Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23493 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 27/10/2020), n.23493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1215-2019 proposto da:

P.F., non in proprio ma in qualità di associato e legale

rappresentante dell’associazione professionale G. V. STUDIO

DI COMMERCIALISTI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TEODOSIO

MACROBIO 3, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE NICCOLINI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA BARTALENA;

– ricorrente –

contro

CURATELA DEL FALLIMENTO (OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso il decreto del TRIBUNALE di SIENA, depositato il 24/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. il Giudice delegato al fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione ammetteva al passivo della procedura il credito di Euro 88.910 vantato dall’associazione professionale G. V. Studio di Commercialisti, rispetto alle prestazioni professionali svolte nel periodo antecedente all’avvio della procedura concordataria che aveva preceduto il fallimento, in chirografo piuttosto che con il privilegio ex art. 2751 bis c.c., n. 2, richiesto, poichè la documentazione prodotta non era idonea a dimostrare che il credito riguardasse prestazioni svolte personalmente dal solo Dott. B.A.;

2. il Tribunale di Siena, con decreto depositato il 24 novembre 2018, rigettava l’opposizione proposta dall’associazione professionale G. V., perchè dalla documentazione prodotta non emergeva un’evidente preponderanza dell’elemento strettamente personalistico legato al Dott. B.;

peraltro, a dire del Tribunale, le istanze di prova formulate a conforto della tesi di parte opponente risultavano per un verso irrilevanti e sconfessate dalla stessa produzione documentale, per altro verso valutative o formulate in maniera generica;

3. per la cassazione di tale decreto ha proposto ricorso l’associazione professionale G. V. prospettando due motivi di doglianza; l’intimato fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione non ha svolto difese; parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2751 bis c.c., n. 2, dell’art. 2729 c.c., e dell’art. 115 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe statuito trascurando di valorizzare un fatto accertato e non specificamente contestato dalla procedura, costituito dalla riferibilità della maggior parte delle comunicazioni di posta elettronica prodotta al Dott. B., senza spiegare le ragioni di una simile scelta;

queste comunicazioni costituivano – in tesi di parte ricorrente circostanze gravi, precise e concordanti idonee a lasciar presumere che lo svolgimento dell’attività professionale fosse stato svolto da tale professionista in maniera diretta e personale;

5. il motivo è inammissibile;

il Tribunale, preso in esame l’elenco della corrispondenza intercorsa fra la società poi fallita e il Dott. B., ha ritenuto che tali comunicazioni non consentissero di acclarare lo svolgimento delle prestazioni in discorso in via esclusiva o prevalente da parte del Dott. B., dato che non ne era noto il contenuto;

il che significa che nella logica dei giudici di merito l’identità, certa, dei destinatari delle comunicazioni di posta elettronica, in mancanza di alcuna dimostrazione del contenuto dei messaggi, non bastava a dimostrare in via presuntiva il fatto ignoto, costituito dallo “svolgimento della prestazione in via esclusiva o prevalente”;

ora secondo la giurisprudenza di questa Corte, essendo la presunzione semplice affidata alla “prudente” valutazione del decidente ai sensi dell’art. 2729 c.c., spetta al giudice di merito valutare la possibilità di fare ricorso a tale tipo di prova, scegliere i fatti noti da porre a base della presunzione e le regole d’esperienza – tra quelle realmente esistenti nel sapere collettivo della società – tramite le quali dedurre il fatto ignoto, valutare la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge, con un apprezzamento affidato alla sua valutazione discrezionale che rimane sottratto al sindacato di legittimità se congruamente motivato (Cass. 101/2015, Cass. 8023/2009, Cass. 15737/2003, Cass. 11906/2003);

risulta così inammissibile in questa sede di legittimità una censura, come quella in esame, che proponga, fermi i fatti da porre a fondamento del processo logico, una diversa lettura degli elementi già apprezzati dal giudice del merito al fine di valutarne la pregnanza e la concludenza in termini di prova presuntiva, in quanto la valutazione inferenziale del fatto ignoto da quello noto compete al giudice di merito;

6. il secondo motivo lamenta, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell’art. 2751 bis c.c., n. 2, e art. 2729 c.c., dell’artt. 183 c.p.c., comma 7, e art. 244 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe disatteso la prova testimoniale omettendo di motivare in ordine alla pronuncia di inammissibilità;

in particolare il collegio dell’opposizione non avrebbe offerto alcuna motivazione in merito all’irrilevanza dei capitoli di prova sub b) e c) formulati dall’opponente, nè avrebbe spiegato perchè i medesimi erano inidonei ad assolvere quelle esigenze alla cui tutela era posta la regola della specificità;

7. il motivo è manifestamente fondato, in parte, nei termini che si vanno a illustrare;

7.1 il provvedimento di diniego della prova testimoniale ed il correlato accertamento in merito al ricorrere dei relativi requisiti di ammissibilità costituiscono il frutto di un giudizio di fatto rimesso all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, che risulta incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato;

pertanto la mancata ammissione di tale mezzo istruttorio dà luogo a un vizio di difetto di motivazione se le circostanze in ordine alle quali la prova è richiesta avrebbero potuto determinare una diversa decisione e la motivazione con cui la richiesta è stata rigettata presenta vizi logico-giuridici (Cass. 9208/1995);

7.2 rispetto al capitolo sub c) (concernente il fatto che il Dott. B. fosse l’unico professionista dello studio associato iscritto all’ordine del consulenti del lavoro), il Tribunale ha reputato che l’istanza fosse irrilevante e sconfessata dalla stessa produzione documentale, facendo implicito richiamo a quanto osservato poco prima in merito al fatto che nella lettera di incarico fosse contemplata la possibilità che le prestazioni potessero essere svolte anche da soggetti diversi dal B. e riguardassero prestazioni non riservate al professionista iscritto all’albo;

la critica, sul punto, trascura la complessiva ratio decidendi offerta dal giudice di merito e sollecita una rivalutazione dell’apprezzamento della decisività della prova che non compete a questa Corte;

7.3 quanto invece al capitolo sub b) (volto a verificare se l’attività professionale fosse stata interamente eseguita dal Dott. B.A. personalmente, in via diretta ed esclusiva), il Tribunale si è limitato a sostenere che la richiesta di prova era valutativa, e come tale inammissibile, o era stata formulata in maniera generica, senza tuttavia offrire argomenti capaci di rendere conto in alcun modo delle ragioni di una simile valutazione;

questa omissione presta il fianco alla censura in esame, ove si consideri, sotto il versante della specificità, che tale carattere prescritto dall’art. 244 c.p.c., non va inteso in modo rigorosamente formalistico, ma in relazione all’oggetto della prova, cosicchè, qualora questa riguardi un comportamento o un’attività che si frazioni in circostanze molteplici, è sufficiente la precisazione della natura di detto comportamento o di detta attività in modo da permettere alla controparte di contrastarne la prova, attraverso la deduzione e l’accertamento di attività o comportamenti di tenore diverso, spettando peraltro al difensore e al giudice, durante l’esperimento del mezzo istruttorio, una volta che i fatti siano stati indicati nei loro estremi essenziali, l’eventuale individuazione dei dettagli (Cass. 11844/2006, Cass. 5842/2002);

quanto al carattere valutativo della prova va invece ricordato che il principio secondo cui la prova testimoniale deve avere ad oggetto non apprezzamenti o giudizi, ma fatti obiettivi, deve essere inteso nel senso che detta prova non può tradursi in un’interpretazione del tutto soggettiva o indiretta e in apprezzamenti tecnici o giuridici del fatto, senza che ciò comporti, peraltro, che essa non possa esprimere anche il convincimento che del fatto e delle sue modalità sia derivato al teste per sua stessa percezione (Cass. 2270/1998);

rimane poi affidato al giudice che procede all’escussione del teste il compito di impedire inammissibili valutazioni personali (Cass. 2435/1990);

occorreva dunque, affinchè il potere discrezionale affidato al giudice di merito trovasse idoneo fondamento, una motivazione che spiegasse in qualche modo perchè tali canoni di ammissibilità della prova testimoniale dovevano considerarsi violati;

nè era possibile impedire il compimento di valutazioni personali ad opera dei testi indicati impedendo del tutto l’espletamento della prova, ove formulata in termini ammissibili;

8. il provvedimento impugnato andrà dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Siena, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il primo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e rinvia la causa al Tribunale di Siena in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

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