Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 23492 del 27/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 27/10/2020, (ud. 22/09/2020, dep. 27/10/2020), n.23492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 759-2019 proposto da:

N.F.A., elettivamente domiciliato in ROMA, V.LE

REGINA MARGHERITA, 1, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO DE

STEFANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIULIA

SPAGGIARI;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE DELLE

GIOIE, N. 13, presso lo studio dell’avvocato CAROLINA VALENSISE,

rappresentato e difeso dall’avvocato FABRIZIO FERRI;

– controricorrente –

avverso il decreto n. R.G. 15/2018 del TRIBUNALE di PARMA, depositato

il 20/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 22/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO

PAZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. l’Avv. N.F.A., proprietario di un’unità immobiliare acquistata dalla costruttrice (OMISSIS) s.r.l., domandava di insinuarsi al passivo di tale compagine, previo accertamento dell’inefficacia del Reg. condominiale, art. 45, per la somma di Euro 1.772,09 onde ripetere somme a suo giudizio indebitamente pagate a titolo di spese condominiali perchè di spettanza della compagine fallita;

questo credito, in tesi del creditore istante, discendeva dal fatto che l’evento dedotto nella condizione prevista dal Reg. condominiale, art. 45, (secondo cui la società costruttrice non era tenuta a pagare alcuna spesa condominiale per gli appartamenti a lei intestati per i due anni solari successivi al rilascio del certificato di agibilità delle unità immobiliari stesse) era divenuto impossibile per effetto del fallimento della società costruttrice e della mancata disposizione di un esercizio provvisorio;

di conseguenza, stante l’inefficacia della clausola regolamentare, il condomino Avv. N. assumeva di vantare nei confronti del fallimento di (OMISSIS) s.r.l. un credito per indennizzo di danno da arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c., pari alle spese pagate in eccedenza rispetto alla quota parte di sua effettiva pertinenza e da considerarsi invece di spettanza della fallita;

il Giudice delegato non ammetteva il credito al passivo in ragione della tardività dell’insinuazione e, in ogni caso, in quanto il credito vantato dall’istante presupponeva un accertamento di inefficacia di una clausola del regolamento condominiale che doveva essere compiuto in sede di cognizione ordinaria;

2. il Tribunale di Parma, a seguito dell’opposizione proposta dal N.: i) riteneva che l’opponente non avesse offerto alcuna dimostrazione del suo preteso credito; ii) in ogni caso non condivideva l’interpretazione della clausola regolamentare data dall’opponente, poichè il compimento dell’attività ivi prevista ben poteva avvenire per opera dell’acquirente delle unità immobiliari; iii) comunque reputava che l’insinuazione fosse avvenuta tardivamente per colpa del debitore, in quanto la verifica dell’utilità dell’esercizio provvisorio viene eseguita dal Tribunale al momento della dichiarazione di fallimento o immediatamente dopo dal curatore;

3. per la cassazione del decreto di rigetto dell’opposizione, depositato il 20 novembre 2018, ha proposto ricorso l’Avv. N.F.A. prospettando sei motivi di doglianza, ai quali ha resistito con controricorso il fallimento di (OMISSIS) s.r.l.;

parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

4. occorre prendere le mosse, in applicazione del principio della ragione più liquida, dall’esame del secondo motivo di doglianza, per poi passare al vaglio dei successivi;

5.1 il secondo motivo, sotto la rubrica “secondo motivo di impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, – omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti – inefficacia del Reg. Cond., art. 45, e natura dell’obbligazione dedotta in condizione”, assume che “nella sostanza il Tribunale ha totalmente omesso di esaminare e valutare la questione dell’inefficacia del Reg. condominiale, art. 45, e del conseguente credito da indennizzo per arricchimento senza causa vantato dall’Avv. N.”; allo stesso modo il collegio dell’opposizione non si sarebbe pronunciato sulla natura dell’obbligazione dedotta in condizione quale diritto relativo alla sola società costruttrice poi fallita oppure quale obbligazione propter rem;

5.2 il motivo è inammissibile;

l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nel suo attuale testo riguarda un vizio specifico denunciabile per cassazione relativo all’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nozione da intendersi come riferita a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico e non ricomprendente questioni o argomentazioni, dovendosi di conseguenza ritenere inammissibili le censure irritualmente formulate che estendano il paradigma normativo a quest’ultimo profilo (Cass. 21152/2014, Cass. 14802/2017);

non risulta perciò censurabile sotto il profilo dedotto la mancata valutazione delle questioni dedotte all’interno della censura in esame; non si arriverebbe a diverse conclusioni interpretando la doglianza come volta a dedurre un vizio processuale, in mancanza all’interno della censura di un univoco riferimento alla nullità della decisione come necessaria conseguenza del vizio prospettato;

infatti nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia, da parte della decisione impugnata, in ordine a una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Cass., Sez. U., 17931/2013, Cass. 24553/2013);

6.1 il primo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione del provvedimento impugnato laddove il Tribunale ha affermato che il creditore istante non avrebbe assolto l’onere della prova dell’esistenza del credito;

in realtà – sostiene il ricorrente – parte opponente aveva prodotto tutti, i possibili documenti rilevanti per la prova del credito, che trovava fondamento non in ulteriore documentazione, ma in un accertamento giuridico di inefficacia della condizione contenuta nel Reg. condominiale, art. 45, per l’impossibilità sopravvenuta del fatto dedotto in condizione;

la decisione risultava quindi errata e viziata da illogicità nella parte in cui motivava facendo riferimento al mancato assolvimento di un onere probatorio che invece era stato assolto, per quanto possibile;

6.2 il quinto motivo di ricorso, sotto la rubrica “quinto motivo di impugnazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicatone della L. Fall., art. 52, comma 2, e art. 95, comma 6, sul potere e dovere di accertamento del credito in sede di verifica della domanda di ammissione al passivo”, sostiene che il Tribunale abbia violato la disciplina sull’accertamento dei crediti di cui è chiesta l’ammissione al passivo, ritenendo che il giudizio di verifica sia essenzialmente documentale e non possa involgere alcun accertamento;

al contrario l’accertamento del credito, comprensivo dei suoi presupposti, era doveroso ed imponeva al giudicante di non limitarsi al solo esame dei documenti ma di procedere a una vera e propria istruttoria, sia pure sommaria, al fine di verificare la fondatezza della domanda dell’istante;

“il Giudice delegato prima e il Tribunale poi” – conclude il ricorrente – “avrebbero ben e più utilmente potuto esprimersi sulla questione ad essi sottoposta anzichè utilizzare i provvedimenti per non esprimersi sulla questione materiale e giuridica e sulla sostanza della richiesta dell’Avv. N.”;

6.3 i motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono ambedue inammissibili;

il Tribunale, nell’esaminare l’opposizione, ha in effetti ritenuto che l’opponente non avesse regolarmente assolto l’onere della prova che su di lui incombeva, in quanto il N., nell’ambito di un giudizio di verificazione “essenzialmente documentale”, non aveva “offerto alcuna dimostrazione del preteso credito tendendo a ottenere un preliminare provvedimento di riconoscimento della qualifica di creditore”;

il collegio dell’opposizione ha però poi aggiunto – esprimendosi sul merito della questione sollevata – che “in ogni caso” non era condivisibile la lettura data dall’opponente al regolamento condominiale e posta a fondamento della sua richiesta di accertamento;

è stata quindi offerta una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggere nel merito la decisione;

di conseguenza la ritenuta infondatezza delle censure mosse alla seconda delle rationes decidendi, come stabilito al punto precedente, rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative all’altra ragione fatta oggetto di doglianza, in quanto quest’ultima non potrebbe comunque condurre, stante l’intervenuta definitività dell’altra, alla cassazione della decisione stessa (Cass. 2108/2012);

7. risultano del pari inammissibili tanto il terzo motivo di ricorso (che stigmatizza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la mancanza di una motivazione in merito alla rivendicata natura prededucibile del credito vantato dall’opponente, da riconoscersi sia in applicazione della L. n. 220 del 2012, art. 30, sia L. Fall., ex art. 111), quanto il successivo (che lamenta invece, ai mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. Fall., art. 101, sostenendo che il Tribunale abbia ravvisato la tardività dell’opposizione non solo senza considerare che il credito era prededucibile, ma anche interpretando in modo non corretto la motivazione addotta dall’opponente, il quale aveva rappresentato che il credito per indennizzo da arricchimento senza causa si fondava su un accertamento di inefficacia di una clausola del regolamento di condominio che non sarebbe potuto avvenire finchè persisteva una condizione di incertezza sulla condizione di operatività della società fallita);

le argomentazioni spese dal Tribunale per evidenziare la tardività della domanda, presentata a giudizio del collegio di merito oltre il termine previsto dalla L. Fall., art. 101, comma 1, in assenza di un’adeguata motivazione, costituiscono infatti un’ulteriore ratio decidendi, questa volta sotto il versante della tempestività dell’insinuazione;

una volta stabilita l’inammissibilità della censura mossa al punto della decisione che ha rigettato la domanda di accertamento dell’inefficacia della clausola condominiale in discorso, anche le critiche rivolte a quest’ultimo argomento risultano inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse;

8.1 con il sesto motivo di ricorso il ricorrente si duole, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, della violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe erroneamente condannato l’opponente al pagamento delle spese del giudizio di primo grado, pur in presenza di gravi ed eccezionali ragioni, quali dovevano reputarsi quelle sollevate con l’atto introduttivo del giudizio;

8.2 il motivo è inammissibile;

la decisione del giudice di merito in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa;

non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte le spese medesime (Cass. 14576/1999, Cass. 11774/2003);

9. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.500, di cui Euro 100 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2020

 

 

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