificato il 27.10.2005;

– il ricorso è stato deciso all’udienza pubblica del 14.10.2011, con opzione per la redazione della sentenza in forma semplificata;

– a sostegno del gravame i ricorrenti denunziano:

1. “Violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione e falsa applicazione di legge in relazione all’art. 1341 (clausola compromissoria) art. 41 c.c., comma 2 e punto 5 art. 360 c.p.c. per contraddittoria motivazione della sentenza”.

Sostengono l’esistenza di profili di illogicità, laddove da un canto il titolo del credito azionato in via monitoria è stato rinvenuto nel regolamento interno e dall’altro si è, in ragione della cessazione del rapporto associativo, sia negata efficacia alle clausole del medesimo regolamento, inerenti all’arbitrato irrituale ed alla prescrizione di detto credito, e sia non rilevata la carenza di legittimazione attiva e processuale del prof. Co. in rapporto al disposto del codice sportivo, che richiedeva la preventiva autorizzazione della lega e del consiglio direttivo.

2. “Violazione dell’art. 360 c.p. in relazione all’art. 38 c.c.”, dolendosi del fatto che sia stata a loro addossata la responsabilità solidale senza verificare che avessero agito in nome e per conto dell’associazione.

– i due motivi del ricorso, che consentono esame congiunto, sono inammissibili;

– nel regime anteriore alle modifiche di cui al D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, le sentenze pronunciate dal giudice di pace secondo equità, ai sensi dell’art. 113 c.p.c., comma 2, sono ricorribili in cassazione, quando violano norme inderogabili processuali, costituzionali e comunitarie, ed ove, inoltre, siano in contrasto con i principi informatori della materia oggetto di causa e che qualificano la stessa fisionomia giuridica del rapporto controverso, nonchè per omessa od apparente motivazione della sentenza (da ultimo, cfr cass. n. 9759 del 2011) e nella specie:

con riguardo alla legittimazione processuale del Co., la censura non si rivela pertinente rispetto alla ratio decidendi, secondo cui dalla documentazione prodotta risultava concessa la prevista autorizzazione all’iniziativa giudiziaria;

quanto alle ulteriori dedotte questioni di natura non processuale ma sostanziale, i ricorrenti non denunciano la violazione di norme costituzionali e comunitarie e non prospettano nè il contrasto con i principi informatori della materia oggetto di causa, non altrimenti desumibile, nè l’assenza o l’apparenza della motivazione, peraltro smentite dalle argomentazioni sottese alle avversate conclusioni;

in ogni caso, il ricorso è privo di autosufficienza quanto alle doglianze inerenti alle richiamate clausole negoziali, le quali non sono state trascritte, e relativamente al secondo motivo involge una questione nuova oltre che ricondotta all’art. 38 c.c. in tema di associazioni non riconosciute, quando, invece, il giudice di pace ha affermato la responsabilità solidale dei ricorrenti espressamente richiamando l’art. 41 c.c., comma 1 e, dunque, le diverse regole applicabili ai comitati;

conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna in solido dei soccombenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti a rimborsare al Comitato Regionale Calabria della F.I.G.C. L.N.D., le spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 14 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2011

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